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L’Osservatorio : un’inchiesta inquietante che scopre i legami tra fascisti e malavita nella gestione delle piazze dello spaccio romane,in particolare viene messa a fuoco la strategia che pone al centro dell’attacco i quartieri storicamente di sinistra,San Lorenzo su tutti. A dispetto degli illusi che dicono “i  fasci come nel ’22 a San Lorenzo non metteranno mai piede…”,l’inchiesta ci dimostra che i fascisti nel quartiere già ci sono e prosperano con i loro traffici … la beffa è che hanno eletto la loro base al “32” in passato centro di aggregazione dei giovani di sinistra. Verità scottanti che hanno portato il 7 gennaio all’aggressione degli estensori dell’articolo.

Il filo nero del neofascismo lega assieme molte storie. Tiene assieme la violenza politica, la criminalità, le curve dello stadio. Oggi come ieri, i “neri” della Capitale si muovono nel sottobosco dei quartieri e delle borgate. Soffiano sul fuoco della rabbia sociale, la fomentano e la indirizzano verso gli immigrati, specie dopo ogni delitto i cui autori non sono italiani. E tentano di insinuarsi in zone che un tempo erano roccaforti dei “rossi”. Come San Lorenzo. Devastato dal bombardamento del ’43, luogo simbolo della resistenza al nazifascismo e poi dei movimenti dell’autonomia operaia. Quartiere inaccessibile per la destra estrema dai tempi del regime. “W I PARTIGIANI”, è la scritta che accoglie chi entra nel rione dal lato dello scalo ferroviario. La nostra storia inizia proprio da qui. Da una scritta su un muro, che incarna però l’anima ribelle e operaia della Capitale. E passa attraverso i fatti del Verano,  dove il 7 gennaio L’Espresso ha subito un’aggressione vergognosa . Eravamo lì per documentare la parte finale di questa inchiesta.
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«Sono stato aggredito da fascisti perché facevo il mio lavoro»
Calci e schiaffi al Verano. Vecchi neofascisti dove non dovrebbero essere. Sotto gli occhi della polizia. E una rete di rapporti criminali. Il racconto in prima persona di Federico Marconi, il giornalista de L’Espresso a cui Giuliano Castellino ha urlato: “Ti sparo in testa”

Obiettivo San Lollo
Il 4 novembre 2018 alle 19.30 un nugolo di militanti neofascisti imbratta il murale con la scritta in memoria della Liberazione. Non è una data a caso, il 4 novembre. Sono le settimane infuocate dal caso della giovanissima Desirèe violentata e poi uccisa da un branco di spacciatori in un edificio abbandonato nel cuore di San Lorenzo, in via dei Lucani, di fianco a un noto locale notturno. Un caso di cronaca che ha sconvolto San Lollo, come gli universitari chiamano il quartiere. Diventando presto un caso politico.

Alle fiaccolate di solidarietà che hanno attraversato le vie del quartiere e le manifestazione di solidarietà e protesta organizzate dall’Anpi, dalle donne di Nonunadimeno e dai centri sociali della zona sono seguite le visite istituzionali. Non solo la sindaca di Roma Virginia Raggi, ma anche quella di Matteo Salvini. Il ministro dell’Interno ha dato il via alla strumentalizzazione del dolore per la scomparsa di Desirèe. Ha trasformato il brutale stupro e assassinio in una criminalizzazione generalizzata degli immigrati. Tutti gli stranieri sono colpevoli, come se non fosse mai esistita una Macerata con Luca Traini: il leghista neofascista, che ha tentanto di vendicare l’omicidio di Pamela – anche lei vittima di un assassino straniero – sparando nel mucchio con l’obiettivo di colpire più africani possibile. Ma torniamo al 24 ottobre.

A pochi giorni dalla morte di Desirèe, il ministro dell’Interno arriva la mattina nel cuore rosso della Capitale che in quelle ore piangeva la ragazza. Ad accoglierlo c’erano pochi san lorenzini, che lo hanno contestato. Molti altri, invece, lo hanno accolto calorosamente. Da chi era composto il comitato che ha accolto Salvini a suon di applausi? Gente del quartiere, certo. Ma con una particolarità. Personaggi legati alle frange estreme della curva Sud e a gruppi dell’estrema destra, in pratica uomini e donne che ritroveremo qualche giorno dopo alla manifestazione del partito neo-fascista Forza Nuova, fondato dall’ex terrorista nero Roberto Fiore. E il cui capo romano è Giuliano Castellino.

