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Dopo il Mar Rosso, con lo Stretto di Bab-el-Mandeb, dove gli attacchi degli yemeniti Houthi stanno mettendo in crisi la navigazione nel Mar Rosso verso il Canale di Suez, nuove nubi si addensano all’orizzonte del trasporto marittimo internazionale. Il Canale di Panama, ha visto ridurre in modo significativo il numero dei transiti. E il mondo, tutti noi, già stiamo pagando e pagheremo, e molto.

Tra le due Americhe, quel pestifero ‘El Niño’

Per il collegamento che taglia l’istmo dell’America centrale, il problema ha un nome specifico: El Niño (il Bambino, da leggere el Nigno). È una gigantesca corrente marina, che periodicamente parte dal Perù e sale verso nord, cambiando la temperatura superficiale dell’Oceano e alterando il normale ciclo delle piogge. Il risultato finale, insomma, è una lunga stagione fatta di torrentizi acquazzoni tropicali o di arse e implacabili siccità. Dipende, è il caso di dirlo, dalla direzione verso la quale tira il vento. E proprio per questo l’arrivo del Nino è un po’ una lotteria, perché non si sa mai come andrà a finire.

‘El Nigno’ ha preso la strada sbagliata

Pare che quest’anno per Panama sia finita male, perché senza un goccio di pioggia il Canale è calato di livello, mettendo in crisi tutto il sistema delle ‘chiuse’. Si tratta di immense saracinesche, che servono ad allagare dei bacini che, di settore in settore, ‘alzano’ (o abbassano) la nave, colmando il dislivello esistente tra i punti d’ingresso, dall’Atlantico al Pacifico, E viceversa. Naturalmente, con molta meno acqua a disposizione, si fa fatica a riempire velocemente le chiuse e questo rallenta i transiti.

Canale troppo vecchio e troppo lento

In tempi normali, si registrano circa 40 passaggi di navi al giorno. A ottobre, però, le autorità del Canale hanno consentito solo 30 partenze, scese fino a 25 nel mese di novembre. Con l’avanzare dell’inverno, le condizioni climatiche, che hanno drasticamente ridotto la piovosità, sono addirittura peggiorate. Così, i passaggi delle navi sono stati ulteriormente ridotti: 20 a gennaio e solo 18 a febbraio. Gli effetti si sono immediatamente fatti sentire, in particolar modo in Asia.

Effetto Panama, in tasca

Ecco come il Wall Street Journal descrive l’effetto-domino della crisi di Panama: «Il cambiamento climatico potrebbe rendere gli inverni più imprevedibili. Potrebbe rendere più imprevedibili anche le bollette del riscaldamento invernale, in particolare se si vive all’estremità di una catena di approvvigionamento di carburante lunga e vulnerabile». E come esempio, il WSJ, cita il prezzo del GPL americano diretto in Asia «aumentato vertiginosamente, anche perché in seguito alla crisi imposta dalla limitazione dei transiti, le autorità del canale hanno assegnato, alle navi trasportatrici di GPL, la priorità più bassa. Possono passare solo dopo le navi passeggeri, quelle porta-container e quelle cariche di metano».

Sulla rotta di Magellano

Tutto questo obbliga diverse navi a prendere rotte più lunghe, attraverso la Stretto di Magellano, tra la punta estrema dell’America e l’Antartide, per raggiungere gli acquirenti in Asia. Il risultato è quello di avere costi di trasporto più alti, tempi di consegna più lunghi e «prezzi alle stelle sui mercati chiave, come il Giappone o la Cina». Questa sensibile alterazione, del rapporto tra domanda e offerta, è un ulteriore segnale della fragilità manifestata dalla catena globale degli approvvigionamenti produttivi.

Moltiplicazione dei noli e dei prezzi

La crisi di Panama si somma a quella del Mar Rosso, che finora ha toccato principalmente le porta-container, e ha visto lievitare il costo di spedizione Cina-Europa di quasi tre volte. La riflessione che scaturisce da questi eventi è consequenziale: la nostra quotidianità è sempre più legata a fattori solo apparentemente distanti, nel tempo e nello spazio. Invece, l’intreccio tra aree di crisi geopolitiche, cambiamenti climatici, emergenze pandemiche e oscillazioni dei mercati, finisce spesso col convergere, costruendo le condizioni per una specie di ‘tempesta perfetta’ planetaria.

La distribuzione della ricchezza prodotta

L’economia mondiale, la sua crescita e la distribuzione della ricchezza prodotta  dipendono da un efficiente interscambio delle risorse. Cioè, dalla certezza e dall’affidabilità di una indispensabile catena degli approvvigionamenti produttivi, che garantisca libero accesso e possibilità di scambio a ogni protagonista nel mercato internazionale.

Queste le condizioni per una vera crescita globale del nostro pianeta, salvo usare/condizionare lo ‘sviluppo’ come arma politica di ricatto.

 

Sorgente: ‘Stretti’ alla gola: Panama dopo il Mar Rosso ma senza scorciatoia guerra –

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