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Gilberto Trombetta

Una dozzina di compagnie energetiche italiane (tra cui l’Enel) hanno venduto l’elettricità a prezzi molto più alti di quelli del mercato principale – anche del 600% – per aumentare i profitti. Lo hanno fatto vendendo elettricità in un mercato (quello del Servizio di Dispacciamento) dove il prezzo ha raggiunto anche i 480 euro per megawatt ora, 18 volte di più del mercato “principale” (quello cosiddetto del giorno prima). Lo riporta un’inchiesta di Bloomberg, “The big take – How Power Companies Profited From Italy’s Covid Lockdown”¹.

Va ricordato che anche il meccanismo dell’asta marginale del mercato del giorno prima (che si chiama così perché riguarda i consumi elettrici previsti per il giorno seguente) già contribuisce a tenere il PUN (prezzo unico nazionale) tendenzialmente alto visto che prevede che tutta l’energia elettrica venga pagata al prezzo massimo offerto dai produttori energetici che hanno partecipato all’asta.
Domenica 22 marzo 2020, il giorno dopo l’annuncio delle chiusure forzate decretate dal Governo Conte, l’impianto di Teverola della svizzera Repower AG – uno dei più importanti per la produzione elettrica della zona di Napoli e dintorni – non ha partecipato al mercato del giorno prima perché in pieno lockdown, con la domanda elettrica quindi bassa, anche i prezzi tendono a calare.
Ha partecipato invece al mercato del servizio di dispacciamento (a cui Terna ricorre per colmare il gap tra l’elettricità acquistata nel mercato del giorno prima in base ai consumi previsti e l’elettricità necessaria secondo i consumi, cioè la domanda, effettiva).
Teverola ha “offerto” l’elettricità mancante per soddisfare la domanda a 490 euro per megawatt ora, cioè 18 volte di più della media del prezzo del mercato del giorno prima. Così facendo, in un solo giorno, Repower ha incassato quasi 2 milion di euro invece di 100.000.

Pagati ovviamente dai cittadini.

I due giorni seguenti, con la stessa tecnica, gli incassi sono stati rispettivamente di 1,6 milioni e di 1,3 milioni.
Solo nel 2020, il ricorso al mercato del servizio di dispacciamento al posto del mercato del giorno prima, ha permesso alle aziende energetiche di incassare 1,2 miliardi. Vale a dire il 238% in più rispetto a quanto avrebbero incassato vendendo l’elettricità sul mercato principale.
Tra il 2018 e il 2022 grazie a questa tecnica (usata sempre di più a partire dal 2020), le compagnie energetiche hanno incassato 3,9 miliardi di extraprofitti rispetto a quanto avrebbero guadagnato vendendo elettricità sul mercato principale. Ovviamente a nostre spese.
Questa truffa legalizzata ai danni dei cittadini è possibile grazie alla privatizzazione del settore energetico e alla liberalizzazione del mercato dei prezzi. Entrambe cose che ci ha chiesto l’Unione Europea.

Tra il 1992 e il 1995, durante la svendita dell’IRI, l’ENI viene prima trasformata in una S.P.A. e poi privatizzata per il 70%. Stessa sorte è toccata all’ENEL che nel 1992 è stata trasformata in società per azioni e poi, nel 1999, in seguito alla liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica in Italia, privatizzata per il 75%.

La liberalizzazione totale del mercato domestico in Italia è l’ultimo atto di un processo che risale al 1996, quando è stato approvato il primo “Pacchetto energia” da parte della UE.
In Italia la liberalizzazione del mercato energetico (un monopolio naturale che dovrebbe invece essere interamente in mani pubbliche) è avvenuta attraverso il decreto Bersani del 1999 e il decreto Letta del 2000.

È nato così, tra le altre cose, il mercato del servizio di dispaccio che ha reso possibile quest’ennesima rapina alle famiglie e alle imprese italiane.

Fa particolarmente male che a questa truffa legalizzata per spennare i cittadini italiani abbia partecipato anche l’ENEL, una volta ente strettamente pubblico e ancora oggi controllata dal MEF (che detiene poco più del 23%).
Nel dicembre del 1959 Enrico Mattei, presidente dell’ENI, si incontrò con uno dei rappresentanti delle 7 sorelle, Arnold Holland della Shell, che gli propose di tenere alti i prezzi per aumentare i profitti.
Enrico Mattei gli rispose così «È proprio il contrario di quello che devo fare io, che sono l’esponente dell’azienda di stato. Io devo cercare di portare al consumatore tutto quello che è possibile. Sa una cosa? In Italia io credo che avete finito di fare una politica (energetica, NdR) vostra, perché da adesso in avanti la faremo noi».

Ovviamente, come se non bastassero i disastri causati dalla privatizzazione del settore energetico e dalla liberalizzazione del mercato dei prezzi, l’Unione Europea appoggiata dalla nostra classe politica di pavidi servi, ha aggiunto le sanzioni alla Russia (che era il nostro maggiore fornitore di materie prime energetiche) e la transizione (al) verde col folle mercato ETS, quello dei permessi per le quote di emissione della CO2.

[Fonti: un ringraziamento particolare va a Eric Packer che per primo ha parlato dell’inchiesta di Bloomberg

 

 

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