armi, Ucraina
0 12 minuti 5 mesi


Cara/o Parlamentare, impegnata/o nella legge di bilancio 2024


Riteniamo che ci siano serie motivazioni per rifiutare e comunque non rispettare
l’obiettivo del 2% del PIL per le spese militari stabilito come standard NATO.
La premessa è che possiamo anche non considerarlo un impegno vincolante, come
comunemente si crede.
Va considerato – e lo so può fare legittimamente – che la decisione di un paese di
rispettare o meno l’obiettivo del 2% del PIL in spese militari deve dipendere
dall’esame di una serie di fattori, tra cui la sua situazione economica, le sue priorità
politiche e la sua posizione geopolitica.
Detto ciò, veniamo ora ad un’elencazione di motivazioni che possano indurre a dire
NO in piena consapevolezza e responsabilità:
1 – Priorità di bilancio nazionale: Ogni paese ha le proprie priorità di bilancio e
potrebbe scegliere di investire in altre aree, come l’istruzione, la sanità o
l’infrastruttura, piuttosto che aumentare le spese militari. Cosa ci impedisce una
opzione a favore dei bisogni vitali delle persone?
2- Dibattito politico: L’aumento delle spese militari può essere un argomento
controverso a livello politico. Ad esempio, in Italia, una forza politica di peso con
passate responsabilità di governo ha preso le distanze dalla decisione di aumentare
subito le spese militari al 2% del PIL. Anche la proroga al 2028 può benissimo
essere rimessa in discussione.
3- Implicazioni internazionali: Alcuni paesi potrebbero essere preoccupati per le
implicazioni internazionali di un aumento delle spese militari. Ad esempio, un
aumento delle spese militari potrebbe essere visto come un gesto ostile da parte di
altri paesi o potrebbe indebolire i piani di un paese per avere una maggiore
rilevanza in ambito internazionale. Perché non dare basi più ad un comportamento
italiano, da far diventare abitudinario, all’insegna del motto: “Amici di tutti, nemici di
nessuno”?
4- Efficienza della spesa: Infine, non è cervellotico sostenere che l’efficienza della
spesa è più importante della quantità di spesa. In altre parole, è più importante
come i soldi vengono spesi piuttosto che quanto viene speso.
I Disarmisti esigenti, membri ICAN, rete internazionale insignita nel 2017 del premio
Nobel per la pace, ed i loro collaboratori politici, per quanto riguarda le spese
militari italiane, propongono una stretta attinenza ai valori e agli obiettivi
costituzionali di “ripudio della guerra”, che rimandano non ad un modello offensivo
e nuclearizzato, meno che mai all’”attrezzarsi per combattere guerre ad alta
intensità”, come ci comanda, in sostanza, l’ultimo vertice NATO, bensì ad un
orientamento difensivo, con primi passi verso il disarmo, e in transizione verso una
componente importante di difesa popolare nonviolenta.
Non può non destare allarme il fatto incontestabile che la NATO abbia adottato un
orientamento e preso delle misure per prepararsi a guerre ad alta intensità. Un
documento importante in questo senso è il “Nato Military Strategy” del 2017, in cui
si afferma chiaramente che l’Alleanza deve essere pronta a condurre guerre ad alta
intensità nell’area euro-atlantica contro potenziali avversari pari o quasi pari”.
(Si vada su: https://www.jwc.nato.int/articles/warfare-development-making-nato-
better-now-and-tomorrow)

