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Blitz del Tesoro: via il tetto agli stipendi di Chigi & C.

(DI CARLO DI FOGGIA – ilfattoquotidiano.it) – Palazzo Chigi finge di cadere dal pero e parla di “forte disappunto” per un gesto frutto di “dinamiche squisitamente parlamentari”; i partiti prendono le distanze (il Pd promette un ravvedimento). La realtà però è che ieri, con l’avallo di tutti, è arrivato un bel regalo di fine legislatura per i vertici delle forze armate, della polizia e dei ministeri. A confezionarlo è stato il ministero dell’Economia che con un blitz ha di fatto consentito l’eliminazione del tetto dei 240 mila euro per i vertici delle forze armate, della polizia e dei ministeri, compreso Palazzo Chigi.

La misura è stata inserita con un emendamento “riformulato” al dl Aiuti bis in Senato e approvato ieri. In sostanza prevede la possibilità di superare il tetto con un “trattamento economico accessorio” per una serie di figure apicali della Pubblica amministrazione. La deroga è valida per il Capo della polizia, il Comandante generale dell’Arma dei carabinieri, il Comandante generale della Guardia di finanza, il Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il Capo di stato maggiore della difesa, i Capi di stato maggiore di Forza armata, il Comandante del comando operativo di vertice interforze, il Comandante Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, i Capi Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri, i Capi Dipartimento dei ministeri, il Segretario generale della presidenza del Consiglio dei ministri, i Segretari generali dei ministeri.

Come si intuisce dall’elenco, il mandante del blitz è chiaro: i papaveri ministeriali – con il Tesoro a fare da palo – hanno visto nel braccio di ferro tra governo e partiti sul dl Aiuti l’occasione giusta. La possibilità è stata fornita da un emendamento depositato dal senatore Marco Perosino di Forza Italia. Il testo originario prevedeva la deroga al tetto sugli stipendi solo per le forze di polizia, carabinieri e amministrazione penitenziaria. Poi però è successo qualcosa. Il ministero dell’Economia lo ha inserito tra gli emendamenti da “riformulare” e nella riformulazione sono state inserite tutte le altre figure ministeriali.

La mossa mette Mario Draghi in imbarazzo. Ieri ha fatto filtrare una nota per prendere le distanze e accusare i partiti. La realtà però è che la decisione è stata avallata dal Tesoro e a beneficiarne sono anche alti dirigenti della Presidenza del Consiglio. Delle due l’una: o lo staff di Draghi è stato colto di sorpresa, o l’unico a non saperne nulla era il premier in persona, a cui non è rimasto che far filtrare l’irritazione con il ministero guidato da Daniele Franco per non averlo informato. In serata gli uffici del ministro fanno sapere di aver dato solo un contributo tecnico sulle coperture a un emendamento parlamentare, emendamento che però non si trova. Resta l’immagine non proprio edificante di un blitz arrivato in un decreto che affronta i rincari delle bollette.

La decisione è stata avallata da tutti i partiti. I 5Stelle si sono astenuti (come Fdi e Lega), ma in via riservata ammettono che era il prezzo da pagare per il via libera alle norme sul Superbonus. Stesso discorso vale per le altre forze politiche che hanno ottenuto qualcosa. “Non è chiaro cosa sia successo al mio emendamento – spiega Perosino al Fatto – ha fatto il giro dei ministeri e poi è arrivata la riformulazione nelle commissioni riunite…”. A votare a favore sono stati Pd, FI e Italia Viva. “Non avevamo alternativa a votarlo per evitare che saltasse tutto”, spiega Renzi. I dem almeno promettono di far saltare la norma nel nuovo decreto Aiuti.

Se non accadrà, il tetto dei 240 mila euro tramonterà definitivamente. È stato introdotto nel 2011 dal governo Monti con il “decreto Salva Italia” per mostrare che anche la classe dirigente dava il buon esempio. A fissarlo a 240 mila euro è stato però il governo Renzi nel 2014. Si applica a tutta la PA e alle società statali non quotate o che non emettono strumenti quotati, con l’eccezione degli organi costituzionali. Già con la scorsa legge di Bilancio era arrivata la prima picconata che ha permesso di aggiornare il limite allineandolo agli aumenti previsti nei rinnovi dei contratti nazionali del pubblico impiego. Stavolta invece la deroga è molto più rilevante e di fatto permette di non fissare un tetto ex ante per la crème dei dirigenti dei ministeri.

Sorgente: Il delitto (quasi) perfetto dei boiardi di stato – infosannio – notizie online

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