BRUXELLES — «Sono pronta a trattare». Davanti allo stop impresso da Socialisti, Liberali e Verdi alla nascita della nuova Commissione europea sbilanciata a destra, Ursula von der Leyen ha improvvisamente cambiato rotta. Dal “prendere o lasciare” dei giorni scorsi è passata al «pronta a trattare».
Ha così rinviato alla prossima settimana a Strasburgo la presentazione della squadra fissata per oggi. Ha bisogno di tempo per rimettere in ordine il quadro. E non poteva che essere così perché la linea concordata tra Pse, Renew e Greens non le offriva margini di operatività: se confermasse le aperture all’Ecr e in particolare alla vicepresidenza esecutiva per Raffaele Fitto, loro avrebbero votato contro. In bilico, infatti, c’è proprio l’incarico per il ministro italiano.
Lo scontro infatti ruota quasi tutto intorno a lui che indubbiamente è l’unico esponente di Fratelli d’Italia apprezzato a Bruxelles. Ma la linea seguita dai partiti che compongono la “maggioranza Ursula”, ad eccezione del Ppe, ha a che fare con un fattore politico esistenziale: un vicepresidente esecutivo di destra significa modificare la coalizione e soprattutto equivale a consegnare alla presidente della Commissione e ai Popolari la possibilità di scegliere di volta in volta con chi fare l’alleanza. Un moderno “doppio forno”. Per socialisti, liberali e verdi vuol dire perdere capacità negoziale e di influenza sulle dinamiche europee. Non lo possono accettare. Un ragionamento che riguarda in subordine anche la distribuzione degli incarichi. I quattro commissari socialisti, secondo lo schema iniziale immaginato da palazzo Berlaymont rischiavano di avere portafogli minori. Perfino la transizione ecologica per la spagnola Ribeira appariva in bilico.
Per questo è scattato l’aut-aut di Pse, Renew e Greens. Per S&D (il gruppo socialista) è fondamentale «rafforzare il processo dello Spitzenkandidat, garantire l’equilibrio di genere e un’equa distribuzione delle posizioni di vicepresidente esecutivo che rifletta la maggioranza del Parlamento europeo». E avvertono: «Se queste aspettative non saranno soddisfatte, sarà molto difficile, se non impossibile, sostenere i commissari presentati da Ursula von der Leyen». Secondo la capogruppo Iratxe Garcia Perez, è inaccettabile «portare proattivamente l’Ecrnel cuore della Commissione. Esiste una maggioranza pro-europea con un accordo pro-europeo. Deve essere messa in pratica ora».
Non è diversa la posizione di Renew: «I Trattati — si legge in una nota — affermano che i Commissari dovrebbero dimostrare un impegno europeo. Chiederemo loro di confermare di credere fermamente nell’ulteriore integrazione dell’Ue come progetto politico».
L’unico elemento di distinzione riguarda il Pd. Che non intende per il momento condurre una battaglia contro l’italiano Fitto. «Noi però — spiega il capogruppo Nicola Zingaretti — chiediamo coerenza con un programma politico votato non dieci anni fa ma novanta giorni fa nelle aule del Parlamento. Con un impianto europeista». E a suo giudizio, Fitto «può garantire questa coerenza». Ma dentro S&D almeno il 70 per cento dei parlamentari la pensa all’opposto. Anche perché sono pochi i socialisti legati da un vincolo di governo nei rispettivi Paesi e quindi si sentono liberi di votare secondo coscienza e senza disciplina di partito.
Una situazione che improvvisamente è apparsa chiara anche a Von der Leyen che da ieri ha iniziato a cambiare atteggiamento e ad accettare la trattativa con gli alleati. Nella consapevolezza che, seppure ammaccati, i governi di Francia e Germania non gradiscono il piglio di Ursula. Macron e Scholz non si sono esposti in questi giorni ma hanno mandato avanti i loro partiti di riferimento. E anche nel Ppe emergono dubbi, in primo luogo nella delegazione polacca.
La presidente della Commissione valuta quindi di ritirare la vicepresidenza per Fitto ricalibrando la composizione della Commissione. Oltre all’esame cui il Parlamento Ue sottoporrà tutti i candidati — qualcuno sarà bocciato — c’è il rischio di un voto negativo sull’intero collegio. Sarebbe senza precedenti. Von der Leyen anche in quel caso potrebbe rimanere presidente, ma sarebbe una sconfitta epocale.
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