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La città frontaliera di Huaquillas accoglie ogni giorno decine di migranti dal Venezuela che arrivano a piedi fino a qui dopo aver attraversato l‘Ecuador e la Colombia. A causa della pandemia è stata chiusa la frontiera col Perù e le organizzazioni internazionali sono state costrette a chiudere gli uffici che avevano nel Cebaf, il centro binazionale di attenzione frontaliera. Mentre i centri di prima accoglienza che rimangono aperti a Huaquillas sono obbligati dalle misure di prevenzione contro il Covid-19 a una capacità d’accoglienza ridotta. Questa situazione ha causato la nascita di nuove trochas, i passaggi illegali che attraversano il confine.

A Huaquillas transitano quotidianamente circa un centinaio di migranti. Molti di loro arrivano dopo aver percorso molti chilometri a piedi per attraversare la Colombia e l’Ecuador. La maggior parte, circa l’80%, sono venezuelani, ma sono presenti anche haitiani e colombiani che fuggono dal conflitto armato interno.

Davanti alla sede del Norwegian Council for Refugees (Ncf), l’organizzazione umanitaria norvegese per i rifugiati, si affollano ogni mattina decine di persone. Il buono alimentare di 25 dollari della Banca mondiale distribuito dall’Ncr è in questo momento uno dei pochi aiuti del genere che ricevono i migranti in transito.

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Migranti in attesa di un alloggio temporaneo – Foto: © Samuel Bregolin

Ai migranti venezuelani è vietato dormire per strada

Una recente ordinanza locale inoltre vieta e impedisce ai migranti di dormire nelle aree verdi, nei parchi e nelle piazze di Huaquillas. Nei primi mesi del 2021 alcune piazze della città avevano cominciato a essere occupate durante la notte da centinaia di migranti. L’ordinanza vieta l’agglomerazione di varie decine di persone in un solo luogo e di fatto impedisce ai migranti in transito di passare la notte sul territorio cittadino.

L’unico alloggio disponibile è il centro di prima accoglienza “8 de septiembre” gestito da un congiunto di varie organizzazioni internazionali tra cui Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, Usaid e Organizzazione internazionale per le migrazioni.

«Il flusso migratorio è notevolmente aumentato negli ultimi mesi», spiega Daniel Torres, direttore dell’8 de septiembre, «le azioni repressive implementate dalle autorità locali impediscono ai migranti anche solo di fermarsi o fare una pausa nei parchi e nelle piazze della città, questo li obbliga a disperdersi o a camminare avanti e indietro senza una destinazione».

L’unico centro di prima accoglienza di Huaquillas ha una capacità di 150 persone, ridotta a sole 75 per rispettare le misure di sicurezza sanitarie contro il Covid-19, una capacità inferiore al numero di migranti che passa quotidianamente per la città. Tutti quelli che non riescono a trovare un alloggio per la notte sono obbligati ad allontanarsi dall’area cittadina.

In seguito all’aumento del flusso migratorio, a partire da febbraio 2021 e alla conseguente militarizzazione della frontiera, la capacità del centro è stata elevata a 90 persone al giorno, ma anche così non riesce a far fronte a tutte le domande di migranti che si ritrovano a passare la notte a Huaquillas.

La crisi umanitaria venezuelana arriva al confine Ecuador-Perù

Le 2.500 persone che transitano ogni mese dall’Ecuador verso il Perù sono obbligate ad attraversare la frontiera in modo irregolare, spesso di notte, quando l’oscurità impedisce alle autorità di individuarli durante il passaggio.

«Esistono decine di passaggi clandestini», spiega a Osservatorio Diritti Silvia Campoverde, responsabile locale della Missione Gesuita per i rifugiati, «questi percorsi illegali aumentano i rischi ai quali i migranti sono esposti».

Le cosiddette “trochas”, come vengono chiamati i sentieri che attraversano irregolarmente la frontiera, esistevano fin da prima della pandemia, ma con la chiusura e la militarizzazione della frontiera sono aumentate e sono cadute sotto il controllo dei “coyotes”, i trafficanti di migranti, che obbligano a pagare un pedaggio.

Questa situazione e i continui movimenti irregolari da una parte all’altra della frontiera ha acutizzato la crisi con il vicino Perù, che per reazione ha aumentato il numero di militari alla frontiera. «Ai migranti vengono offerte delle false tessere del rifugiato», conclude Silvia Campoverde, «oppure carte d’identità peruviane e ogni sorta di documento fasullo. Sono certificati fittizi che in realtà non esistono e che vengono venduti ai migranti, che si vedono obbligati a pagare».

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La sede Unhcr chiusa nel centro Cebaf – Foto: © Samuel Bregolin

Migranti venezuelani alla frontiera

Seppur ufficialmente chiusa e militarizzata, la frontiera tra Huaquillas in Ecuador e Zarumilla in Perù non è che un piccolo ponte cittadino che divide in due un’unica area metropolitana. Le due città sono divise da un canale di pochi metri, facilmente attraversabile. Prima della pandemia questo ponte era attraversato quotidianamente da centinaia di persone. In Perù i prodotti del consumo costano meno, mentre in Ecuador, grazie al controllo sui prezzi del carburante imposti durante i governi di Rafael Correa tra il 2007 e il 2017, la benzina è molto più economica.

Questo genere di scambi è una delle fonti principali di sussistenza della popolazione locale e, nonostante le chiusure imposte dalle autorità di entrambi i paesi, è difficile controllare tutti i passaggi clandestini che si formano lungo una frontiera così facilmente attraversabile.

«Il passaggio dall’altra parte della frontiera costa 8 dollari», spiega un motociclista parcheggiato davanti al ponte internazionale chiuso che chiede di rimanere anonimo. «Trasportiamo quotidianamente le persone da una parte all’altra della frontiera, la gente ha bisogno di fare la spesa, noi in moto impieghiamo solo pochi minuti per portarli in Perù».

La situazione peggiora per bloccare la variante Delta

La situazione alla frontiera si è fatta ancora più complicata con la variante Delta del Covid-19 che si sta diffondendo in Ecuador, tanto che tutta la provincia di El Oro è stata chiusa fino alla fine di agosto. Il governo ha imposto il coprifuoco notturno e vietato gli spostamenti fuori dalla provincia.

Dopo più di un anno di pandemia questo è un duro colpo per l’economia locale, che si basa principalmente sull’esportazione di minerali, gamberi e banane. Nei primi giorni di agosto i camionisti e gli autotrasportatori locali hanno iniziato uno sciopero contro queste misure: «Siamo coscienti delle priorità sanitarie e del pericolo della pandemia», dice un camionista presente in un posto di blocco fatto per isolare la principale arteria stradale tra Machala e Huaquillas, «ma le nostre famiglie non possono più sopportare questa crisi economica, abbiamo bisogno di lavorare».

L’arrivo della variante Delta inoltre ha fatto inasprire i rapporti con il Perù: il vicino paese sta aumentando i controlli per impedire il passaggio dei migranti attraverso le trochas, accusati di essere dei possibili veicoli per il virus.

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