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Di recente, la Questura di Firenze ha fatto recapitare un messaggio al Partito dei Carc tramite Simone Pasquini. Il contenuto del messaggio (o meglio, della minaccia) era grosso modo il seguente: “Dì ai tuoi amici dei Carc che stiano calmi, la GKN ha già dimostrato che non è tempo per fare la rivoluzione, inoltre un loro giovane compagno è sotto processo e sarebbe un peccato sciupargli la fedina penale”.

Il riferimento è al nostro compagno Tommaso Bolognesi che, insieme ad altri compagni e attivisti, il 15 febbraio del 2022 è stato raggiunto da un decreto penale di condanna che prevede il pagamento di una multa di 1.200 euro a testa  per aver partecipato a una mobilitazione contro le disposizioni governative in materia di Green Pass (ricordiamo in particolare la sospensione dal lavoro, di fatto un licenziamento, di quanti rifiutavano di vaccinarsi).

Qual è l’obiettivo della minaccia della Questura? Spaventarci? Scoraggiarci? Far desistere i nostri compagni (in particolare i più giovani) dal proseguire la loro militanza? La risposta a queste domande è evidentemente retorica.  Intimidire allo scopo di far desistere le masse, in particolare i più giovani, dall’impegno politico e dalla partecipazione alla lotta di classe è l’obiettivo che la polizia politica persegue su mandato della classe di sfruttatori, parassiti e speculatori che difende.

Questa minaccia tramite messo della Questura di Firenze si aggiunge alle intimidazioni (identificazioni, tentati interrogatori sulla nostra attività politica) da parte di Digos, carabinieri e polizia contro i nostri compagni di Arezzo, Siena, Massa, ecc. durante i volantinaggi davanti alle aziende e scuole o in occasione di riunioni nelle sedi.

Le manovre della polizia politica, dunque, sono tanto evidenti quanto scontate (fanno parte delle violazioni dei diritti sanciti dalla Costituzione antifascista), ma non vanno accettate come “prassi” a cui sottostare, anzi, vanno denunciate chiaramente e combattute! Denunciare è il primo passo per ritorcere la repressione contro chi la promuove, per  rafforzare chi ne è colpito, per farne un alimento – e non ostacolo – alla mobilitazione e all’impegno politico. La repressione va combattuta con la mobilitazione dei lavoratori e delle masse popolari, promuovendo la massima solidarietà verso i compagni colpiti. Questa è il modo per rivoltare contro promotori, mandanti ed esecutori le operazioni di repressione verso il movimento di lotta dei lavoratori, verso il movimento comunista e gli oppositori del regime di miseria, devastazione e morte della classe dominante!

Invitiamo le organizzazioni politiche e sindacali, i collettivi di studenti e gli organismi popolari a non accettare come “normale” ma a denunciare ogni forma di intimidazione o sopruso poliziesco; a smascherare le manovre della polizia politica che servono a proteggere i veri criminali che sono al governo e a capo delle istituzione del Paese; a non accettare alcuna forma di collaborazione, anche in buona fede, alle sue manovre.

Fatta questa premessa, entriamo nel merito delle modalità con cui questo messaggio ci è stato recapitato.

Come già scritto, il messaggio ci è stato trasmesso da Simone Pasquini.

Pasquini è un ex militante del Movimento di Lotta per la Casa, da cui è uscito con un video messaggio che ha fatto circolare in rete qualche mese fa. In seguito, ha chiesto di entrare nella nostra organizzazione, richiesta che è stata respinta visti i rapporti ambigui che ci siamo resi conto intratteneva con la Questura, confermati dall’episodio che stiamo denunciando e aggravati dal fatto che Pasquini considera normale avere questo tipo di rapporti (“così fan tutti” ci ha detto).

Nei fatti, Pasquini si è reso strumento della polizia politica per recapitare minacce al nostro partito, il che conferma l’esistenza di un rapporto “confidenziale” con la Questura. Questo basta ad additarlo come soggetto sul libro paga della polizia? Evidentemente no, ma basta a considerarlo un soggetto che intrattiene relazioni continuative e ambigue con la polizia; basta per trattare un problema serio che riguarda il modo in cui i comunisti e le avanguardie di lotta si devono relazionare con la polizia.

