L’avvertimento è stato lanciato da Tom Friedman con un editoriale sul New York Times, focalizzato sul fatto che Kamala Harris finora non ha dato una grande impressione, e questo deve necessariamente cambiare
Paolo Mastrolilli
NEW YORK — La vulgata generalmente accettata è che gli americani non votano mai alle presidenziali tenendo a mente il vice. Stavolta no, però. L’età di Biden (81), ma anche quella del probabile avversario Trump, garantiscono che il prossimo capo della Casa Bianca sarà il più vecchio mai entrato in carica nella storia del paese. Perciò diventa essenziale tenere un occhio su chi potrebbe prendere il loro posto se, Dio non volesse, gli capitasse qualcosa.
L’avvertimento è stato lanciato da Tom Friedman con un editoriale sul New York Times, focalizzato sul fatto che Kamala Harris finora non ha dato una grande impressione, e questo deve necessariamente cambiare se i democratici vogliono evitare di restituire la guida dell’America all’ex presidente che aveva quanto meno giustificato l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Il discorso però vale anche per Trump, che in caso di vittoria tornerebbe nello Studio Ovale alla non tenera età di 78 anni.
I motivi per cui gli Usa sono diventati una gerontocrazia sono temi di riflessione per sociologi, politologi, filosofi e medici. Nel frattempo però è cominciata la campagna presidenziale e la risposta non arriverà in tempo. Quindi è indispensabile trovare una soluzione intermedia e temporanea.
Harris era stata scelta come vice da Biden perché lo completava nel rapporto con alcuni gruppi di elettori decisivi, come donne e minoranze, ma tutti sapevano che veniva da una corsa disastrosa nelle primarie. La sua campagna presidenziale non era mai decollata, per dubbi legati al messaggio politico, ma anche seri problemi organizzativi e di leadership. Del resto Kamala nella vita aveva fatto la procuratrice, e non è detto che tutti sappiano fare tutto. Però la vittoria in coppia con Biden aveva comunque acceso entusiasmi e speranze, perché era la prima donna e prima rappresentante delle minoranze razziali a diventare numero due del paese. Siccome Joe aveva un’età già nel 2020, non mancava chi supponeva che sarebbe stato un presidente di transizione, che avrebbe aperto la strada alle nuove generazioni, lasciando il posto a Kamala dopo un solo mandato.
All’inizio Harris aveva ricevuto dossier importanti, tipo l’immigrazione, ma i risultati avevano deluso. Così poco alla volta è scivolata nell’ombra, finendo soprattutto a guidare le delegazioni ai funerali dove Biden non voleva andare. Sulle questioni dominanti del mandato, come lotta al Covid, ripresa economica con gli investimenti per ricostruire l’America, inflazione, guerra in Ucraina e sfida geopolitica lanciata dalle autocrazie guidate dalla Cina, non è pervenuta. Nel suo stesso staff c’erano tensioni, emerse con varie dimissioni. Questo vuoto operativo è stato invece riempito dai dubbi sulle sue posizioni politiche, che secondo i critici la posizionano troppo a sinistra per battere Trump, o qualsiasi altro candidato del Gop.
Friedman sottolinea tutto questo, ma aggiunge che deve cambiare, se Biden vuole vincere in maniera convincente per disinnescare le minacce alla sopravvivenza della democrazia americana. Anche perché Donald capisce questo tallone d’Achille dell’avversario, e magari sceglierà come vice un’altra donna, più solida, come Nikki Haley. Perciò il presidente dovrà spiegare perché Harris è la persona migliore per prendere il suo posto, ad esempio dandogli incarichi importanti come la gestione della transizione verso l’intelligenza artificiale, e Kamala dovrà mostrarsi più efficace e sicura per cambiare la percezione. Altrimenti il futuro degli Usa sarà a rischio.
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