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Dopo aver assistito all’udienza della Corte internazionale di giustizia, Jeremy Corbyn racconta che i giuristi che perorano la causa intentata dal Sud Africa stanno difendendo i diritti umani fondamentali

Jeremy Corbyn

«Non esiste uno spazio sicuro a Gaza e il mondo dovrebbe vergognarsi». Il discorso di chiusura di Blinne Ní Ghrálaigh alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia mi accompagnerà per sempre. In forma giuridica eppure devastante, Ní Ghrálaigh ha parlato a nome di milioni di persone in tutto il mondo che sono sconvolte dagli orrori che si svolgono in diretta sui nostri schermi. «Questo è il primo genocidio della storia in cui le vittime trasmettono la propria distruzione in tempo reale – ha detto – nella speranza disperata e finora vana che il mondo possa fare qualcosa». Un avvocato irlandese che aveva precedentemente lavorato all’inchiesta Bloody Sunday ha parlato a nome del Sud Africa, a sostegno del popolo palestinese. Per gli irlandesi e i sudafricani la difficile situazione dei popoli che vivono sotto occupazione è fin troppo familiare. Non dovrebbe sorprendere, quindi, che la causa del Sud Africa si sia aperta collocando l’ultima mossa di Israele «nel contesto più ampio dei venticinque anni di apartheid, dei cinquantasei anni di occupazione e dei sedici anni di assedio imposti alla Striscia di Gaza». È stato molto utile sentire il Sudafrica articolare qualcosa di così ovvio e tuttavia regolarmente ignorato dai politici del Regno unito. Mettendo in luce lo stato superficiale del nostro sistema politico, l’udienza passerà alla storia come un’importante dimostrazione di solidarietà internazionale da parte di un popolo che sa cosa vuol dire sopportare – e smantellare – l’apartheid. Questa solidarietà è cresciuta sempre di più. La causa del Sudafrica alla fine ha ottenuto il sostegno di molti paesi, tra cui Bolivia, Brasile e Colombia, nonché di attori interstatali come la Lega Araba. I politici possono negarlo quanto vogliono: milioni di persone in tutto il mondo desiderano disperatamente vedere la fine del massacro di esseri umani e continueranno a sostenere gli sforzi per costruire una pace giusta e duratura.

Dovevamo essere al Tribunale prima delle 6 del mattino per poter entrare, facendo la fila in un clima disperatamente freddo. La Corte internazionale di giustizia dell’Aia è un bellissimo edificio. Fu costruito dopo la Prima guerra mondiale, quando c’era la reale speranza che la Lega delle Nazioni e il suo sistema giudiziario avrebbero portato la pace. È stato toccante vedere i palestinesi che avevano perso parenti a Gaza e in Cisgiordania fuori dalla Corte per testimoniare in cerca di giustizia. Il Sudafrica ha presentato la sua causa contro Israele ai sensi della Convenzione sul genocidio. L’udienza è stata devastante: orrore dopo orrore, esposto in bella vista perché tutti potessero vederlo. Le argomentazioni sono state brillantemente guidate dal Sud Africa, e dovrebbero essere lodati per averlo fatto.

È deplorevole che la maggior parte dei media britannici non abbia ritenuto questi argomenti abbastanza importanti da essere trasmessi. La Bbc non ha fatto uno streaming live della causa del Sud Africa, scegliendo invece di mostrare solo la risposta di Israele il giorno successivo. Al Jazeera ha non solo il merito di aver trasmesso l’udienza in diretta streaming, ma ha anche fornito una copertura continua e accurata del conflitto, nonostante durante il processo abbia dovuto assistere alla morte dei suoi colleghi. Il Sudafrica ha sottolineato che la Convenzione sul genocidio esiste per proteggere tutte le persone e che l’azione israeliana rientra nei requisiti della convenzione con la distruzione deliberata e sistematica della vita civile a Gaza. Il Sudafrica ha citato anche diverse dichiarazioni di Benjamin Netanyahu e di altri politici israeliani che si sono impegnati a ridurre la popolazione di Gaza almeno del 90%. Il Sudafrica ha dimostrato ciò che i palestinesi hanno sempre cercato di dirci: questa non è una guerra tra eguali, ma il massacro sistematico del popolo palestinese. Il Sudafrica è determinato non solo a stare dalla parte giusta della storia, ma a cambiarne il corso; e se la Corte internazionale di giustizia fosse fedele al suo nome, darebbe la dovuta considerazione alla causa sollevato dal Sudafrica. Scoprirebbe che il bombardamento è sbagliato, che è illegale e che rappresenta la punizione collettiva del popolo palestinese. E dichiarerebbe che sono stati commessi atti di genocidio da parte del governo israeliano.

Nel frattempo, la causa sudafricana richiedeva un provvedimento provvisorio, che richiederebbe una rapida richiesta di un cessate il fuoco immediato. È un appello che dovrebbe essere lanciato da qualunque rappresentante politico, ovunque nel mondo, impegnato nella tutela della vita dei civili. È una grande vergogna per le democrazie britannica e statunitense che relativamente pochi rappresentanti eletti in entrambi i paesi abbiano sostenuto questo appello a porre fine alla perdita di vite umane. L’unica via da seguire è un cessate il fuoco osservato da tutte le parti, che offrirebbe l’opportunità di tracciare un futuro giusto e pacifico. Si tratta di una decisione che spetta al popolo palestinese, non a quelli di noi che lo sostengono. Gli atti di solidarietà non possono comportare di dire agli altri cosa fare.

All’esterno, al termine dell’udienza, il fantastico team di avvocati ha risposto alle domande di un enorme gruppo di giornalisti sui gradini della corte, al gelo. Ero lì a nome dell’Internazionale Progressista. Abbiamo organizzato un evento mediatico nella strada di fronte, e abbiamo dimostrato che la voce della gente comune in tutto il mondo chiede la pace, e abbiamo annunciato che faremo una campagna per tutto il tempo necessario per portare giustizia ai palestinesi. «Abbiamo fatto quello che potevamo. Ricordati di noi». Ní Ghrálaigh ha concluso il suo discorso mostrando due foto di una lavagna in un ospedale di Gaza. Sulla prima c’era un messaggio scritto a mano da un medico. La seconda foto era della stessa lavagna dopo un attacco israeliano all’ospedale. Mostrava il tabellone completamente distrutto. L’autore del messaggio è stato ucciso. Milioni di persone sono sconvolte e osservano in tempo reale la distruzione della vita umana a Gaza. La storia non dimenticherà coloro che si sono rifiutati di considerare le vite palestinesi e israeliane allo stesso modo. Ma non dimenticherà nemmeno coloro che sono determinati a battersi per un mondo più pacifico.

*Jeremy Corbyn è deputato al parlamento inglese del Partito laburista per il collegio di Islington North. Questo articolo è uscito su Tribune su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.

Sorgente: «Assistiamo a un genocidio in tempo reale» – Jacobin Italia

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