Queste misure sono state esplicitamente riaffermate nell’ultimo vertice NATO di
Vilnius del 2023, nel documento noto come “Vilnius Summit Communiqué”, che
sottolinea “l’impegno della NATO a difendere ogni centimetro del territorio degli
Alleati in ogni momento, a proteggere un miliardo di cittadini e a salvaguardare la
libertà e la democrazia, in conformità con l’articolo 5 del Trattato di Washington”.
(Si vada su: https://www.nato.int/cps/en/natohq/official_texts_217320.htm)
Sulla base di tale orientamento strategico e valoriale del ripudio costituzionale della
guerra, che oltretutto gli istituti di sondaggio danno per maggioritario nel popolo
italiano, già nel 2024 potremmo operare il taglio di 1/3 della spesa passando dagli
oltre 30 (più o meno) previsti dalla legge di Bilancio ai 20 miliardi di euro di spesa
annua.
In questa linea risulterebbe più che ovvio opporsi agli aiuti militari ai Paesi in
guerra, l’Ucraina per prima, adesso anche Israele.
L’Italia ha fornito un aiuto all’Ucraina che deve cessare nella sua forma militare. Il
ministro degli Esteri Taiani in una intervista ha parlato di un miliardo di euro.
Questa cifra dovrebbe essere messa insieme dalla somma di tutti i DPCM varati
negli ultimi due governi, Draghi e Meloni, a partire dal primo decreto Ucraina del 21
marzo 2022.
(Si vada, ad esempio, suhttps://www.trend-online.com/politica-attualita/armi-
ucraina-quanto-ha-speso-italia-fino-ad-ora/)
Riteniamo che siate in grado, molto meglio di quanto possiamo fare noi, con la
vostra competenza e con le strutture tecniche di supporto di cui disponete, di poter
benissimo tradurre in emendamenti puntuali e accoglibili, le (SOTTOELENCATE) 10
PROPOSTE DEI DISARMISTI ESIGENTI
1 – Taglio dei fondi per la condivisione nucleare NATO. Ci riferiamo alle “atomiche”
USA che è un segreto di Pulcinella siano ospitate nelle basi di Aviano e Ghedi e che
ora sono in via di ammodernamento come B61-12. Abbiamo sottoscritto una
denuncia per accertare la loro illegalità, presentata il 2 ottobre scorso alla Procura
della Repubblica presso il Tribunale di Roma, sulla base di uno studio alla Sezione
italiana di IALANA, associazione di giuristi contro le armi nucleari specializzati in
Diritto Internazionale. Dal punto di vista economico, il loro mantenimento
assommerebbe a circa 500 milioni di euro all’anno.
2- Taglio del “Fondo per la realizzazione di programmi di investimento pluriennale
per esigenze di difesa nazionale” e dei programmi militari del MIMIT. Per il citato
Fondo, la disponibilità di risorse sarebbe di 7.515 milioni di € circa per il 2024; con
un aumento di oltre 1.400 milioni sempre su quest’anno, pari a +23%. Considerando
le risorse stanziate anche dal Ministero delle imprese e del Made in Italy (MIMIT) che
sostiene alcuni programmi di investimento selezionati (indicativamente, 1.775
milioni di €), la somma disponibile per il 2024 dovrebbe salire fino a 9,3 miliardi di €;
con prospettive di crescita anche per gli anni a venire. Stiamo parlando, se andate a
ben vedere, per lo più di acquisizioni di nuovi sistemi d’arma offensivi
3- Drastica riduzione delle missioni militari (circa 1.500 milioni di euro di spesa) e
conversione di gran parte dei loro fondi al Servizio Civile Universale (comunque da
riformare), con particolare attenzione ai Corpi Civili di Pace.
4- Una legge nazionale per convertire al civile le produzioni militari. Un caso urgente
è la riconversione della RWM.
5- Accoglienza dei giovani in fuga dalle guerre cui concedere asilo politico
(campagna Object war)

