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Il Cavaliere pensa già allo scontro alle elezioni in Basilicata e dice: “Matteo mi ricorda Alfano”. Il M5S rischia l’implosione. E allora il ministro dell’Interno per restare al governo punta su un nuovo soggetto sovranista con Musumeci, Toti e la Meloni. E corteggia una ventina di parlamentari azzurri pronti a trasferirsi nella Lega

di Carmelo Lopapa

Adesso vuole evitare a tutti i costi l’effetto contagio, Matteo Salvini. Scongiurare che l’emorragia di voti che ha già colpito il M5S di governo coinvolga anche la Lega. Perché in Sardegna è stata archiviata la vittoria del governatore Solinas e del vecchio centrodestra, ma non è stato certo un trionfo per il vicepremier che in una cena venerdì scorso aveva pronosticato coi suoi il 18-20 per cento per il suo partito nell’isola che ha battuto in lungo e in largo per una settimana, dopo il 27 raccolto in Abruzzo.

E invece al pallottoliere ufficiale di ieri sera si è ritrovato con l’11,3 per cento. Nulla a che fare col tracollo a 5 stelle, ma sono segnali che il ministro dell’Interno non vuole sottovalutare. E ora? “Non tornerò mai più col vecchio centrodestra”, ha annunciato il capo della Lega all’indomani del voto. Vecchio no, ma di uno nuovo di zecca, rimodellato a sua immagine e somiglianza, ne ha bisogno eccome: sarà la sua scialuppa di salvataggio. Purché “deberlusconizzato”.

Il Cavaliere, che sogna di dargli una lezione già in Basilicata dove si vota tra un mese, ha pianificato non a caso un blitz a Potenza e Matera fin da questo fine settimana. Lo irrita non poco il giovane e irrequieto alleato. “Inizia a ricordarmi Angelino Alfano – si è sfogato coi suoi ieri al telefono da Arcore – Matteo sta tirando troppo la corda, si è convinto di essere autosufficiente ma dimentica che in Italia le elezioni si vincono coi moderati”. Però non rompe, “dopo il disastro di questo anno al governo avrà ancora bisogno di noi”. Tra i due resta un abisso.

Quando lascia Palazzo Chigi dopo il vertice con il premier Giuseppe Conte, il vice Luigi Di Maio e il ministro del Tesoro Giovanni Tria, Salvini appare tesissimo. Troppi dossier di governo per aria, nodi che gli alleati si ostinano a non risolvere. La ministra per gli Affari regionali Erika Stefani, che porta avanti in solitaria la partita delle autonomie regionali di Lombardia, Veneto e Emilia Romagna dopo il congelamento dei decreti, ieri è finita nel mirino del M5S: “Fa tutto da sola e non coinvolge il Parlamento, serve condivisione o l’iter si intoppa” è stato l’avvertimento.

Lo scontro è deflagrato nel pieno del vertice di governo di ieri pomeriggio. La leghista ha chiamato il suo capo per avvertirlo che così salta tutto e lei è pronta a rimettere il suo mandato, se serve. Sarebbe un mezzo terremoto su una delle battaglie di bandiera del Carroccio. Mentre il potente governatore veneto Luca Zaia incalza: “Mi aspetto risposte dal governo”. Non è il solo. Il ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana è il più insofferente per la convivenza con gli alleati.

Come lui tanti viceministri e sottosegretari. Giancarlo Giorgetti, volato negli Stati Uniti per rassicurare gli investitori sulla tenuta dei conti italiani, prima del decollo ha ripetuto a Salvini che sull’autonomia non si deve cedere di un centimetro, ne va della loro faccia. E invece anche lì arrancano dietro i veti grillini. C’è l’intera imprenditoria del Nord in rivolta contro la paralisi dei cantieri e lo stop alle grandi opere imposto dal governo gialloverde, tanto che lo stesso Salvini ha ottenuto un incontro a stretto giro col presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. Per non dire del pantano Tav.

In questo scenario, con il M5s dilaniato al suo interno e in caduta libera, le Europee si prefigurano sempre più come il Big Bang, dopo il quale può succedere di tutto. Soprattutto se gli equilibri di maggioranza risulteranno sovvertiti. È la ragione per la quale Salvini da questo momento si è intestato la missione di costruire una scialuppa di salvataggio per garantirsi la permanenza al governo anche dopo il 26 maggio. Ma possibilmente senza le due “zavorre” che rischiano – nella sua visione – di portarlo a fondo.

Una è proprio il capo del M5S che da un anno non centra un risultato dignitoso alle urne ed è preso di mira dalla minoranza interna. L’altra è proprio Berlusconi. Salvini vuole sottrarsi al suo abbraccio “mortale” e lavora a un nuovo centrodestra a trazione leghista. Scommette, ma fino a un certo punto, sul progetto di Giorgia Meloni coi governatori Toti (Liguria) e Musumeci (Sicilia), col pugliese Raffaele Fitto: un nuovo soggetto politico sovranista da lanciare dopo il voto di maggio. In Transatlantico raccontano di 15-20 deputati forzisti pronti già a trasferirsi con loro, sognando di approdare in maggioranza e magari al governo dopo le Europee. Se Forza Italia poi cambiasse cavallo e scegliesse un nuovo volto, Salvini potrebbe anche ripensare l’alleanza. Adesso, raccontano i suoi, proprio no.

Sorgente: Governo, Salvini ha un piano per smarcarsi dal M5S e liberarsi di Berlusconi | Rep

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