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Fa molto male vedere un prodotto prezioso come il latte disperso sulle strade della Sardegna, ma dà il segno di quanto drammatica sia la condizione di questi allevatori costretti a sottostare alle logiche del mercato, che oggi paga il latte a prezzi stracciati e non è interessato alle condizioni in cui versa un territorio e i suoi abitanti. Quello stesso mercato che ha determinato il collasso di un intero sistema agricolo costretto ad una monocultura della pecora che ha trasformato il latte ovino in Pecorino romano per il mercato estero, soprattutto americano e che ha creato nel tempo una catena industriale di produzione in cui i pastori sono l’anello più debole. Hai voglia oggi a dire che il latte sardo è di ottima qualità! Comunque viene trasformato, per circa l’80%, in un prodotto di basso valore aggiunto.

La Sardegna oggi, non diversamente da tante altre terre di conquista del capitalismo industriale del continente, paga amaramente l’aver consentito la mutazione di una ricchezza (il latte ovino) in un prodotto, il Pecorino romano, che rispondesse alla domanda del mercato extra europeo, ma che anche, è entrato nel tritacarne delle dinamiche spietate dei mercati.

Distrutta l’economia agricola sarda povera, ma diversificata, l’isola è diventata nel tempo, terra di scorribande predatorie delle industrie del Nord Italia che hanno avuto libero accesso favorite da una politica regionale miope e autodistruttiva. E che ha svenduto un intero territorio ai migliori offerenti. Quegli stessi “padroni” del Nord che oggi atterrano sull’isola a perorare la causa dei pastori dei quali vogliono annettersi i voti.

Che Salvini venga in Sardegna a sostenere la causa dei pastori, è uno schiaffo in faccia alla brava gente che abita questa regione e a tutti quei ragazzi, giovani e vecchi che si spaccano la schiena in campagna e che con il loro durissimo lavoro hanno pasciuto gli agricoltori del Nord che la Lega ha favorito e protetto, anche a spese del resto del Paese. Sono gli stessi pastori malmenati in quel lontano 2010, quando si permisero di andare a Roma per protestare, sempre sui costi inaccettabili imposti sul latte, e furono fermati a Civitavecchia e riempiti di botte dagli uomini di Maroni, allora ministro degli Interni.

Tutto è iniziato dalla metà degli anni ’80, dalla condanna di svariati deputati leghisti (perché è la Lega la protagonista principale anzi unica di questa vicenda) e dall’accumulo di 5 miliardi circa del conto salatissimo che siamo stati chiamati tutti a restituire. Poiché la nostra memoria funziona ancora benissimo e non è stata sostituita dalla memoria breve dei computer (come qualcuno vorrebbe), ci rimanda l’immagine di montagne di latte e di poche migliaia di agricoltori del Nord che avevano ignorato le regole e di poche decine di politici che dai prati verdi di Pontida gli hanno permesso di farlo.

Tutto ha inizio dalle eccedenze di latte rispetto alla domanda del mercato prodotte nella Comunità Europea già dagli ultimi anni ’70. Nel 1984 si arriva addirittura ad 1 milione di tonnellate di prodotto in più. Il latte invenduto rimane nei magazzini mentre le entrate per gli allevatori diminuiscono. Così si giunge ad un accordo tra gli Stati dell’Unione per autolimitare la propria produzione. Ed è qui che si inserisce l’arte fraudolenta dell’Italia politica di quel tempo. Per decidere quanto un Paese poteva produrre si prende come riferimento la produzione di latte dell’anno precedente (1983) e la si divide per i produttori, assegnando a ognuno una quota. Da allora, chi supera quel limite deve pagare una multa fortemente svantaggiosa, in modo che in tutta Europa la sovrapproduzione venga indebolita. Ma l’Italia, che in quegli anni produceva meno del proprio fabbisogno nazionale, pasticciando sulla raccolta dei dati, o meglio falsificando quei dati, ferma la quota italiana a 9 milioni di ettolitri. Un pasticcio vero , a causa del quale, il governo di allora promette agli allevatori l’impunità se avessero sforato. Al loro posto avrebbe pagato lo Stato. Il governo si fa garante di una truffa. E la Corte dei Conti lo certifica anno dopo anno denunciando il “danno erariale”. E, noi tutti pagavamo…… ininterrottamente dal 1995 al 2009.

Intanto l’Italia agricola continua a protestare, prendendosela con l’avidità agricola della Francia e della Germania, anziché assediare con i propri trattori i vari governi succedutisi dal ’94 in poi, i quali sono i soli colpevoli per aver messo in ginocchio il Paese. E si arriva al momento in cui arriva al Ministero dell’Agricoltura Zaia, il quale impedisce a Equitalia di riscuotere le somme evase e ci fa arrivare la prima condanna dal Tribunale UE. Nel frattempo, dal 1992 al 2003 la quota latte viene rinegoziata varie volte fino a che l’Italia ottiene di poter rateizzare il pagamento delle quote eluse. Ma anche sulle rate vengono chieste continue proroghe. La scusa è che si vogliono aiutare gli allevatori in difficoltà.

Quando i giudici decidono di vederci più chiaro su allevatori in odore di truffa si scopre che gli sforatori di ieri (tutti leghisti della prima ora) sono diventati legislatori e vengono così indagati per aver truffato lo Stato organizzando un sistema di cooperative che sforavano le quote ed eludevano i pagamenti dei contributi. In uno dei dibattimenti viene addirittura fuori come la Credieuronord, la banca della Lega poi fallita, viene utilizzata dagli allevatori del Nord come intermediaria per evitare di pagare i contributi UE e contraffare le carte.

Prima dei diamanti della Tanzania ci furono le quote latte! Oggi la Corte di Giustizia Europea continua a condannarci per il mancato pagamento delle rate (circa 1,2 miliardi) e lo Stato non riesce ancora a far decollare la riscossione da parte degli allevatori (circa 1,554 miliardi).

Si calcola che oggi l’Italia deve rendere a Bruxelles circa 7.800 miliardi. Non solo. Ogni anno di quote sforate, ha corrisposto a 300/400 miliardi di buco che sono ricaduti sui servizi in meno per noi cittadini. Come la Lega, quella degli allevatori imbroglioni (condannati) e dei politici protettori (impuniti), possa ora rivendicare di capeggiare una battaglia contro una condizione che loro stessi hanno ignobilmente determinato favorendo il Nord agricolo a scapito del resto dell’Italia contadina, è un fatto che può accadere solo dove la memoria dei computer ha sostituito ogni capacità cognitiva. I pastori sardi chiedono di essere protetti e non di fare da cornice alle incursioni elettorali di un Salvini sbianchettato! Se il popolo sardo venderà i voti a questo incursore, avrà venduto l’anima al diavolo.

Sorgente: La lotta per il latte sardo e le vecchia truffa delle quote latte padane – Strisciarossa

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