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Secondo una ricerca Uk le teorie No Vax circolano già tra i banchi delle scuole elementari. La prof: “Il complotto è sempre qualcosa che attira, parliamo di attualità a scuola”

by Silvia Renda

Il complottismo e l’estremismo circolano già tra i banchi delle scuole elementari. A segnalarlo è uno studio compiuto in Inghilterra, con la collaborazione di 96 insegnanti del paese: già nelle classi dei più piccoli si sedimentano teorie infondate sull’attualità, dal microchip nei vaccini, a pensieri razzisti contro gli islamici. La causa si riscontra anche nell’incapacità della scuola di dare ai bambini le giuste chiavi di lettura per riconoscere le fake news incontrate sui social. Il report – condotto dall’UCL’s Institute of Education e commissionato da Kamal Hanif, esperto di prevenzione dell’estremismo violento nelle scuole – accusa le classi inglesi di adottare un approccio all’insegnamento “che si basa sull’uso di copioni prestampati, non considera l’attualità, fallendo nel far fronte alla disinformazione e all’odio che trovano su internet”.

Uno studio simile non è stato condotto in Italia, ma secondo la la professoressa Anna Oliverio Ferraris – per decenni docente di Psicologia dello sviluppo all’Università di Roma “Sapienza” – è facile immaginare che anche qui possa riscontrarsi una tendenza simile. “Anche noi abbiamo i no vax. Queste informazioni circolano, e non solo sul web”, dice la professoressa ad Huffpost, “Un tempo c’era mancanza di informazione, ora un eccesso, spesso con contraddizioni intrinseche. Non c’è ordine, non è comprensibile cosa sia giusto e cosa sbagliato. Gli insegnanti hanno un compito in più rispetto al passato”. La pandemia ha provato anche i nervi dei bambini, privati di spazi di gioco e condivisione. E’ aumentata l’aggressività e le teorie estremiste che circolano sui social trovano terreno fertile anche nelle menti dei più piccoli: “Il complotto è sempre qualcosa che attira, avere un cattivo da combattere fa quasi parte di un gioco. La scuola purtroppo in questo momento non c’è, in genere dovrebbe essere il luogo dove si usa la razionalità”.

I ricercatori inglesi hanno scoperto che, sebbene gli estremisti rimangano rari, più della metà degli insegnanti aveva sentito gli alunni esprimere opinioni di estrema destra nelle loro classi, mentre circa tre quarti avevano ascoltato discorsi misogini o islamofobi, quasi tutti avevano alunni che utilizzavano linguaggio razzista. Il 90% di loro si era imbattuto tra i banchi in teorie cospirative, come quella secondo cui il magnate della tecnologia americana Bill Gates “controllava le persone tramite microchip nei vaccini Covid”. Un quinto degli insegnanti non si sentiva sicuro nell’affrontare le teorie del complotto e l’estremismo di estrema destra con i bambini.

La questione dell’attualità in classe è emersa in passato in Italia e l’Unione studenti aveva proposto l’introduzione di un’ora dedicata, perché “non possiamo più accontentarci di interventi tappabuchi che non rispondono alla complessità dei problemi”. Ma l’ipotesi alle volte non convince gli stessi docenti. “Se veramente dovessimo dar seguito a questa richiesta, non potremmo fare a meno, noi insegnanti, di lasciar trasparire le nostre convinzioni politiche; e gli alunni, che vedono nel loro professore una voce autorevole e spesso un modello di vita, ne rimarrebbero inevitabilmente condizionati”, scriveva preoccupato in un blog Massimo Rossi, professore di Italiano in un Liceo Classico.

Non tutti la pensano così e sono in tanti ad andare in direzione completamente opposta. “L’insegnante deve creare dibattito su un argomento, in modo che siano gli studenti a formarsi un’idea, una propria coscienza critica. Non bisogna fare propaganda, ma parlare dei fatti in maniera più oggettiva possibile” dice ad Huffpost il professor Andrea Maggi, tra i protagonisti del docureality “Il Collegio” e insegnante nelle scuole medie nella vita reale, “Io parlo dell’attualità quotidianamente. Ritengo sia impossibile spiegare la storia senza raccontarne le ripercussioni sulla vita di oggi. Non è una cosa che fanno tutti gli insegnanti, ma io ci tengo a farlo”. Nella sua esperienza, a contatto quotidiano con gli studenti, ha notato che i giovani spesso hanno un rapporto nullo con i giornali, la carta stampata e i media tradizionali. Ricavano le informazioni quasi esclusivamente dai social.

I ricercatori inglesi hanno raccomandato alle scuole di promuovere opportunità per gli studenti di discutere apertamente di punti di vista controversi e migliorare l’insegnamento dell’alfabetizzazione critica, per aiutarli a comprendere la differenza tra fatti e opinioni. Geoff Barton, segretario generale dell’Associazione dei dirigenti scolastici e universitari, ha invitato il governo a collaborare con le scuole per fornire il tempo, la formazione e le risorse di cui gli insegnanti hanno bisogno per affrontare l’aumento delle opinioni estremiste: “La realtà è che le scuole devono destreggiarsi tra molteplici esigenze del loro tempo, tra di orari fitti e severi vincoli di finanziamento, il tutto in un momento in cui la nostra società ha subito una rivoluzione digitale che consente alle persone di diffondere opinioni di odio con un clic”.

Il terreno risulta scivoloso anche a fronte di possibili reazioni da parte dei genitori, ci racconta Ignazio Riccio, giornalista autore del libro “L’attualità in classe”, che ha “l’obiettivo di offrire un valido supporto ai docenti per far comprendere agli alunni gli avvenimenti e le dinamiche dei nostri tempi”. “L’insegnante sa che deve stare molto attento, soprattutto se si parla di temi delicati come la politica. I genitori sono pronti a intervenire, accusando di voler propinare una propria ideologia. Decidono allora di non andare oltre, di rispettare solo il programma, per non avere grane”, dice Riccio, che con la sua attività ha avuto modo di entrare in contatto con diverse realtà scolastiche. Ma è sbagliato porsi il problema secondo la psicologa Oliverio Ferraris, perché l’insegnante “non deve seguire le ideologie, ci si aspetta che abbia una mente lucida, che usi la razionalità. È uno sforzo che bisogna fare. Il docente non è un’influencer. Deve ricavare le informazioni da fonti attendibili e una mente preparata sa come fare. Altrimenti si lasciano i bambini in balia delle disinformazioni che trovano sui cellulari”.

Sorgente: Stiamo crescendo una generazione di complottisti ed estremisti? | L’HuffPost


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