Anche loro metteranno piede a San Lorenzo nei giorni difficili che seguono la morte di Desirèe. O meglio, ci proveranno senza esito. È il 27 ottobre e gli uomini di Fiore e Castellino marciano da San Giovanni a Porta Maggiore, poco meno di 300 metri da San Lorenzo. Bandiere e caschi in testa: non sembra una marcia pacifica. I passi sono scanditi dalle braccia tese e dai soliti slogan fascisti. L’intenzione è quella di marciare «per le vie dello storico quartiere romano». Dove però non entreranno. A Porta Maggiore un cordone di polizia gli impedisce il passaggio. E i militanti dei centri sociali avevano organizzato un presidio all’altezza dello scalo ferroviario. Tra chi ha portato i saluti ai neofascisti a Porta Maggiore c’erano anche alcune facce conosciute per le vie di San Lorenzo. Alcune donne erano presenti sia ad accogliere il ministro qualche giorno prima, sia nella manifestazione per le vie del quartiere a cui hanno preso parte alcuni familiari di Desirèe. Una di loro, il giorno della visita del capo della Lega, riesce a strappare una promessa al ministro: tornare da loro senza «gli sciacalli di sinistra» che protestavano pochi metri sopra. È la stessa che nel video consultato dall’Espresso il giorno di Salvini a San Lorenzo urla: «Ce vole zzio Benito». E che poco dopo si scaglia contro un gruppo di manifestanti dei centri sociali. La nostalgica del Duce è attorniata da altre signore sulla trentina che rivendicano la loro appartenenza a destra e al quartiere. E la ritroviamo tra i volti noti che frequentano i locali di via dei Volsci, tra cui il 32, quello che era lo storico centro sociale san lorenzino, frequentato nei decenni passati dai più influenti attivisti della sinistra extraparlamentare. Un centro sociale caduto in disgrazia: «Lo abbiamo perso tanti anni fa. Si è svuotato di ogni contatto con la politica, se lo è preso la strada» racconta chi quegli spazi li ha conosciuti sin da bambino. Spazi rossi ora frequentati da chi onora del proprio saluto il segretario della Lega e i leader dell’estrema destra romana.

 

Crocevia
Sede del centro sociale è il 32 di via dei Volsci, vicino alle mura aureliane. Via che negli ultimi venti anni si è trasformata in un luogo di razzisti e estremisti. A cavallo del nuovo millennio apre la sede dei Boys. Storico gruppo di ultras della Roma, i Boys sono sempre stati vicini alle frange della destra capitolina. Leader dei tifosi giallorossi era Paolo Zappavigna, morto nel 2005, che riusciva a unire opposti estremismi. Boys e Zappavigna, sigla e nome che ritornano spesso nei profili facebook dei “nuovi” frequentatori del 32. Sigla e cognome che contano nella politica e nel tifo. Al funerale di Zappavigna parteciparono tanti amici, persino politici e i leader degli Irriducibili, gruppo ultras degli storici rivali biancocelesti, Fabrizio Toffolo e Fabrizio Piscitelli, conosciuto come Diabolik. In quei giorni nell’etere romano, sulle frequenze delle radio dei tifosi della Lazio risuonarono le note dell’inno giallorosso scritto da Venditti.

«Del 32 ormai sono rimaste solo le mura» dice con sdegno un vecchio attivista del centro sociale di via dei Volsci. Racconta di come si è trasformata una delle vie simbolo del quartiere operaio, in cui ha sede anche Radio Onda Rossa, storica emittente del movimento. L’arrivo degli ultras turba l’atmosfera nel quartiere, cambia il 32, arriva la violenza.

È lo stadio al centro di tutto. Nelle curve il calcio si mischia alla politica peggiore. Chi comanda sugli spalti lo fa anche per strada. Come Giuliano Castellino, il sorvegliato speciale che circola liberamente insieme ad altri camerati. La colpa è anche di un sistema giuridico che spesso non aiuta chi indaga sull’apologia del fascismo. «Solo nell’ultimo anno abbiamo portato ai magistrati una decina di informative in cui evidenziamo questa ipotesi, ma spesso non vengono valutate positivamente», rivela una fonte investigativa. È il caso di Avanguardia Nazionale forse il più lampante: sciolta nel ’76 e rinata sotto il vento sovranista. È anche il caso di Giuliano Castellino, che ostenta il suo essere fascista calpestando i divieti imposti dalla legge.