Pasquini, infatti, alla nostra critica circa il suo rapporto “confidenziale” con la Questura ha ribattuto che, in questa fase di debolezza del movimento, avere a che fare con la controparte è una necessità, in particolare per chi fa lotte di tipo rivendicativo come la lotta per la casa. Ma un conto sono le relazioni che singoli e organismi, che fanno politica o attività sindacale e rivendicativa, hanno con la polizia quando si tratta di questioni come la richiesta di permessi per un presidio, di percorsi per una manifestazione o di trattative per rimandare uno sfratto o uno sgombero. Cosa ben diversa è relazionarsi con la polizia ponendosi come interlocutori affidabili (tanto affidabili da consegnare messaggi da dispensare ad altre organizzazioni politiche!) o peggio ancora come informatori– magari contando di avere scorciatoie, agevolazioni o stralci rispetto a procedimenti giudiziari – e alimentando in questo modo la sottomissione delle masse popolari alla classe dominante e ai suoi agenti. Cavarsela individualmente grazie alla benevolenza della classe dominante e dei suoi agenti  oppure far leva sulla forza dei lavoratori organizzati e coalizzati, subire le pretese dei padroni perché “c’è la crisi”, perché “altrimenti si rischia il posto di lavoro”, perché “ho da pensare alla famiglia” o ribellarsi: è il dilemma con cui, in un modo o nell’altro, fanno i conti tutti i lavoratori. Su questo soffiano sindacalisti complici, politicanti borghesi e polizia politica. E non a caso. Per vincere la guerra in corso, che è guerra tra i lavoratori e il resto delle masse popolari da una parte e i capitalisti, le loro autorità e il loro clero dall’altra, e le singole battaglie di cui si compone, un ingrediente indispensabile è la fiducia dei lavoratori in se stessi e nella vittoria, cioè nella loro capacità di costruire un nuovo sistema di relazioni sociali che sia contemporaneamente corrispondente alle esigenze delle masse popolari, democratico, ecocompatibile, adeguato alle forze produttive materiali e intellettuali oggi esistenti, corrispondente ai sentimenti e alle concezioni più avanzate.

C’è sempre una linea netta di demarcazione per chi vuole fare gli interessi delle masse popolari e ancora di più per chi vuole fare una politica rivoluzionaria: non c’è interesse personale al di sopra di quelli delle masse popolari, non è possibile (e tollerabile) cercare di cavarsela individualmente a scapito degli interessi delle masse popolari! O si fanno gli interessi delle masse popolari oppure quelli della classe dominante, non c’è una terza via!

La questione riguarda quindi la posizione da assumere verso la polizia politica. La polizia politica è un corpo selezionato di funzionari dello Stato che ha l’obiettivo di tutelare il dominio della borghesia e di prevenire e reprimere l’organizzazione e la mobilitazione di lavoratori, donne, giovani e immigrati delle masse popolari. È chiaro che i funzionari della polizia politica quando provano a relazionarsi con noi e con le masse popolari fanno di tutto per far credere che si tratta di colloqui tra persone civili, tra cittadini, che fanno solo il loro mestiere. Ma questo atteggiamento è funzionale ai loro scopi: carpire informazioni, dissuadere, contenere e reprimere la nostra iniziativa. Con questa posizione riusciamo anche a usare le crepe nel campo nemico, a metterne uno contro l’altro, a fare leva sulla evidente contraddizione della classe dominante che deve arruolare elementi delle masse popolari per reprimere le masse popolari.

Tornando a Pasquini riteniamo il suo atteggiamento profondamente sbagliato e dato che è stato vicino alla nostra organizzazione per qualche mese (avendo fatto richiesta di diventarne membro) è doveroso, da parte nostra, rendere pubbliche le conclusioni a cui siamo arrivati. Farlo, infatti, è una questione di vigilanza rivoluzionaria non solo a nostra tutela (preservarci da infiltrazioni), ma anche a tutela della nostra classe e di solidarietà nei confronti delle masse popolari e delle sue organizzazioni.

Federazione Toscana del Partito dei CARC

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