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La giornata dell’1 maggio del 1947 viene segnata da una strage che macchia di sangue Portella della Ginestra.

[Foto in evidenza: Giuseppe Consoli- Portella della Ginestra (1951)]

La vicenda

La giornata dell’1 maggio del 1947 viene segnata da una strage che macchia di sangue Portella della Ginestra – località nell’entroterra della provincia di Palermo, tra Piana degli Albanesi e San Giuseppe Jato.
Secondo le stime ufficiali, tra le vittime si contano 11 morti e 27 feriti.

I contadini dei paesi limitrofi si riunivano tradizionalmente presso Portella della Ginestra per celebrare la Festa dei lavoratori; in questa occasione, il medico e dirigente contadino Nicola Barbato, era solito tenere un comizio utilizzando un podio naturale che successivamente prese il nome di “sasso di Barbato”.
Quel giorno, Giacomo Li Causi, esponente di spicco del Partito Comunista italiano e storico avversario dei boss, avrebbe dovuto tenere il suo discorso. Tuttavia, secondo le ricostruzioni ufficiali, essendo impegnato altrove, venne sostituito dal Segretario della Sezione Socialista di San Giuseppe Jato, Giacomo Schirò.

La folla, composta da famiglie (uomini, donne, bambini, anziani) e dai militanti dei partiti di sinistra riuniti nel Blocco del Popolo, era giunta per festeggiare la fine della guerra, il ripristino della Festa dopo gli anni del fascismo e la vittoria dello stesso Blocco Popolare alle elezioni regionali tenutesi il 20 aprile dello stesso anno.

I civili, convinti che si trattasse di mortaretti a festa, vennero crivellati a colpi di mitragliatore dagli uomini del bandito Giuliano, non percependo si trattasse di un’esecuzione armata.

Contesto storica e dinamiche socio-politiche 

In Sicilia. Il Secondo conflitto bellico aveva messo in ginocchio la Sicilia, aggravando ulteriormente le condizioni di povertà in cui versava la popolazione, offrendo terreno fertile al dilagare del banditismo e contribuendo ad accentrare la ricchezza nelle mani di mafiosi e latifondisti.

Interessati a mantenere la propria egemonia sui fondi e sul territorio, mafia e Signoria fondiaria rappresentavano, di fatto, due realtà ora convergenti, ora commistionate.

La mafia, sopravvissuta al ventennio fascista, sfruttava, manipolava e tollerava il banditismo “minore” piegandolo ai propri interessi, in cambio di «(…) rispetto della sua antica immagine di onorata società e la sua funzione di arcaico strumento di “ordine” e di “regolazione” sociale» (http://win.storiain.net/arret/num198/artic7.asp).

Le elezioni regionali del 1947 – malgrado un massiccio orientamento monarchico dei siciliani emerso durante il referendum del ’46 – videro una netta vittoria della sinistra social-comunista (Blocco del Popolo al 29,13%) sulla DC (scesa al 20,52%), sui monarchici e sui separatisti. I partiti vincitori auspicavano a liberare la Sicilia dagli abusi signorili e mafiosi, oltre che dalle tendenze indipendentiste e separatiste fortemente presenti tra i siciliani; sostenendo il consolidamento di un’Italia unita e democratica.

All’interno di questo quadro, va annoverato l’impatto – almeno formale – dei Decreti Gullo del 1944, i quali prevedevano l’abolizione del sistema latifondista tramite l’espropriazione dei terreni incolti e la loro redistribuzione ai contadini, purché  organizzati in cooperative (c.d. “cooperative rosse”).

Tuttavia, l’attuazione di tali Decreti incontrò nel contesto siciliano forti resistenze, tanto da innescare manifestazioni popolari, occupazioni di terre e lotte sindacali.

Come controrisposta, la Chiesa e la Dc, legate agli interessi dei latifondisti, supportarono la nascita delle c.d. “cooperative bianche” le quali, tramite facili espedienti, avrebbero successivamente riacquistato il controllo sulle terre espropriabili per effetto di legge.

Il livello nazionale e internazionale. Agli albori della Guerra Fredda, il timore di un’eccessiva avanzata delle sinistre aveva comportato un avvicinamento tra il polo nazionale e quello internazionale, inaugurando una convergenza di intenti tra le forze e le ideologie politiche statunitensi ed italiane: nel gennaio del ’47, De Gasperi riceveva da Truman un assegno per la ricostruzione dell’Italia in cambio di una serrata lotta al “pericolo rosso” che rischiava di sottrarre la penisola all’influenza del contrapposto blocco capitalista.

