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25 April 2024
0 7 minuti 3 anni

 

Ex attivista dell’ong britannica Oxfam, Aubry Manon, co-presidente del gruppo parlamentare europeo GUE (Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica), da sempre molto critica con le scelte liberiste della Commissione europea, riflette sulle recenti elezioni regionali francesi e volge lo sguardo avanti verso le elezioni nazionali dell’aprile 2022, a cui l’intera classe politica francese, e non solo, si sta preparando.

Come valuta il risultato delle elezioni regionali francesi che hanno per lo più riconfermato alla guida i partiti già al potere, rafforzando leggermente la destra tradizionale, non premiando l’unione delle sinistre e dei verdi e bloccando l’avanzata di Marine Le Pen? 

«La conclusione più importante che possiamo tirare da queste elezioni è l’oceano delle astensioni. Il fatto che due elettori su tre non abbiano votato è il tracollo della democrazia perché non esiste democrazia senza elettori. E molti di coloro che non hanno votato erano anche elettori colti delle aree urbane. Questo vuol dire che per la maggioranza delle persone il voto non cambia nulla, che è il risultato di un dibattito politico inutile. Come se la politica non riuscisse più a incidere sul quotidiano delle persone, dal lavoro alla spesa alimentare, e che dunque il cambio di un partito non si tradurrebbe in un cambio di politica. La politica ha tradito le speranze. Non ha mantenuto l’impegno con gli elettori».

 

Come dovrebbe allora cambiare la politica francese?

«Occorre un cambio istituzionale profondo che permetta all’elettore di responsabilizzare i politici e consenta un referendum propositivo con cui i cittadini possano fare sentire le proprie esigenze. E poi dovrebbe esserci maggiore proporzionalità. Credo che la nostra Quinta repubblica non sia più adatta alle sfide moderne e questo è insieme causa e sintomo del disinnamoramento degli elettori  dalle istituzioni. La nostra repubblica è oggi una forma di monarchia: abbiamo un uomo che decide su tutto per cinque anni. Dovremmo redistribuire il potere verso i cittadini per gettare le basi di una nuova repubblica e forse sta arrivando il momento opportuno visto che a sinistra cominciamo a chiederlo in tanti».

A proposito di sinistra, come mai in Francia, ma non solo, è così difficile tentare un’unione? 

«Ci sono diverse ragioni. Abbiamo visto come anche nel Nord della Francia con Karima Delli, dietro cui si era riunita, la sinistra non abbia ottenuto più del 20 per cento. È debole e credo che la debolezza sia dovuta all’avere sostenuto manifestazioni e battaglie che appartengono alla destra, bruciando tutte le linee ideologiche distintive. È un errore seguire un’agenda scritta dalla destra, da chi indica i musulmani come la radice di tutti i nostri problemi. Dovremmo invece ricreare un seguito popolare mettendo l’acceleratore sull’urgenza climatica e sull’equità sociale. Dobbiamo lavorare su questo messaggio e poi sull’indipendenza della giustizia. E non possiamo nemmeno accettare unioni artificiali».

Si riferisce ai verdi?

«Jannick Jadot (ndr: uno dei due politici verdi che si contenderanno a settembre la candidatura verde all’Eliseo) è europeista a tutti i costi. E non sono d’accordo. Dobbiamo chiederci se nel quadro europeo possiamo soddisfare le sfide moderne e la risposta è no. Con il libero scambio creiamo concorrenza tra imprese che inquinano e sfruttano uomini e non possiamo invece fare un polo pubblico dell’energia che ci serve. Siamo costretti a privatizzare».

Non è soddisfatta del varo dei Piani di recupero e resilienza nazionali?

«Obbligano i Paesi a fare le riforme, e non va bene. La Francia è costretta a mettere mano alla riforma delle pensioni e dei sussidi di disoccupazione. Penso che dovremmo disobbedire a certe regole per creare le condizioni per cambiarle. Quello europeo di oggi non è un progetto sufficiente per condizioni sociali e verdi e alcuni a sinistra non vogliono riconoscerlo. Francois Hollande non ha rinegoziato i trattati, come aveva promesso, e solo ora la sinistra europea si sta movendo ma non abbastanza. Condizioni fuori dalla realtà come un indebitamento pari al 60 per cento del Pil non possono tornare ad essere applicate nel 2023 come molti vorrebbero. Le raccomandazioni della Commissione europea sono ancora troppo liberiste».

Ritiene la Commissione e il Consiglio europeo troppo timidi sul piano della Transizione verde?

«Hanno iniziato bene ma l’obiettivo del 55 per cento, che poi è solo del 52 per cento al netto di un trucco contabile, è lontano da ciò che serve per raggiungere gli obiettivi degli accordi di Parigi sulla neutralità climatica. E poi sulla Politica agricola comune, elemento fondamentale della transizione, non c’è stato un cambiamento. Vedo soltanto il tentativo di mantenere lo status quo, che non va bene. Il risultato del libero commercio è che una potenza mondiale come l’Unione europea non sia stata capace di produrre gli strumenti di sicurezza contro il Covid, come le mascherine. Vuol dire che abbiamo problemi. Se non riusciamo a proteggere i più vulnerabili abbiamo seri problemi».

Dunque, tornando all’unione delle sinistre, intravede una strada oppure no?

«Jadot ha volutamente chiesto un’unione della sinistra extra-Melanchon e ha adottato un’agenda sulla sicurezza che è di destra. Si è focalizzato su una forma di capitalismo compatibile con l’ecologia, che era già la strada provata da Macron e che oggi è una traiettoria politica non rappresentativa».

E a Bruxelles? Questo tentativo di unione di tutta la sinistra ha spazio? 

«Che ne abbiamo bisogno è un dato di fatto. I sovranisti hanno preso a cogestire l’unione con la destra e dunque noi dobbiamo fare fronte con i socialisti e i verdi. Nonostante le tante occasioni di scambio, non nego che permangono molte differenze con i socialisti. Sulla Pac, sul libero scambio e sulla governance europea. Ma ci sono anche socialisti fedeli alla loro storia, il socialismo di Francois Mitterand, quello vero dei diritti sociali, e spero che con queste persone potremo riuscire ad ottenere una collaborazione profonda. Perché alle mosse della destra dobbiamo replicare con altrettanta forza».

Sorgente: “Se la sinistra vuole tornare a vincere smetta di rincorrere la destra sui suoi temi” – L’Espresso

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