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Banchieri e manager aspettano il discorso della leader di Fratelli d’Italia: «Ma in questo momento non bisogna spaccare i bilanci»

Francesco Spini – 03 Settembre 2022 alle 01:00

INVIATO A CERNOBBIO (CO). «Qui a Cernobbio nessuno dice la verità», scherza un navigato banchiere ed ex ministro come Domenico Siniscalco. Avvertimento opportuno, quando si tenta di capire per chi voterà questa volta la platea di imprenditori e finanzieri che, nelle eleganti grisaglie, come ogni anno affolla l’elegante sala di Villa d’Este per il Forum Ambrosetti. «Che domanda – chiosa nella hall dell’albergone del jet set un osservatore ovviamente anonimo –: qui tutti votano chi vince, come sempre».

E la scommessa è facile, di questi tempi. Anche al Forum guardano alla destra di Giorgia Meloni – la leader più attesa domani, quando il palco sarà tutto per i leader politici – il cui spauracchio non sembra avere presa su questo lussuoso happening a bordo lago, dove i lavori presentano una curiosa contraddizione: da un lato ci sono gli economisti che raccontano un futuro di sciagure, dall’altro gli imprenditori che sciorinano fatturati in crescita. Miracoli dell’inflazione.

I primi a non dire chi votano sono i banchieri. «Le banche non votano», taglia corto Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo. E quindi, aggiunge, «non esprimono giudizi». Quelli più severi, qui a Cernobbio, sono tutti sottotraccia. I problemi però ci sono e sono tanti: gas, inflazione al galoppo, conti pubblici. Una che con molti governi ha avuto a che fare come l’ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, oggi alla guida del gruppo siderurgico di famiglia ammette: «La situazione è complicata, siamo entrati in una fase nuova. L’impressione è che strutturalmente abbiamo davanti anni più incerti e complicati. Abbiamo bisogno di un governo che capisca qual è la situazione reale, che tenga ben conto del fatto che siamo un Paese ad alto debito e oggi non è più come un anno fa che fare debito era bello, non c’è più debito buono. Oggi bisogna fare le politiche giuste senza spaccare il bilancio, che è una cosa difficilissima». E chissà se con tutte le promesse di campagna elettorale non ci siano tentazioni di forzare i conti. «Oggi in campagna elettorale è così, ma poi chiunque vinca, centrodestra inclusa, non lo potrà fare». La Meloni è presentabile? «Sta lavorando molto, ha un rapporto con gli Usa interessante, parla con gli investitori, mi pare che la volontà di dimostrare che è una persona che capisce la complessità ci sia, poi si vedrà».

La preoccupazione vera, aggiunge Matteo Tiraboschi, presidente esecutivo del gruppo Brembo, «è l’instabilità. Cioè di arrivare il 25 settembre con grande sacrificio, visto che avevamo un leader forte come Draghi, e dal 26-27 settembre trovarsi con un Parlamento che fa fatica a trovare un nuovo leader o a esprimere una coalizione di governo forte. Il rischio è che facciano accrocchi per formare un governo claudicante in un momento del genere, quando invece serve una leadership forte». Precisa che «non è questione di destra o sinistra», ma di «chi lo va a rappresentare». E se questo leader dovesse essere Giorgia Meloni, a parole, nessuno sembra dolersene più di tanto. Difficile trovare chi teme un futuro isolamento italiano. «Ma no – commenta per esempio Walter Ruffinoni, ad di Ntt Data Italia –, direi che Meloni si sta un po’ riposizionando con messaggi di stabilità e integrazione forte con l’Europa». L’importante, aggiunge «è che qualsiasi governo continui a spingere sul Pnrr, un’opportunità unica nella nostra storia».

Qualcuno vede da destra maggiori garanzie. Per esempio Rosario Rasizza, ad di Openjobmetis, agenzia per il lavoro: «Per il nostro settore ci sono buone speranze che un governo di centrodestra possa comprendere meglio cosa facciamo: ricordo che la legge che ci riguarda fu approvata da un governo di centrosinistra ma modificata da un governo di centrodestra, la Legge Biagi». Se la Meloni è presentabile «lo diranno i fatti. Diamo fiducia anche a lei, però si metta a parlare con le associazioni di categoria, con chi fa impresa, perché lei di impresa non ne ha mai fatta». E c’è poi chi è completamente disinteressato al governo che verrà. È il caso di Paolo Rotelli, presidente del gruppo ospedaliero San Donato. «Il mercato sanitario – afferma – si autogestisce: se uno restringe il Servizio sanitario nazionale la gente si assicura. Qualunque sia il governo, qualcuno i malati li deve curare e noi lo facciamo molto bene».

Sorgente: Cernobbio è pronta a votare Meloni: “L’inflazione fa più paura della destra” – La Stampa

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