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Questa volta Blinken non porta una ‘esortazione’, che arriva direttamente dalla Casa Bianca, ma qualcosa che assomiglia molto di più a un ordine: che Netanyahu non si azzardi ad aprire un secondo fronte contro Hezbollah. Perché gli Stati Uniti non glielo permetterebbero. Le ragioni di questo soprassalto di determinazione politica dell’amministrazione Biden dopo essere passati sopra ai 22 mila cadaveri di Gaza?

Haaretz: «Blinken arriva in Medio Oriente per ripulire il disastro che Israele ha creato agli Stati Uniti».
Times of Israel: «Gli Stati Uniti temono che Netanyahu possa dichiarare guerra a Hezbollah per avere un guadagno politico».

Sussulti di politica di fronte alla minaccia della follia

«Faremo a Beirut quello che stiamo già facendo a Gaza. Ci basterà fare il copia e incolla», e già i termini usati descrivono il copia-incolla di un irresponsabile. Propositi folli proclamati dal Ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, al Wall Street Journal. E lui sarebbe l’ipotetica alternativa al guerrafondaio Netanyahu? La politica di Israele è malata e persino Biden sembra averlo capito, di fronte allo scenario di una guerra mediorientale generalizzata, che partendo dal Libano potrebbe coinvolgere la frazioni sciite in Irak e Siria e infine, terrore ultimo, l’Iran amico di Mosca.

Quello che l’America non si può permettere

Biden non potrebbe mai sostenere un alleato che invade uno Stato sovrano, il Libano, per combattere le milizie sciite. Sarebbe come rinnegare tutta la sua ripetuta narrativa sull’aggressione all’Ucraina. I mezzi a disposizione di Biden per ‘convincere’ gli israeliani sono parecchi, a cominciare dai sostegni militari, operativi e di rifornimento. Poi c’è tutto il vasto arcipelago degli aiuti finanziari e diplomatici. E, da ultimo, gli Usa potrebbero finalmente convincersi ad abbandonare Netanyahu al suo destino politico-giudiziario. Preparando le condizioni per una transizione democratica di potere, che aiuti lo Stato ebraico a uscire da questa crisi.

Scomodo e ingombrante alleato

‘Bibi’, lo scomodo e ingombrante alleato, secondo diversi osservatori, molti dei quali israeliani, sta conducendo una battaglia che mischia interesse nazionale e sopravvivenza politica personale. Non a caso, ieri, Haaretz titolava seccamente «Blinken arriva in Medio Oriente per ripulire il disastro che Israele ha creato agli Stati Uniti». Gli analisti liberal israeliani accusano però l’America di non avere un piano, e di muoversi come una specie di poliziotto di quartiere, trattando separatamente le varie aree di crisi. Così, non hanno un programma per il futuro di Gaza, non sanno come sistemare la turbolenta Cisgiordania, cercano di arginare un’incipiente conflagrazione nel sud del Libano e non sanno che pesci pigliare con le azioni di pirateria degli Houthi nel Mar Rosso.

Blinken in cerca di aiuto

Lo ha chiesto a Erdogan, cercando di coinvolgerlo nella futura gestione di Gaza. E lo ha chiesto pure a re Abdullah II di Giordania, il quale gli ha risposto che la sua maggiore preoccupazione, in questo momento, è un’altra. Vedere i palestinesi espulsi con violenza dai coloni israeliani, migrare dai territori occupati verso la East Bank. Problema, quello dei trasferimenti forzati, che sarà anche al centro dei colloqui previsti con gli egiziani. Ma, detto questo, forse il vero ‘step’, nell’azione diplomatica degli americani, è che cominciano a prendere coscienza del fatto che le strategie del governo Netanyahu possano essere influenzate da fattori di politica interna.

Giornali israeliani e americani

Ieri, il Times of Israel titolava su questa ipotesi: «Gli Stati Uniti – ha scritto – temono che Netanyahu possa dichiarare guerra a Hezbollah per avere un guadagno politico». Nel seguito: «Secondo un rapporto di domenica, i funzionari della Casa Bianca ipotizzano che il primo ministro Netanyahu possa avviare una guerra in piena regola contro il gruppo terroristico Hezbollah in Libano, per salvare la propria carriera politica». Le valutazioni del giornale israeliano prendono le mosse da un report pubblicato dal Washington Post, il quale sostiene che «l’intenzione di Israele di espandere la guerra in Libano allarma gli Stati Uniti. Anche perché una valutazione dell’Intelligence americana ha rilevato che sarebbe difficile, per Tel Aviv, avere successo in una guerra contro Hezbollah, nel contesto dei combattimenti in corso a Gaza».

Defense Intelligence Agency Usa

L’analisi della Defense Intelligence Agency Usa, non lascia dubbi: combattere su almeno due fronti sarebbe un rischio militare troppo elevato per Israele. Potrebbe allargare a dismisura il conflitto e coinvolgere nemici potenti come l’Iran. In un catastrofico scenario di questo tipo, c’è un’alta probabilità che finirebbero per restare invischiati anche gli Stati Uniti. Per dare un’idea del comportamento schizoide dei protagonisti, basti solo pensare che, finora, Israele ha attaccato 34 volte l’esercito libanese, che è armato e addestrato dagli americani, i quali dovrebbero anche ‘proteggerlo’.

Secondo gli esperti del Near East Institute, citati dal Washington Post, una guerra tra Israele ed Hezbollah costerebbe al Libano fino a mezzo milione di morti. Una prospettiva terribile, che tocca le coscienze anche di molti americani. Come quelli che, ieri, hanno rumorosamente contestato il Presidente Biden persino in chiesa, a Charleston.

 

Sorgente: Perorazioni beffate: gli Usa ora provano a imporre lo stop al fronte libanese –


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