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28 March 2024
0 12 minuti 1 anno

Più che i numeri, sono le immagini, per prime, a raccontare: l’acqua del Po vista dal satellite Copernicus sembra farsi largo a fatica tra i sabbioni, il greto dei grandi fiumi riemerge sempre più ampio, l’isola dei Conigli, sul lago di Garda, ancora raggiungibile a piedi dalla terraferma, le barche in secca tra i canali di Venezia. E poi, i dati di questa siccità che nel Nord Italia sembra una brutta replica in anticipo della primavera 2022, nella sintesi che in questi giorni ha tracciato l’Anbi, l’associazione dei consorzi irrigui, chiedendo al Governo un tavolo nazionale: «La portata del Po continua inesorabilmente a decrescere aggiungendo i rilievi di Boretto, e tra poco Mantova, ai record storici negativi già registrati a Piacenza e Cremona».
In Piemonte, dove le riserve di neve sono inferiori al 50% rispetto alla media storica (in Lombardia il dato è del 54%), già sette comuni tra Valsesia, Biellese e Novarese hanno dovuto rifornire i propri acquedotti con le autobotti, mentre una settantina di amministrazioni sono già in preallarme, rispolverano le ordinanze che invitano a ridurre i consumi. «La crisi idrica sta iniziando a pregiudicare anche l’uso potabile in un sostanziale disinteresse collettivo» attacca Massimo Gargano, direttore generale dell’Anbi, rilanciando il Piano Laghetti per la realizzazione di nuovi invasi, «abbiamo pronti già 223 progetti per aumentare la resilienza dei territori». Perché in questa morsa non c’è solo il Nord Italia, dove preoccupa anche il livello dei laghi, dal Garda al Maggiore, ma anche Toscana e Marche sono in sofferenza per l’assenza di piogge. E non basteranno quelle, lievi, previste da mercoledì dopo giorni di caldo anomalo, sottolineano le associazioni degli agricoltori in allarme: al Nord «l’anno scorso è caduto il 40% delle precipitazioni in meno e la temperatura a gennaio è 1.41 gradi sopra la media» dice Coldiretti che ribadisce la necessità di un piano invasi. Preoccupano le fioriture in anticipo, preoccupano le semine e il riso «con una previsione delle coltivazioni di 8 mila ettari in meno», una situazione «peggiore dello scorso anno: con il Po secco rischia un terzo del made in Italy a tavola».

Il Po torna a livelli di guardia: “A rischio la stagione irrigua” (di Filippo Fiorini)
Il Centro Meteo dell’Emilia-Romagna riporta precipitazioni sopra la media durante lo scorso gennaio, ma i satelliti dallo spazio mostrano il Po in secca come se fosse estate, i droni fanno lo stesso col Trebbia e chi ha camminato sulle rive dei laghi artificiali di Molato e Mignano, ha potuto vedere il muraglione delle due dighe da entrambi i lati, perché agli invasi principali del piacentino mancano complessivamente 4 milioni di metri cubi d’acqua, rispetto alla quota di sicurezza.
Se il 2022 si era creduto terribile per le poche piogge e i fiumi prosciugati, quest’anno si annuncia peggiore. In anticipo sulla stagione arida, la carenza d’acqua non solo intacca già l’agricoltura (per ora, principalmente il pomodoro), ma anche la distribuzione domestica. E il segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale del Po , Alessandro Bratti, esprime «preoccupazione per la prossima stagione irrigua».

ROBERTO BRANCOLINI 

 

Con Piacenza in testa alla classifica dei più colpiti, anche le altre province emiliane toccate dal Po sono in affanno e ritardano le semine. In regione, i dati di portata delle stazioni sul principale corso d’acqua del Paese sono ancora tutti entro la soglia di guardia, ma in alcuni casi, come a Boretto nel Reggiano, già tre metri sotto lo zero idrometrico. Sulle Alpi (le cui nevi provvedono al 60% dell’alimentazione del Grande Fiume), è nevicato la metà della media. Sugli Appennini, i fiocchi nella seconda metà dell’inverno sono stati abbondanti, ma il caldo sta già sciogliendo tutto da un paio di settimane.
La primavera si annuncia piovosa, ma secondo il Cnr perché bastasse dovrebbe diluviare almeno per un mese e mezzo. Agli interventi strutturali, la riduzione degli sprechi idrici e il coordinamento istituzionale, si aggiungono proposte per sfruttare meglio le falde di profondità e introdurre colture più resistenti. Tutti provvedimenti indispensabili, ma difficilmente attuabili nei tempi brevi che richiede la situazione.

L’agonia dei laghi lombardi, manca la metà dell’acqua (di Monica Serra)
Oramai dal giugno scorso, centinaia di turisti e visitatori raggiungono l’Isola dei Conigli a piedi, percorrendo una passerella riemersa a causa della grande sete del lago di Garda. E quest’immagine è diventata l’icona della siccità che ha colpito anche tutti gli altri laghi lombardi. E che, secondo i dati aggiornati al 2 febbraio da Arpa Lombardia, è arrivata a quota -51, 6 per cento di acqua.

