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I magistrati progressisti: “Norme contro i diritti umani”. Italia condannata anche dal Consiglio di Stato olandese

GIUSEPPE SALVAGGIULO

Da un lato il decreto Cutro, che il Parlamento converte in legge, con la stretta sulla protezione speciale per i profughi. Dall’altro un decreto interministeriale che amplia la lista dei Paesi considerati «sicuri», rendendo più difficile la concessione dello status di rifugiato per chi proviene da lì. Così si compie la stretta del governo sul fronte interno dell’immigrazione. «Norme disordinate e incongrue», denunciano i magistrati del gruppo immigrazione della corrente progressista Area, in un documento analitico che segue di pochi giorni due sentenze del Consiglio di Stato olandese che nega il rimpatrio in Italia dei richiedenti asilo per «violazione dei diritti umani».

Il documento dei magistrati si intitola «Non chiamiamolo decreto Cutro» e analizza la risposta del governo alla tragedia del 25 febbraio (94 morti, di cui 36 bambini il bilancio non definitivo). La critica spazia dalla mancata protezione dei migranti dal rischio naufragio «all’irragionevole attacco alle Ong». Fino alle «gravi criticità» della stretta sulla protezione speciale, «con cui il governo colpisce anche i superstiti dei naufragi»: divieto di rinnovo anche per le persone vulnerabili, in contrasto con la Costituzione; divieto di conversione in permesso di lavoro, anche per chi lavora da tempo in Italia con contratto a tempo indeterminato; limitazione dei permessi per cure mediche; limitazione del permesso per calamità a condizioni contingenti e temporanee dell’evento.

Ma c’è un altro aspetto, meno visibile ma ugualmente importante. Il 17 marzo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale un decreto che amplia il catalogo dei «Paesi sicuri». I cittadini di questi Paesi hanno più difficoltà a ottenere una protezione umanitaria in Italia. L’inserimento nella lista comporta due conseguenze: le commissioni territoriali del ministero dell’Interno, che decidono sulle richieste di asilo, devono tenerne conto, e possono derogare alla lista solo con motivazioni specifiche e rafforzate; la procedura è accelerata, e il provvedimento di rimpatrio immediatamente esecutivo, anche se il profugo fa ricorso al tribunale.

Tra i Paesi che il governo Meloni considera «sicuri» c’è ora anche la Nigeria, «da cui proviene il maggior numero di donne soggette a tratta a fini dello sfruttamento sessuale – scrivono i magistrati di Area – e che viene considerato insicuro, per la presenza di conflitti armati che generano violenza indiscriminata, addirittura nella Linee guida della Agenzia europea dell’asilo». Un documento che le commissioni territoriali e i giudici sono chiamati dal diritto europeo ad applicare.

Oltre alla Nigeria, sono stati inseriti come «sicuri» Costa d’Avorio, Gambia, Georgia. Anche la Tunisia, nonostante la grave crisi politica, sociale e umanitaria che ha provocato un boom di partenze, è nella lista.

Che cosa succederà adesso? Lo scenario più prevedibile ricalca quello del 2018, dopo l’emanazione del decreto Salvini. Quindi pressione sulle questure e sulle commissioni territoriali nel senso di una «indebita restrizione», con aumento del rigetto delle richieste di asilo. I decreti Salvini fecero scendere la media di accoglimento da 45-50% al 30%. Conseguenza ulteriore è l’aumento dei ricorsi al tribunale dei profughi che si vedono respinta l’istanza. E aumento dell’accoglimento di quei ricorsi da parte dei giudici, che applicano Costituzione e convenzioni internazionali anche quando il diritto interno va in direzione divergente. I tribunali distrettuali specializzati in immigrazione stanno solo ora smaltendo «l’imponente revisione delle decisioni amministrative» generate nel 2019 dal decreto Salvini, e si contano tassi di accoglimento alti dei ricorsi, con punte del 90%.

Risultato: aggravio di contenzioso giudiziario, allungamento dei tempi, prolungamento del periodo di incertezza e precarietà dei richiedenti asilo, maggiore disagio sociale. Altro che «abbattimento dell’arretrato promesso dall’Italia all’Europa con il Pnrr». Senza che «l’obiettivo dichiarato del governo di un severo restringimento della possibilità di riconoscere il diritto di asilo sarà raggiunto».

Un giudizio negativo sulla situazione italiana è arrivato dal Consiglio di Stato dei Paesi Bassi, che ha vietato il rimpatrio di richiedenti asilo perché «le autorità italiane non sono in grado di fornire loro accoglienza e c’è il rischio reale che i loro bisogni di base – riparo, cibo e acqua corrente – non vengano soddisfatti, il che costituisce una violazione dei diritti umani.

La sentenza nasce dal ricorso di un nigeriano arrivato in Italia, dove aveva chiesto per tre volte asilo politico. Poi si era spostato in Olanda, dove era stato fermato con l’ordine di tornare in Italia, secondo le regole europee del Regolamento di Dublino. C’è però un’eccezione, se uno Stato membro dell’Ue non rispetta la Carta dei diritti umani. È il caso dell’Italia: «dal dicembre 2022 le autorità italiane hanno indicato in diverse occasioni che il trasferimento dei richiedenti asilo dovrebbe essere temporaneamente sospeso a causa della mancanza di strutture di accoglienza in Italia. Non è chiaro quando questi problemi saranno risolti e i trasferimenti potranno essere ripresi».

La conclusione dei giudici olandesi è che il nigeriano, tornando in Italia, sarebbe privato «dei suoi bisogni di base». Dunque ha bloccato il rimpatrio.

Sorgente: Il documento choc del Viminale: “Nigeria e Tunisia sono Paesi sicuri” – La Stampa

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