 

Quando si pensa a Forza Nuova il pensiero corre subito al suo leader Roberto Fiore, figlio politico degli anni di piombo, fondatore del gruppo eversivo di destra Terza Posizione, latitante per lungo tempo a Londra. Eppure Forza Nuova a Roma è soprattutto Giuliano Castellino. Castellino si è unito a Forza Nuova dopo aver fondato vari gruppi neofascisti. La sua storia è anche una mistura di ideologia ultras e criminalità. Tempo addietro si è dovuto difendere persino dall’accusa di possesso di un etto di cocaina e 30 bombe carta. La coca era per uso personale, ha stabilito il giudice sulla base delle perizie sulla sostanza che conteneva un basso principio attivo (pura solo al 55 per cento, che corrispondevano secondo gli investigatori a 300 dosi). «Il mio assistito ha sempre lavorato, è un giornalista, non ha mai avuto precedenti per stupefacenti e ha una solida vita familiare», spiegò quattro anni fa il legale di Castellino. E le bombe carta? «Mi servivano per festeggiare il capodanno», si giustificò il capo popolo dei “neri”. I guai del capo romano di Forza Nuova non si fermano al passato. L’ultimo risale al luglio scorso. Indagato in un’indagine dei carabinieri del Nas e della procura di Roma, che hanno scoperto una truffa alle Asl sui rimborsi spese per i prodotti alimentari destinati ai celiaci. Un giochino fiscale che ha garantito al duro e puro Castellino, e all’imprenditore suo complice, di guadagnare 1,3 milioni. Un’indagine, in realtà, ancora in corso. Il 28 ottobre Castellino è stato scarcerato. Ha festeggiato sobriamente insieme ai camerati: si sono dati appuntamento a un pub del suo giro nell’elegante quartiere Prati e dopo aver bloccato il traffico, tra fumogeni e applausi, hanno esposto lo striscione “Bentornato Giuliano”. Una festa da vero re.

L’Espresso ha analizzato il percorso imprenditoriale del leader neofascista. Nel curriculum risultano varie aziende, tra cui la CeliachiaWorld srl, appunto. È proprietario, inoltre, della Spettacular Media Srl, ora in liquidazione, che ha per oggetto sociale il trasporto di giornali, riviste e attività editoriali in genere. Curioso per uno come Castellino che considera i giornalisti «peggio delle guardie». Ancora più curioso è il suo socio nella So.Ge.A. di Fiumicino. Il patriota Castellino, infatti, è partner d’affari della Vorax Investments limited, società estera, altro che orgoglio nazionale. In passato, poi, lo ritroviamo con vecchi amici camerati di Casapound: nel 2007 ha fondato la coop Nuova saturnismo, con lo scopo di realizzare un rivista.

Da Fiore a Delle Chiaie
Giuliano Castellino, quindi, dopo varie esperienze politiche – tra le quali Base Autonoma fondata da Maurizio Boccacci, incubatrice del Movimento politico occidentale (sciolto per tentata ricostituzione del disciolto partito fascista) – è approdato a Forza Nuova. Funzionale al partito di Fiore per alcune battaglie in cui è necessario alzare il livello dello scontro. È in questo navigare nella galassia nera che il capo romano di Forza Nuova si è avvicinato a Stefano Delle Chiaie e a Vincenzo Nardulli, teste della vecchia e della nuova Avanguardia Nazionale. Nomi di un passato nero, che ritornano sulla scena, legittimati dal clima politico che ha sdoganato persino arnesi vetusti degli anni di piombo. Nardulli e Castellino sono stati i registi delle pesanti minacce ricevute dal nostro giornale il 7 gennaio scorso. Ma cosa ci facevano assieme Castellino e gli esponenti più alti del gruppo di Delle Chiaie? La strategia, che ha preso forma ormai 5 anni fa, è riunire «le forze nazionalrivoluzionarie» sotto un’unica sigla. La disciolta Avanguardia Nazionale è già nel mirino di chi indaga per violazione della legge Scelba. Eppure, nonostante questa attenzione investigativa, i suoi esponenti sono liberi di riunirsi in un luogo pubblico qual è il cimitero del Verano. Liberi di manifestare e di intimidire. Tra gli estimatori del “Comandante” Delle Chiaie c’è Mario Borghezio, storico esponente della Lega Nord, tenuto in grande considerazione dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini. L’europarlamentare Borghezio lo ritroviamo nel 2014 a uno dei primi incontri organizzati dalla nuova Avanguardia. Prima di prendere la parola la sala lo accoglie con un caloroso applauso. «Noi non ci vergogniamo a rivendicare la nostra appartenenza etnica», è uno dei passaggi del discorso di Borghezio. Ancora applausi. Nuove alleanze nere, insomma. Letta in questo senso assume un sapore diverso un’intercettazione agli atti di un’inchiesta del Ros dei carabinieri. A parlare è un dirigente di Forza Nuova: «Delle Chiaie sta sempre nell’ombra.. è quello che ha i contatti a Roma e può far succedere qualche situazione particolare fra i vari gruppi». Tutti sotto un unico fascio.
Il “cecato” e i suoi amici