 

Nel Garda, il livello da giugno a oggi non ha mai superato i 50 centimetri sopra lo zero idrometrico. Ieri si è fermato a 44, 7 centimetri. «Il 19 febbraio del 2022 eravamo a 105 centimetri, e lo stesso giorno del 2021 a 125», fa notare il vice presidente della Comunità del Garda, Filippo Gavazzoni. Aggiungendo che, però, il livello era identico nel febbraio del 2002, esattamente 21 anni fa, «e a maggio di quell’anno siamo arrivati a 110 centimetri». Certo «l’unica speranza» è che ricominci a piovere e a nevicare ad alta quota, «per creare scorte idriche a lento rilascio che ci permettano una maggiore tranquillità. Nel frattempo – conclude Gavazzoni – puntiamo a risparmiare ogni singola goccia». Negli altri laghi lombardi, la situazione è simile, se non peggiore. Secondo le rilevazioni che gli Enti regolatori dei grandi laghi pubblicano ogni giorno su laghi.net, ieri l’Iseo ha raggiunto -9 e il lago di Como i -6,3 centimetri sotto lo zero idrometrico. Tanto che, la settimana scorsa, l’allarme è stato lanciato dall’assessore a Enti locali, montagna e piccoli Comuni di regione Lombardia, Massimo Sertori: «È necessario che tutti i soggetti coinvolti nella gestione dell’acqua si coordinino allo scopo di trattenere tutta l’acqua possibile in vista della stagione irrigua». Quello più a rischio, infatti, è il comparto agroalimentare. «Ho chiesto ai gestori degli invasi idroelettrici operanti in Lombardia (A2A, Enel ed Edison) e agli Enti regolatori dei laghi di adottare da subito ogni misura finalizzata all’accumulo di risorsa e alla massima riduzione delle erogazioni. Confido sul senso di responsabilità di tutti – conclude Sertori – se manca l’acqua in Lombardia, mancherà in tutto il distretto padano».

Bassa marea record a Venezia, vanno in crisi anche i trasporti (di Monica Serra)
Proprio nella settimana del carnevale, con oltre 100 mila turisti che hanno raggiunto Venezia, tanti dei suoi canali sono rimasti a secco, con le gondole incagliate nella fanghiglia e i pontili dell’Azienda del trasporto pubblico abbassati sotto il livello della riva o delle fondamenta.

(ansa)

 

Ieri il livello dell’acqua ha raggiunto il picco, con –66 centimetri rispetto allo zero mareografico di Punta della Salute. «La bassa marea è un fenomeno che si concentra spesso in questo periodo dell’anno, tra gennaio e febbraio (nel 70 per cento dei casi) ma negli ultimi 16 anni non si è mai prolungato come questa volta», spiega Alvise Papa, responsabile del Centro maree del Comune di Venezia. Che però precisa: «La nostra bassa marea nulla ha a che vedere con la siccità che colpisce laghi e fiumi. È, invece, causata dall’anticiclone stazionario con l’alta pressione, che evita l’ingresso delle perturbazioni nel Mediterraneo, impedendo le precipitazioni e amplificando la bassa marea». Certo vedere i canali prosciugati fa impressione, «ma la situazione dovrebbe migliorare già mercoledì. E secondo le previsioni, con l’arrivo della pioggia il fenomeno si potrebbe capovolgere, generando l’alta marea».
La situazione crea molti disagi, non solo per via dei tanti turisti. Anche il trasporto dei rifornimenti dei supermercati avviene su imbarcazioni che si muovono lungo i canali. E che ora, aggiunge Papa, «sono costrette a navigare in fasce orarie differenti». Per non parlare delle idroambulanze, obbligate a effettuare spesso percorsi più lunghi per raggiungere i pazienti. Come ha dichiarato nei giorni scorsi Paolo Rossi, il primario del Servizio urgenza emergenza medica, «la situazione ambientale rende ancora più complessa la gestione dei soccorsi in laguna, soprattutto nella città storica. I nostri operatori sono spesso costretti a fermare i mezzi a distanza e a proseguire a piedi, in molti casi con un paziente da trasportare a braccia. Garantiamo ogni soccorso, ma lo facciamo con un carico di difficoltà superiore».

Le riserve sono al minimo, soffrono i vigneti delle Langhe (di Roberto Fiori)
Tra le zone che stanno soffrendo di più una siccità tanto prolungata, e probabilmente neppure mai vista, ci sono le Langhe, con i loro vigneti, che ora sperano nelle piogge di fine mese e inizio marzo.
«La perturbazione che arriva dalla Spagna provocata dalla discesa fredda dal Polo potrebbe inviare sul Nord Ovest piogge prima sparse e poi più organizzate» spiega lo studioso di clima, Fulvio Romano. È però di pochi giorni fa il grido d’allarme lanciato dai produttori: «Se continua così in autunno avremo ben poco da vendemmiare», aveva detto Tino Colla, vignaiolo di lunga esperienza alla guida dei Poderi di famiglia, durante un incontro con altri rappresentanti della categoria organizzato dall’associazione Strada del Barolo. E in questo periodo di potatura delle viti c’è chi sottolinea l’impressionante secchezza e durezza della legna, mentre le riserve idriche sono al minimo perché pioggia e neve sono arrivate con il contagocce. L’estate scorsa, nonostante caldo e siccità, le vigne sono state generose, offrendo «un’ottima annata e vini altrettanto promettenti», dicono dal Consorzio di tutela del Barolo, Barberesco, Alba Langhe Dogliani.

 

Quest’anno, anche se le vigne ora sono al minimo della loro attività vegetativa, quasi nessuno pensa però che si possa ripetere il “miracolo” della scorsa stagione. Semmai il contrario, soprattutto per i vigneti che erano già in una situazione di sofferenza. E il futuro non sembra essere migliore, con il surriscaldamento globale che avanza. Quindi come «risolvere» il problema? Da Cia Cuneo la proposta: «Se c’è la possibilità di realizzare un accumulo delle acque piovane senza danneggiare l’ecosistema, va sondata. La Regione Piemonte potrebbe farsi promotrice di qualche studio, coinvolgendo gli esperti migliori e valutando i pro e i contro».

Sorgente: Siccità Italia, il Nord è in crisi idrica: fiumi in secca e laghi ai minimi – La Stampa

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