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L’istituzione di Washington taglia le previsioni del Pil globale a 2,7% per il prossimo anno. Meno 0,2% per l’Italia. Preoccupano guerra, inflazione e restringimento della politica monetaria da parte delle banche centrali. In aumento anche i timori per la stabilità finanziaria

La recessione non è più uno scenario irrealistico. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) mette nero su bianco i timori che aleggiavano sull’economia globale dal 24 febbraio, giorno dell’invasione russa in Ucraina, a oggi. L’istituzione di Washington, impegnata in questi giorni negli Annual Meetings, taglia le prospettive di crescita mondiale di due decimali rispetto a luglio, portando la variazione del Pil globale a +2,7% per il 2023. Ma, per voce del capo economista Pierre-Olivier Gourinchas, avverte che «il peggio deve ancora arrivare». Intanto, aumentano i timori per la stabilità finanziaria, alla luce dell’elevato stress presente sui mercati finanziari e alla normalizzazione della politica monetaria da parte delle banche centrali.
«Un terzo dell’economia mondiale probabilmente si contrarrà quest’anno o il prossimo in un contesto di flessione dei salari reali e di aumento dei prezzi». Le parole di Gourinchas confermano che il quadro macroeconomico è in netto deterioramento, come evidenziato dal World economic outlook (Weo). «L’economia globale continua ad affrontare sfide difficili, segnate dall’invasione russa dell’Ucraina, da una crisi del costo della vita causata da pressioni inflazionistiche persistenti e crescenti e dal rallentamento in Cina», avverte il Fmi. Pertanto, le previsioni di espansione del Pil su base globale per l’anno in corso sono invariate, a quota +3,2%, ma le proiezioni per il prossimo anno vengono tagliate dello 0,2% a +2,7 percento. In peggioramento le prospettive per la Germania e per l’Italia, la cui economia si contrarrà dello 0,2% il prossimo anno, con possibili revisioni al ribasso delle prospettive. Molto dipenderà dall’evoluzione della guerra in Ucraina e dal grado di indipendenza energetica che Roma avrà.

Quello che è certo, per il Fmi, è che lo scenario è a tinte fosche. «Il rallentamento del 2023 sarà generalizzato, con i Paesi che rappresentano circa un terzo dell’economia globale pronti a contrarsi quest’anno o il prossimo. Le tre maggiori economie – gli Stati Uniti, la Cina e l’area dell’euro – continueranno a rimanere in stallo», avvisa il Fmi. Nel complesso, rimarca Gourinchas, «gli shock di quest’anno riapriranno ferite economiche che sono state solo parzialmente rimarginate dopo la pandemia». Insomma, avverte, «il peggio deve ancora venire e, per molte persone, il 2023 sembrerà una recessione».
L’invasione russa dell’Ucraina «continua a destabilizzare fortemente l’economia globale». Al di là «della crescente e insensata distruzione di vite e mezzi di sussistenza, ha portato a una grave crisi energetica in Europa che sta aumentando drasticamente il costo della vita e ostacolando l’attività economica». I prezzi del gas in Europa sono più che quadruplicati dal 2021, nota il Fmi, con la Russia che ha ridotto le consegne a meno del 20% rispetto ai livelli del 2021, aumentando le prospettive di carenza di energia nel prossimo inverno e oltre. Più in generale, «il conflitto ha anche spinto al rialzo i prezzi dei generi alimentari sui mercati mondiali, nonostante il recente allentamento dopo l’accordo sui cereali del Mar Nero, causando gravi difficoltà alle famiglie a basso reddito in tutto il mondo, e soprattutto nei paesi a basso reddito».

Preoccupano ancora i prezzi. Le persistenti e crescenti pressioni inflazionistiche «hanno innescato un rapido e sincronizzato inasprimento delle condizioni monetarie, insieme a un forte apprezzamento del dollaro statunitense rispetto alla maggior parte delle altre valute». Euro compreso, ai minimi storici contro il biglietto verde. Lo scenario non è di facile lettura. «Condizioni monetarie e finanziarie globali più restrittive si faranno strada nell’economia, appesantendo la domanda e contribuendo a soggiogare gradualmente l’inflazione», fa notare il Fmi. Finora, tuttavia, «le pressioni sui prezzi si stanno rivelando piuttosto ostinate e rappresentano una delle principali fonti di preoccupazione per i responsabili politici». Di qui, le stime: «Prevediamo che l’inflazione globale raggiungerà il picco alla fine del 2022, ma rimarrà elevata più a lungo del previsto, scendendo al 4,1% entro il 2024». Dunque, ben lontano dal target del tasso prossimo al 2% fissato da Banca centrale europea (Bce) e Federal Reserve.

I rischi al ribasso per le prospettive rimangono elevati, evidenzia l’istituzione guidata da Kristalina Georgieva, mentre i compromessi politici per affrontare la crisi del costo della vita «sono diventati estremamente difficili». Il rischio di un’errata calibrazione della politica monetaria, fiscale o finanziaria «è aumentato notevolmente in un momento in cui l’economia mondiale rimane storicamente fragile ei mercati finanziari mostrano segni di stress». Il piano sui si muovono gli agenti economici e politici, dunque, è assai inclinato. Le crescenti pressioni sui prezzi restano «la minaccia più immediata alla prosperità attuale e futura», comprimendo i salari reali e minando la stabilità macroeconomica. Perentorio è anche il monito verso le banche centrali in un momento in cui stanno inasprendo la politica monetaria con velocità elevata. Ci sono rischi, secondo il Fmi, che il processo di restringimento sia condotto in modo eccessivo o insufficiente allo stesso tempo. Nel primo caso, la recessione sarebbe profonda. Nel secondo, si rafforzerebbe ulteriormente il processo inflazionistico, la credibilità delle banche centrali verrebbe meno e le aspettative di inflazione sarebbe disancorate dalle aspettative. In altre parole, i prezzi andrebbero fuori controllo. Il problema, secondo il Fmi, potrebbe essere la mancanza di coordinazione tra istituzioni monetarie. E i costi politici di errori come questi non sarebbero simmetrici. In sostanza, alcune aree economiche potrebbero patire molto più delle altre. Un chiaro messaggio verso la Federal Reserve di Jerome Powell, che dopo i tre rialzi consecutivi da 75 punti base è chiamata a fornire risposte anche all’altro lato dell’Oceano Atlantico.

Elevato è anche il timore che lo stress sui mercati finanziari possa tramutarsi in situazioni difficili da gestire. Come fu per Lehman Brothers nel settembre 2008. A far notare quanto sia precaria lo scenario è l’aggiornamento del Global financial stability report (Gfsr). «I rischi per la stabilità finanziaria globale sono aumentati rispetto all’aprile 2022 e il bilanciamento dei rischi è notevolmente sbilanciato al ribasso», viene evidenziato. Fenomeno noto anche alla Bce, che attraverso lo European systemic risk board (Esrb) ha emesso il primo “General warning” sul tema poco giorni fa. Occhi puntati sul sistema finanziario, senza dimenticare le possibili esternalità negative sull’economia reale.

Sorgente: Il Fmi ribassa le stime di crescita: “Il peggio deve ancora arrivare”. Ecco perché aumentano i rischi di una recessione globale – La Stampa

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