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L’analisi. Chi ha lanciato le due bombe difficilmente ha legami diretti con il gruppo terrorista palestinese. Più probabile è che si sia attivato da solo

di Lorenzo Vidino

 

Le dinamiche dell’attacco al consolato americano a Firenze di giovedì notte vanno ancora chiarite, ma i primi indizi fanno pensare che ci si possa trovare davanti al primo caso di ciò che dallo scorso 7 ottobre le antiterrorismo di tutta Europa vedono come il pericolo numero uno: l’attivazione in Occidente di lupi solitari ispirati da Hamas o, più in generale, dal conflitto a Gaza.

 

 

La pista della sinistra antagonista, visto l’utilizzo di molotov, è stata privilegiata solo per qualche ora. Ma il video di rivendicazione, in perfetto arabo classico con accento del Levante e riferimenti religiosi, che minaccia una serie di attentati in Italia ed Europa, ha fatto spostare quasi tutti i sospetti sulla matrice islamista. Sapremo probabilmente nei prossimi giorni l’identità di chi ha lanciato le molotov e se è la stessa persona che ha pubblicato il video. Per adesso possiamo solo quindi fare delle ipotesi.

La prima, non molto probabile, è che si tratti di un attentato compiuto da Hamas. Nelle scorse settimane si è cominciato a temere che il gruppo, messo alle corde a Gaza, possa decidere di attivare i propri network europei di simpatizzanti che da decenni svolgono attività di supporto (raccolta fondi, mobilitazione nelle piazze, disseminazione di propaganda) per compiere attentati. A novembre il direttore dell’FbiChristopher Wray, testimoniando davanti al Congresso, aveva affermato: «Stiamo monitorando come la minaccia possa evolversi e non possiamo escludere che Hamas possa utilizzare il conflitto per condurre attentati qui sul suolo americano».

A dicembre, due operazioni antiterrorismo svoltesi in GermaniaDanimarca e Olanda avevano portato all’arresto di vari operativi di Hamas legati alla leadership militare del gruppo a Beirut che, secondo le autorità, stavano preparando attentati contro obiettivi israeliani ed ebraici in vari Paesi europei, inclusa l’ambasciata israeliana a Stoccolma. Le modalità dell’attacco di Firenze, il tipo di video e altri elementi tendono però a far escludere questa ipotesi.

 

 

Più probabile – ma siamo sempre nel campo delle ipotesi basate su pochi elementi – è invece la pista che vede l’attentatore come un soggetto isolato, chiaramente un simpatizzante non solo della causa palestinese ma di Hamas che decide di auto-attivarsi e, con modalità artigianali, dimostrare il suo supporto alla causa non solo a parole ma coi fatti. Probabilmente un soggetto che da quel fatidico 7 ottobre vive costantemente immerso nelle notizie, nella propaganda, negli slogan e nella tensione che il conflitto ha ingenerato, nelle piazze, nelle moschee e soprattutto sul web. Presumibilmente un soggetto senza alcun contatto diretto con Hamas, magari legato alla rete di fiancheggiatori del gruppo oppure solo ispirato dalla retorica di Hamas e, più generale delle fazioni più estreme del movimento pro-Palestina.

Mutatis mutandis, una dinamica che abbiamo visto negli ultimi dieci anni in relazione allo Stato Islamico. La maggior parte degli attentati di matrice jihadista visti in Europa sono infatti stati compiuti da soggetti privi di ogni legame operativo con l’Isis ma che, seguendo le istruzioni del gruppo, si sono auto-attivati. Così facendo si sentono e vengono considerati dall’Isis come Soldati del Califfato non meno di quelli che si sono formalmente uniti al gruppo in Siria e Iraq. Hamas non è l’Isis, le differenze ideologiche e operative tra i due gruppi sono molteplici. Ma la dinamica attrattiva a livello globale dei due gruppi è molto simile: se qualche anno fa era il Califfato a canalizzare rabbie individuali, oggi è Hamas il gruppo che, guidando la “resistenza” palestinese, può ispirare schegge impazzite che vogliono passare all’azione.

Prematuro dire se l’attacco di Firenze sia stato un episodio isolato o se lo stesso attentatore, come annuncia nel video, compirà altri atti, o se ingenererà episodi emulativi. Dall’inizio di ottobre il nostro comparto antiterrorismo ha spostato una buona parte delle proprie risorse al monitoraggio di ambienti che, sull’onda delle tensioni mediorientali, possono produrre soggetti isolati che compiono azioni violente.

È però certo, esattamente come è sempre stato detto per i lupi solitari dell’Isis, che intercettare soggetti che si auto-attivano da un momento all’altro, passando dall’estremismo da tastiera all’azione dimostrativa o al terrorismo vero e proprio senza un chiaro segnale, è un compito molto arduo. E ovviamente il protrarsi del conflitto in Medio Oriente non aiuta a far sgonfiare la bolla di tensione che ha portato da noi.

Lorenzo Vidino è il direttore del Programma sull’Estremismo presso la George Washington University

Sorgente: Simpatizzante della causa o lupo solitario jihadista: le ipotesi sull’autore dell’attacco al consolato Usa di Firenze – la Repubblica

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