Il 31 maggio 2013 dalla base operativa di Massimo Carminati parte una telefonata. La riceve Giuliano Castellino. A chiamarlo però non è direttamente il “Cecato” ma Mario Corsi. “Marione” è anche lui un ex Nar, non indagato in Mafia Capitale. È stato pure un capo ultras oltreché un popolare conduttore radiofonico di trasmissioni sulla Roma. Marione chiama Castellino – all’epoca dirigente de La Destra a sostegno di Alemanno – per mettere in contatto un imprenditore con il sindaco in corsa per la riconferma. Tra Castellino e Corsi i rapporti sono datati. Nascono nell’ambiente della curva Sud. E lo sono anche con Daniele De Santis, condannato a 16 anni per l’omicidio del tifoso napoletano ucciso a maggio 2014. Il collante di queste amicizie sono soprattutto due sigle: Boys e Opposta Fazione. Culla del tifo violento giallorosso. Dove Carminati è molto più che un conoscente. Gruppi ultras di estrema destra in cui si ritrovano Corsi, De Santis, Boccacci e Castellino. E che possono contare su appoggi in terra nemica, il quartiere rosso della Capitale: San Lorenzo. Un network neofascista che fa coltivare un sogno ai camerati della corte di Castellino. Entrare nella zona della città dove nessun “nero” aveva mai osato.                                                                                                     Un ricovero di fortuna in un sottopassaggio pedonale. Bagni chimici e casupole di cartone e legno dove trovare riparo. Una decina di immigrati senzatetto che si riparano dal freddo. È Largo Passamonti, vicino lo Scalo San Lorenzo. Nella notte del 20 marzo del 2004 estremisti di destra, ultras romanisti di Opposta Fazione, gli lanciano contro delle bottiglie incendiarie. Sono i «pischelli col vizio della svastica», tutti di San Lorenzo. Tra i quattro c’è un ventenne ben conosciuto nel quartiere: Gino Vasselli. “Ginetto” è il cognato di Giuliano Castellino: sono sposati con le sorelle Miriam e Tatiana Ovidi. Un cognome importante il loro: sono le sorelle di Corrado, esponente storico della criminalità romana. Già nei primi anni ’90 Ovidi è membro del Movimento Politico Occidentale di Maurizio Boccacci. Nel 1996 passa alle rapine in banca. Lo fa insieme al fratello Manuel e a Claudio Corradetti, anche lui ex Movimento Politico Occidentale, e ultras giallorosso di Opposta Fazione. Sempre con Corradetti e Fabio Giannotta (figlio dell’allora presidente dell’associazione Acca Larentia, oggi gestita da un dirigente di Casapound) rimane nelle maglie dell’operazione “Capricorno Connection”, inchiesta della Squadra Mobile di Roma che ha svelato i contatti dei due romani con il clan catanese dei Tomasello.                                                                                                                                                                   Un legame di sangue unisce Ovidi, Castellino e Gino Vasselli. “Ginetto”, lo stesso che frequenta ancora oggi San Lorenzo. Si trova spesso con i compagni di curva Sud davanti a una sala scommesse all’inizio di via Tiburtina. Che per uno strano scherzo del destino ha un titolare che si chiama Gianni Vasselli. Sanlorenzino anche lui. Come suo padre, Giovanni, che in passato è finito più volte in indagini su traffico e spaccio di stupefacenti a San Lorenzo con famiglie malavitose della Calabria e della Sicilia. Tra i fermati dell’epoca anche un tale del quartiere, che esattamente un anno fa è stato arrestato di nuovo in un’operazione contro Cosa nostra.

Nel quartiere fiumi di droga, che uccide. Il grande traffico in mano a organizzazioni criminali che conosciamo bene: cosa nostra, camorra e ’ndrangheta, con la complicità di intermediari della criminalità romana legata all’estrema destra. I pusher magrebini nelle piazze e per le vie di San Lorenzo sono solo la parte più visibile di un gioco più grande. Che fa comodo a molti.

Sorgente: Svastica e Malavita – OSSERVATORIO SUL FASCISMO A ROMA

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