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Sergio Rastrelli, Marco Nonno e Giovanni Bellerè nel ristorante «Oscar», tra foto di Mussolini e targhe con riferimenti al ventennio. Bellerè: «Nessun intento nostalgico, solo goliardia. Il vino del Duce? Ho bevuto Chianti»

di Claudio Mazzone

Nel weekend scorso, mentre Giorgia Meloni, dalla sala futuristica MiCo della fiera di Milano, dove era in corso la conferenza programmatica di Fratelli d’Italia, provava in tutti i modi a recidere i legami con la “nostalgia” del ventennio, alcune foto, che stanno facendo il giro del web, hanno messo in imbarazzo il suo partito, rispolverando il legame “goliardico” con il fascismo.

Il ristorante con le effigi fasciste

Una delle sere della Convention, infatti, alcuni dirigenti napoletani di Fratelli d’Italia sono stati ospitati a cena in un ristorante famoso più che per la cucina spartana, per i suoi particolari addobbi. Nelle foto postate su Facebook da Alfonso Gifuni, del direttivo napoletano di FdI, si vedono i commensali, tra i quali Sergio Rastrelli, coordinatore partenopeo del partito di Meloni, Marco Nonno, consigliere regionale campano eletto con Fdi e di recente sospeso per effetto della legge Severino e l’avvocato Giovanni Bellerè, ex consigliere provinciale di Napoli, seduti con alle spalle effigi fasciste, foto del Duce e targhe con motti che rievocano il ventennio. Il ristorante Oscar, come il suo proprietario da cui ha preso il nome, sono molto conosciuti a Milano e sul web spopolano le foto del locale con riferimenti al fascismo, dalle magliette «Boia chi molla», alle targhe con su scritto «l’Italia agli italiani». Sulla pagina facebook del ristorante si leggono post come: «Contro questo virus? Vincere! E vinceremo!».

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Milano, dirigenti campani di Fratelli d’Italia a cena tra le effigie del Duce

Bellerè: «Non c’è nulla di nostalgico»

«Innanzitutto eravamo ospiti di un imprenditore e un avvocato penalista molto noti in città, quindi il posto non lo abbiamo scelto noi – dice l’avvocato Giovanni Bellerè – Poi il ristorante Oscar di “nostalgico”, come dicono molti, non ha proprio nulla. È uno dei locali più noti di Milano e, tra l’altro, si mangia benissimo». «C’erano dei riferimenti al fascismo e a Mussolini – conferma Bellerè – ma erano cose goliardiche. Non capisco perché fissarsi su quelle. Ci sono anche le foto di Che Guevara, immagini del Partito Comunista, di Elton John, di Alberto Sordi, di Elvis, di vari pugili e del proprietario che è innanzitutto un ex paracadutista di 80 anni. Oscar è una macchietta, è quasi offensivo nei confronti del fascismo. L’anziano signore che lo ha fondato ricorda più un comico alla Giorgio Bracardi che un fascista».

Rastrelli: eravamo ospiti

Anche il coordinatore di Fratelli d’Italia di Napoli, Sergio Rastrelli, ha dichiarato di essere stato «ospite di un imprenditore milanese. Le immagini di Mussolini alle pareti non le ho viste – precisa e poi ironizza – al prossimo invito a cene chiederò al ristoratore il certificato di antifascismo militante. E comunque dove vado quando termino di avere un ruolo e una responsabilità riguarda soltanto me». Alfonso Gifuni ha invece detto di aver pubblicato le foto in buona fede, perché «in quel locale ci va a mangiare tantissima gente, anche personaggi famosi».

Nel ristorante anche la foto di Che Guevara

Le foto di Che Guevara, di Sordi e degli altri ci sono davvero sulle pareti del ristorante Oscar. Ma la confusione politica viene risolta dal titolare e dalle sue simpatie, tutt’altro che velate, per il Duce e anche nel menù i riferimenti al fascismo son chiari. Il vino «nero di Predappio» con il volto di Benito Mussolini stampato sull’etichetta, ad esempio, è pubblicizzato anche nelle recensioni di TripAdvisor ed è un must del locale. «Il vino di mussolini? – dice stupito Ballerè – Ma io manco l’ho visto. Guardi ho bevuto un ottimo Chianti. Continuare con questa narrazione assurda della nostalgia è una follia. Il ristorante è frequentato da personaggi del calibro di Feltri, Liguori, Giorgio Armani, dai calciatori di Inter e Milan e della squadra di pallacanestro di Milano. Basterebbe questo per smentire il racconto della “nostalgia”. Pensi che ora il locale è gestito dalle figlie di Oscar che sono, così rompiamo ogni narrazione nostalgica, extracomunitarie, perché sua moglie è tunisina. Quindi di che parliamo è tutto assurdo. C’è qualcuno che si diverte a fare segnalazioni e far girare le foto».

Sorgente: Corriere del Mezzogiorno

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