Va inoltre sottolineato come il connubio del ’47 tra Italia e USA fosse espressione non solo di un’unione tra poteri costituiti (quello italiano e quello americano), ma più risalente, sotto forma di unione non istituzionalizzata tra potere costituito (USA) ed organismi antistatali di stampo mafioso: difatti, in occasione della liberazione dell’Italia dal nazifascismo, gli Alleati avevano ricevuto il sostegno dei mafiosi per sbarcare in Sicilia.

Le “forze rosse” erano inoltre osteggiate dalla Chiesa cattolica. Quest’ultima, già spogliata – a seguito dell’unificazione d’Italia – di buona parte dei propri possedimenti, temeva inoltre di perdere le proprie influenze ideologiche e politiche. È sotto il pontificato di Pio XII che, nel 1949, si giungerà alla scomunica dei socialisti e dei comunisti.

 

Dal film “Salvatore Giuliano” di F. Rosi (1962)

L’opportunità della strage

Al netto dello scenario politico-sociale appena delineato e dell’impatto delle rivendicazioni contadine sulle grandi proprietà, l’espediente stragista appariva il più conveniente a ristabilire lo status quo funzionale al mantenimento degli equilibri voluti da mafia e politica.

Il coinvolgimento della banda di Salvatore Giuliano rappresentò la componente ineliminabile di tale equazione, specie al fine di garantirsi un capro espiatorio nonché di ridimensionare la portata della vicenda, declassandola ad episodio di “semplice” brigantaggio piuttosto che qualificarla come “strage di Stato”.

Il ruolo del bandito Giuliano

Il successo elettorale del Blocco del Popolo aveva sottratto voti al Movimento indipendentista, di cui lo stesso Giuliano guidò la falange armata.

Lo spazio politico e militare occupato dalle istanze separatiste cede di fronte ad elementi quali la concessione dell’autonomia speciale alla Sicilia: difatti, nel periodo tra marzo ed aprile del 1946, il movimento separatista scioglie il suo braccio armato e depone le armi sulle proprie pretese indipendentiste in cambio del formale riconoscimento a partito legale.

Sulla base di tale intesa, il governo Togliatti concesse l’amnistia ai soli capi separatisti, ma non anche a Giuliano e alla sua banda, a causa dei delitti da loro perpetrati in passato in danno alle autorità statali.

A partire da quel momento, si interrompono i rapporti tra il movimento separatista e Giuliano, il quale finisce, così, per avvicinarsi all’orbita del terrorismo agrario mafioso.

Per comprendere la misura dello spirito separatista di Giuliano, proverbiale appare l’episodio dell’invio di una lettera, indirizzata al Presidente Harry Truman, contenente richieste di supporto – materiale e logistico – per coronare gli intenti indipendentisti e proporre l’annessione della Sicilia agli Stati Uniti.

Bisogna certamente tenere conto del fatto che sulle dinamiche e gli obiettivi della strage di Portella della Ginestra sono, ad oggi, reperibili innumerevoli versioni e varianti.
A tal riguardo, sembra che il plotone di esecuzione non fosse composto dai soli uomini di Giuliano (il cui numero di partecipanti, in base alle testimonianze raccolte, varierebbe da 11 a 30 circa), ma anche da un gruppo di tiratori scelti guidati da Salvatore Ferreri (componente della banda) e diversi mafiosi.
Alcune ricostruzioni riportano che l’intento della retata, peraltro, fosse soltanto intimidatorio e che il reale obiettivo dell’azione fosse esclusivamente l’omicidio di Li Causi, il quale – per l’appunto – non fu presente alla manifestazione.

Ancora, sembra che la squadriglia guidata da Giuliano avesse in realtà solo sparato a vuoto senza colpire i partecipanti, e che invece i colpi mortali fossero opera del gruppo di tiratori scelti non facenti parte della banda e inviati sul posto da mandanti ignoti.

La polizia – probabilmente implicata nei fatti – avrebbe condotto indagini inaccurate, senza effettuare dei reali esami balistici sui bossoli ritrovati sulla scena del delitto; sembra tuttavia che sulla base di alcune perizie effettuate sui corpi dei  superstiti, tra le armi utilizzate per compiere la strage vi fossero anche delle bombe-petardo di fabbricazione americana.

Dopo la strage di Portella della Ginestra, si consumarono altre stragi ad opera della banda di Giuliano contro i sindacalisti e le sedi dei partiti di sinistra, mettendo in atto una strategia della tensione volta a spaventare, disorganizzare ed eventualmente provocare una reazione violenta che mettesse in cattiva luce il “blocco rosso”.

