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‘Funambolismi verbali a Dubai’, la versione critica educata su un accordo che finalmente nomina la fine dei combustibili fossili ma la fissa a decenni di distanza e tra mille vie di fuga. Mentre i petrolieri sono all’assalto ovunque, dall’Alaska alla Cina, dal Brasile al Canada. «Accordo storico» di presa in giro?

Un giorno dopo con decenni di ritardo

La Conferenza delle Parti sul clima di Dubai, con un giorno di ritardo così terminata, lasciando in eredità un documento che per la prima volta chiede esplicitamente la riduzione dei combustibili fossili fino al raggiungimento delle emissioni nette zero. Ma a data da destinarsi, su cui sicuramente gli straricchi petrolieri del mondo vorranno dire la loro. Un accordo che tutti gli osservatori definiscono «pieno di scappatoie», come sottolinea Lorenzo Tecleme sul Manifesto.

Global Stocktake

Ma cosa prevede il ‘Global Stocktake’, la spina dorsale della risoluzione finale? L’High Coalition Ambition, un gruppo sostanzialmente capitanato dai paesi europei, aveva scelto l’inserimento dell’espressione «phase-out», abbandono, come risultato minimo accettabile. Improponibile per i paesi Opec. La presidenza ha trovato un compromesso sulla locuzione «transitioning away», letteralmente «allontanarsi» dal fossile. Un virtuosismo semantico che lascia spazio a interpretazioni e per questo mette d’accordo tutti, petromonarchie comprese.

Tra semantica e sostanza

Sparisce dal documento la forzatura sfacciata usata dalla lobby del fossile per suggerire futuristici sistemi di cattura e stoccaggio della Co2, salvaguardando la produzione di energia sporca. Ma i sistemi di ‘cattura e stoccaggio’ ricompaiono tra le soluzioni poco sotto, assieme ai «combustibili di transizione» – linguaggioin codice per il gas -, all’idrogeno e al nucleare. Rimangono gli importanti obiettivi di triplicazione delle rinnovabili entro il 2030. Scompare invece la rapida chiusura del carbone

‘Transitare fuori dal fossile’

L’invito a «transitare al di fuori del fossile» – questa è la traduzione più letterale – dovrebbe concretizzarsi nel 2050 per chi ci sarà a scoprire le scuse dell’ennesimo rinvio. Niente date intermedie come il ‘picco di emissioni al 2025’. Potremo andare oltre, molto oltre.

Loss&damage

Un sistema di risarcimenti per i danni della crisi climatica nel sud globale, importantissimo ma per ora spaventosamente sottofinanziato. Alla Cop29 di Baku, in Azerbaijan (altro Paese petrolifero), si discuterà dell’aggiornamento degli obiettivi di finanza climatica.

Analisi amare

Per Greenpeace «non è il risultato storico che serviva, ma l’era dei combustibili fossili è al tramonto». Per il giornalista britannico Ed King, tra i più ascoltati nel mondo della Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, «è sicuramente una presa di posizione. Ma dobbiamo essere chiari. Non c’è nessun finanziamento di rilievo. Molti i riferimenti ai combustibili di transizione, ovvero il gas, e alla cattura della Co2. È un’accozzaglia».

Testo a ‘là carte’

La sensazione prevalente è quella di un testo ‘a là carte’, che mette insieme elementi avanzati con altri fortemente insufficienti- e rischia di lasciar libere le Parti di leggere solo ciò che preferiscono.

Opec a gamba tesa

L’inserimento di frasi sull’uscita dal fossile e gli interventi a gamba tesa dell’Opec – l’associazione produttori di petrolio- «mai così aggressiva durante una Conferenza per il clima», denuncia Tecleme, «sono comunque  il segno che la transizione è una possibilità concreta». Assieme, la valutazione realistica sui tempi. «Il vaghissimo esito – o, fuori dal negoziato, i progetti oil & gas che continuano a venire approvati – sono il segno che la risoluzione della crisi climatica è tutto fuorché a portata di mano».

Il commento più duro e più ottimista

Antònio Guterres. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha scritto su X: «Che vi piaccia o meno, l’abbandono dei combustibili fossili è inevitabile. Speriamo che non arrivi troppo tardi».

 

Sorgente: Cop28, adesso il petrolio ha i decenni contati. Il clima molti di meno –

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