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L’obiettivo del «caos assoluto», Breivik tra i nomi in codice. Santini di Hitler e Mussolini. Ma il raid già pianificato salta grazie al blitz della Digos

di Cesare Giuzzi

(fotografia: La riunione al parco Sempione organizzata il 28 febbraio. Nell’incontro, dove non hanno portato telefonini per non essere intercettati, hanno discusso della struttura organizzativa di Avanguardia rivoluzionaria e del piano di colpire un 30enne militante straniero dei centri sociali come prima azione dimostrativa)

Padre e figlio. Lui è molto noto negli ambienti musicali e culturali milanesi. Ha organizzato per anni eventi e rassegne anche in ambito pubblico. Il figlio ha vent’anni e studia Scienze politiche a Trieste. Spesso vanno insieme a caccia e hanno una profonda conoscenza delle armi. Papà ha comprato alcune pistole da collezione. C’è anche una «Walther P38» della Wehrmacht nazista: «La P38 è quella che mi interessa, un’arma meravigliosa». «Infatti — risponde il padre — quando piglierai il porto d’armi ti verrà data. Naturalmente per usarla con i comunisti, i negri, con i froci…».

 

È difficile spiegare solo come «battute» questo e tanti altri dialoghi intercettati dalla polizia. Conversazioni dove si teorizza un piano eversivo su scala globale in grado di «sovvertire l’ordine politico e sociale» e favorire l’ascesa di un nuovo «dittatore». Parole, certo, che diventano però azione «di real politik» quando i suprematisti bianchi fondatori di «Avanguardia rivoluzionaria» decidono di colpire Hamza C., 30 anni, attivista del centri sociali di origini magrebine molto attivo sul fronte della lotta alla casa a San Siro. Non ci riescono solo perché quella sera, il 16 giugno scorso, l’Italia gioca la partita degli Europei contro la Svizzera e c’è troppa gente in giro. Ma soprattutto perché la polizia interviene simulando un controllo casuale in largo La Foppa, nel centro di Milano, e gli trova uno sfollagente, un coltello di 18,5 centimetri, passamontagna, due cartoline di Hitler e Mussolini e flaconi di deodorante spray che nelle loro intenzioni doveva essere spruzzato negli occhi della vittima prima di colpirla: «È un musulmano di merda che non dovrebbe stare nella nostra nazione. Lui è in moto, lo buttano giù e boom andiamo e lo massacriamo».

All’inizio pensano di sparargli, e per questo cercano di modificare una scacciacani, poi di «ridurlo su una sedia a rotelle»: «Però la testa non la toccherei sinceramente… rischiamo di andare nei casini seri». Il raid non doveva essere rivendicato, perché i tempi non erano ancora maturi per il movimento: «Eh mi raccomando non bisogna dire negro di merda, non deve essere riconducibile a questioni razziali. Ovvio che per noi è razziale, ma non dirgli negro di merda muori». Doveva essere questa la prima azione del neonato gruppo suprematista e nazifascista «Avanguardia rivoluzionaria» creato a Milano da quattro giovani tutti di buoni studi e ottime famiglie — Giulio Leopoldo Sioli Legnani, 20 anni, Luca Ghisleni (detto il maggiore Volpi, dal nome di un gerarca fascista), 21 anni, Tommaso «Tumsi» Gelmi, 21 anni, e Aleksij Tirelli Kolomiets, detto Breivik, dal nome del terrorista norvegese che uccise 77 persone tra Oslo e Utoya, 20 anni — destinatari di ordini di dimora e obblighi di firma disposti dal gip Manuela Accurso Tagano su richiesta dei magistrati Enrico Pavone e Alberto Nobili, capo del pool antiterrorismo della Procura, che avevano chiesto il carcere. L’indagine è stata condotta dagli investigatori della Digos della questura di Milano, diretti da Guido D’Onofrio e da Giovanni Di Biase, con la collaborazione della Direzione centrale polizia di prevenzione della polizia di Stato. La banda, accusata di associazione a delinquere e incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici o religiosi, si ispirava a gruppi suprematisti americani, voleva l’instaurazione di un nuovo ordine mondiale di matrice nazifascista, incitando alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici e nazionali. Il piano era quello di creare il «caos assoluto».

«Esistono venticelli ideologici che si possono trasformare in qualcosa di deflagrante», ha spiegato il pm Alberto Nobili: «Il venticello è arrivato a Milano. Il suprematismo è un fenomeno che va assolutamente preso in considerazione». Si tratta di giovani già attivi e conosciuti nei movimenti dell’ultradestra milanese. Ghisleni, ex CasaPound-Blocco studentesco, era già sotto indagini per un blitz in una scuola dove aveva distribuito volantini interrompendo un convegno, mentre «Brievik» era stato indagato ancora minorenne per scritte di matrice nazifascista contro uno studente ebreo del liceo Parini: «Spesso le nostre idee sono estreme anche per i camerati, ma ciò vuol dire che sono quelle veramente rivoluzionarie». Per questo erano critici verso gruppi meno «accelerazionisti»: «Quelli di CasaPound e Forza nuova sono dei ciccioni con la cirrosi epatica». I quattro si incontravano al Parco Sempione e parlavano solo attraverso sistemi non intercettabili. Tanto da aver creato una sorta di decalogo con istruzioni, gerarchie, sistemi di reclutamento. E un giuramento: «Fedele giuro di essere devoto all’idea, di essere fedele ad Avanguardia rivoluzionaria e affidare la mia vita ai miei camerati». Stavano anche cercando di stringere rapporti con «Legion Europe» e gli svizzeri di «Junge Tat». E volevano entrare nel mercato delle armi e della droga «per finanziarsi».

Sorgente: Neonazisti a Milano, presa la banda dei 20enni: armi, giuramenti e il raid organizzato- Corriere.it

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