Foto di Salvatore Giuliano

I mandanti

Il procedimento relativo alle vicende di Portella della Ginestra, tenutosi a Viterbo nel 1950, condusse all’individuazione dell’identità degli esecutori materiali della strage (i componenti della banda Giuliano e lo stesso Giuliano – già deceduto ai tempi della celebrazione del processo), ma non anche dei mandanti.

A seguito delle dichiarazioni rilasciate in sede dibattimentale da Gaspare Pisciotta, braccio destro di Giuliano, vengono individuati i nomi di alcuni vertici monarchici e della Dc: tali dichiarazioni, tuttavia, si rivelarono immediatamente di incerta attendibilità e connotate da forti contraddizioni. In particolare, i sospetti cadrebbero sui deputati monarchici Gianfranco Alliata di Montereale, Tommaso Leone Marchesano, Giacomo Cusumano Geloso e i democristiani Bernardo Mattarella e Mario Scelba, i quali incontrarono Giuliano e gli ordinarono di sparare sulla folla in cambio dell’amnistia.

Tali nomi non troveranno alcun accertamento in sede processuale e rimarranno mere congetture sugli articoli della stampa nazionale e nelle audizioni tenutesi presso la Commissione parlamentare antimafia istituita nel 1963.

Si dice, inoltre, che Leone Marchesano (esponente monarchico) avesse sì, dato il mandato di sparare a Portella, ma solo ed esclusivamente a scopo intimidatorio.

Sin dal principio, venne offerta una narrazione frettolosa e semplicistica della strage. Lo stesso allora ministro dell’Interno, Mario Scelba, affermò che quanto accaduto doveva imputarsi all’“arretratezza feudale della Sicilia”, nonché ad una antropologica “inclinazione alla delinquenza della Sicilia e dei siciliani”. In questo modo si cercò di circoscrivere i fatti alla sola questione sociale-agraria, rifiutando di riconoscere alla vicenda qualsiasi movente politico. Il processo di Viterbo e la sentenza della Corte d’Appello di Roma avvallarono e confermarono la tesi secondo cui non si trattò affatto di una strage politica, ma di matrice banditistica e senza connessione alcuna con la politica regionale e nazionale.

Ancora, sulla relazione approvata all’unanimità dalla Commissione antimafia nel marzo del 1970 si legge: «(…) Attribuire la responsabilità diretta o morale a questo o a quel partito, a questa o quella personalità politica non è assolutamente possibile allo stato degli atti e dopo un’indagine lunga e approfondita come quella condotta dalla Commissione. Le personalità monarchiche e democristiane chiamate in causa direttamente dai banditi risultano estranee ai fatti». (http://memoria.san.beniculturali.it/c/document_library/get_file?uuid=de2fa01f-3358-49f4-8a55-5756ee341c7c&groupId=11601)

Di certo, le dinamiche e gli scambi di influenze tra i vari livelli di potere hanno reso ostico l’accertamento delle responsabilità implicate nelle vicende anche se, in definitiva, la pista più accreditata è quella che individua una matrice neofascista a livello nazionale e internazionale.

Il Film “Segreti di Stato” del regista Paolo Benvenuti (2003), ha infine fornito una versione inedita e lineare sugli intrighi di Portella, tirando in ballo la complicità dei servizi segreti americani, il Vaticano, la X MAS di Junio Valerio Borghese e numerosi esponenti della Dc.

Federica Siena, Giulia Pisciotta, Ilenia Ciotta

Fonti

http://memoria.san.beniculturali.it/c/document_library/get_file?uuid=de2fa01f-3358-49f4-8a55-5756ee341c7c&groupId=11601

https://www.noceraterinese.it/index.php/storia/la-conquista-delle-terre/302-il-decreto-gullo

http://www.cosavostra.it/cosavostra/primo-maggio-1947-la-strage-di-portella-della-ginestra/

http://win.storiain.net/arret/num198/artic7.asp

https://www.officinadellastoria.eu/it/2012/07/11/la-strage-di-portella-della-ginestra-e-il-processo-di-viterbopolitica-memoria-uso-pubblico-della-storia-1947-2012/

https://www.noceraterinese.it/index.php/storia/la-conquista-delle-terre/302-il-decreto-gullo

https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/254-focus/35109-strage-di-portella-ecco-i-mandanti.html

https://www.lastampa.it/cultura/2017/04/30/news/dopo-settant-anni-rimane-ancora-senza-mandanti-la-strage-di-portella-della-ginestra-1.34626939

https://it.wikipedia.org/wiki/Salvatore_Giuliano

http://anpigrugliasco.it/2020/05/01/1-maggio-1947-portella-della-ginestra-la-prima-strage-di-stato/

Sorgente: Portella della Ginestra: Strage di Mafia e di Stato. – Trapani per il Futuro

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