6- Cooperazione allo sviluppo da portare all’1% del PIL (quindi da triplicare come
importo) e consistente contributo al fondo previsto dalle COP per il clima (con la
logica della restituzione del debito ecologico)
7- rifinanziare Donne Pace Sicurezza in attuazione della risoluzione Onu n. 1325
8 – una legge per l’opzione fiscale (come da campagna SEI PER LA PACE SEI PER
MILLE, collegata all’obiezione alle spese militari per la difesa nonviolenta). In
generale bisognerebbe trovare il modo di sostenere tutte le obiezioni al “sistema di
guerra”, nel senso di venire incontro alle loro richieste di alternativa. Segnaliamo in
proposito tutta la problematica della finanza etica e della obiezione bancaria.
9- Abbiamo a suo tempo promosso, durante l’imperversare della pandemia da
Covid19, un appello on line dal titolo: NO ARSENALI SI OSPEDALI. 
(Si vada su: https://www.petizioni24.com/no_arsenali_si_ospedali)
Scrivevamo: “L’apparato militare-industriale-fossile-nucleare è la principale causa
delle minacce che incombono sull’umanità tutta: in primis il pericoloso intreccio tra
minaccia nucleare e minaccia climatica in sinergia con la disuguaglianza economica
e l’oppressione le cui vittime sono in crescita esponenziale a partire da donne,
bambini e i soggetti fragili. E’ necessario, allora, che le risorse pubbliche ad esso
destinate comincino a essere dirottate verso un serio “Green New Deal”, una
conversione ecologica dell’economia, uno stop all’accumulazione illimitata e un
focus sui bisogni umani e di salvaguardia dell’ambiente, realizzante la piena
occupazione; un ecosviluppo che vede tra i suoi pilastri anche una sanità pubblica
messa in grado di fronteggiare emergenze come quella terribile da coronavirus”…
10- Nella linea della valorizzazione dei beni comuni e pubblici, sottolineiamo infine
gli investimenti nella pubblica istruzione, indirizzati alle strutture scolastiche,
edifici, sicurezza, laboratori scientifici, non virtuali e digitali. L’obiettivo di
potenziare l’educazione civica e alla pace va perseguito nel contrasto alle attività
che permettono di pubblicizzare l’opzione militare nelle scuole.
Per concludere, ci permettiamo di richiamare l’attualità di quel “vecchio” appello del
2021, scritto durante una catastrofe sanitaria da cui riteniamo non si siano tratti i
giusti insegnamenti, in quanto siamo tornati a un “dopo-pandemia” con tutte le
fattezze del “prima” che ha contribuito a scatenarla.
“Noi, le promotrici e i promotori del presente appello, siamo tra quelli che vorremmo
un “dopo” (pandemia – ndr) di grande cambiamento in direzione positiva, in cui il
“prima” – il malsviluppo dell’accumulazione per il profitto e per la potenza che ci ha
condotto alla catastrofe – sia consapevolmente abbandonato.
Questo “dopo” dovrebbe incorporare i valori che, praticati “durante”, ci
permetteranno di superare nel miglior modo possibile questo difficile momento:
dopo anni di chiusure nazionalistiche, di razzismi, di odi e conflitti armati, un senso
di solidarietà tra le persone e tra i popoli; dopo l’attacco a tutto ciò che è statale e le
privatizzazioni selvagge, una rivalutazione della sfera pubblica e degli interventi
programmati da parte dello Stato; e soprattutto un inizio di consapevolezza della
dipendenza e fragilità umana rispetto alle forze della Natura, che deve tradursi in
comportamenti individuali e collettivi sobri e prudenti, di rispetto per tutta la
comunità dei viventi.
Potremmo ora, edotti dalla drammatica esperienza che stiamo affrontando,
finalmente percepire che tutti gli esseri umani, articolati nei vari popoli, sono una
unica famiglia che appartiene alla Madre Terra e che, come consigliava Martin
Luther King: “Dobbiamo imparare a vivere tutti insieme come fratelli, altrimenti
periremo tutti insieme come idioti”.
 

La petizione a suo tempo fu sostenuta da centinaia di firmatari, tra i quali
ricordiamo:
Primi firmatari/e: Alex Zanotelli  – Moni Ovadia -Luigi Mosca – Michele Carducci –
Vittorio Agnoletto – Guido Viale – Mimmo Lucano – Adelmo Cervi – Mario Agostinelli
Antonella Nappi – Sabina Santovetti – Tiziana Pesce – Ada Donno – Pola Natali
Cassola – Agnese Ginocchio – Daniela Padoan – Carolina Pozzo – Claudia Pinelli –
Isabella Horn – Francesca Cassarà
Cesidio Angelantoni – Moreno Biagioni – Maurizio Bucchi – Ennio Cabiddu –
Alessandro Capuzzo – Tiziano Cardosi – Tonino Drago – Cristian Facchetti –
Giuseppe Farinella – Cosimo Forleo – Renato Franchi – Francesco Lo Cascio –
Alessandro Marescotti – Pierangelo Monti – Renato Napoli – Giuseppe Natale – Enrico
Peyretti – Davide Ravaglia – Mimmo Rizzuti – Marino Severini – Oliviero Sorbini  –
 Luciano Zambelli
Coordinamento politico-organizzativo: Alfonso Navarra – Disarmisti Esigenti,
Buon lavoro e fateci sapere. Siamo comunque disponibili al dialogo.
In allegato un documento che esprime in modo più ampio, documentato e articolato
le idee e le proposte che abbiamo sopra esposte
Per contatti: Alfonso Navarra – coordinatore dei Disarmisti esigenti cell. 340-0736871
Email [email protected]
Ennio Cabiddu – Cosimo Forleo

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