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Il documento redatto dopo la misteriosa visita all’hacker D’Elia della deputata Cunial e dell’avvocato Moriggia nel penitenziario di Salerno. Il giallo dei due americani

di Concita Sannino

NAPOLI – Entrarono nel carcere di Salerno e, durante la visita durata circa due ore, puntarono specificamente a quel detenuto e a quella cella. Provando a parlare “a bassa voce” col l’hacker recluso Arturo D’Elia, il ‘pirata’ che negli ultimi scomposti giorni della presidenza Trump era finito nel mirino degli americani che sostenevano la tesi della frode elettorale Italygate. Quella delegazione sapeva dunque bene dove andare, una volta varcata la soglia della Casa Circondariale ‘Antonio Caputo’ di Fuorni, Salerno: ‘Stanza 01, secondo piano, Reparti detentivi maschili, detenuti di media sicurezza’.

 

Ora spunta una sintetica ma emblematica relazione, datata 20 gennaio 2021, e firmata dall’allora capo della polizia penitenziaria della struttura, sulla strana missione filo-americana ricostruita da Repubblica. A bussare alle porte del penitenziario furono ufficialmente, confermano i primi atti, la deputata Sara Cunial ed un suo accompagnatore, l’avvocato Nino Filippo Moriggia. Sui fatti, la ministra della Giustizia Marta Cartabia, attraverso il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Dino Petralia, ha già chiesto “immediati chiarimenti”. 

Chi c’era con la parlamentare ex 5S e con quel legale che, precedentemente, si era presentato come amico degli americani, chiedendo un incontro proprio all’avvocato dell’hacker? D’Elia, il super esperto informatico (condannato a 3 anni e 4 mesi, lo scorso luglio, per il suo cyber attacco alle quasi cento postazioni di Leonardo Spa), poi scarcerato dalla scorsa estate, e il suo avvocato Nicola Naponiello, hanno denunciato al nostro giornale che durante quella visita nel carcere si fossero materializzati anche degli addetti Usa. Nella relazione non si fa riferimento a cittadini stranieri. Ma il comandante degli operatori penitenziari riferisce che D’Elia – a visita ancora in corso – aveva chiesto e ottenuto “l’autorizzazione” a chiamare con urgenza il proprio legale, riferendogli che “delle persone erano entrate nella sua stanza”.

Dagli atti che ha potuto visionare Repubblica emerge dunque che, una volta verificatasi l’anomalia di quel tentativo maldestro di ‘interrogatorio’ – col detenuto che si spaventa e richiama l’attenzione delle divise – il comandante della penitenziaria G. L. di Salerno (poi trasferito per altri motivi da quella struttura) scrisse alla direttrice del penitenziario, Rita Romano, meno di 24 ore dopo, per lasciare traccia di quanto accaduto.

Il comandante ricostruisce brevemente, mettendo agli atti che una volta entrati, “l’onorevole ed il suo collaboratore venivano resi edotti del fatto nel corso dei colloqui con i detenuti non avrebbero potuto fare alcun riferimento specifico ai fatti processuali”. Invece, la visita va esattamente al contrario.

 

Dopo aver elencato i vari reparti in cui i due si sono fermati, il responsabile della penitenziaria annota: “La visita si soffermava in varie stanze del Secondo piano, e in particolare la stanza 01 dove, tra gli altri, era ubicato il detenuto Arturo D’Elia”. In tale circostanza (…) il collaboratore della deputata, Moriggia, cercava di scambiare alcune parole a bassa voce con il detenuto D’Elia, ma a quel punto veniva immediatamente richiamato dallo scrivente a non parlare a bassa voce e soprattutto a non parlare di aspetti processuali”. D’Elia aveva specificato, invece, nell’intervista a Repubblica di aver lui chiesto l’aiuto della penitenziaria per essere sganciato dalle domande dello sconosciuto visitatore. Il comandante continua, rivolto alla direttrice: “Con la visita ancora in corso, la Signoria Vostra veniva avvisata dal centralino che l’avvocato di fiducia del D’Elia chiedeva urgentemente di parlarle in quanto era stato avvertito dal suo assistito, tramite telefonata autorizzata, che alcune persone erano entrate nella sua stanza”. L’indomani, prosegue la relazione,  lo stesso “legale, Nicola Naponiello, si presentava in istituto chiedendo spiegazioni su quanto riferitogli dal D’Elia”. 

Due paginette appena, un frammento di Italygate ancora da decifrare. Soprattutto per rispondere a poche, semplici domande. Che cosa avvenne in un carcere italiano, nei giorni della incontrollata rabbia trumpista sulla sconfitta delle presidenziali Usa: tanto da spingere un detenuto a contattare con urgenza il proprio legale? Chi c’era e a che titolo in compagnia di una deputata italiana, che da quattro giorni, insieme col suo accompagnatore, sfugge alle domande di Repubblica? E perché.

Sorgente: Italygate, verbale del comandante della polizia penitenziaria Salerno sulle visite all’hacker – la Repubblica

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