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L’analisi di Roberto Esposito, ceo della società di strategia digitale e comunicazione social DeRev: «Grazie a loro sono sempre più le persone che si stanno informando sulla legge. Non si schierano per avere visibilità, ma per riposizionarsi. Renzi? Ha sbagliato a replicare delegittimandoli»

Il botta e risposta tra Chiara Ferragni, Fedez e Matteo Renzi sul ddl Zan ha lasciato il segno? Il confronto è iniziato il 6 luglio con tre Storie Instagram, poi è proseguito a colpi di tweet, post Facebook, Instagram Live: si è dispiegato, insomma, interamente sui social. Possiamo parlarne come di una sorta di bomba social-mediatica che ha colpito il leader di Italia Viva, ma anche e soprattutto il dibattito pubblico sul ddl Zan, alterandone i destini. Ma fino a che punto?

Tutto il botta e risposta tra Ferragni, Renzi e Fedez sul Ddl Zan

Tutto è iniziato il 6 luglio, con tre Storie con cui l’imprenditrice digitale esprime duri giudizi contro «la classe politica italiana», colpevole, a suo parere, di «guardare al proprio interesse personale» anziché spendersi per la legge contro l’omotransfobia (la frase chiave: «che schifo che fate politici»).

La prima di queste Storie è la ri-condivisione di una card corredata dal volto di Renzi e la replica del leader di Italia Viva non si fa attendere. L’ex premier accusa Ferragni di qualunquismo, la invita a un confronto pubblico e rivendica le unioni civili («una legge dura più di una storia su Instagram»).

A quel punto, è il turno di Fedez, che risponde prima con un tweet sardonico; poi, archiviata la Nazionale, con una serie di Storie che — oltre ad annunciare una diretta con Alessandro Zan (deputato dem e relatore del ddl contro l’omotransfobia alla Camera), Marco Cappato e Beppe Civati — contengono un altro affondo contro il leader di Italia viva.

 

Infine, la Diretta su Instagram, seguita da circa 25 mila persone (con picchi di 30 mila): un dialogo in cui i tre ospiti hanno spiegato, non senza frecciatine ed esplicite prese di posizione, l’iter parlamentare della legge e gli ostacoli che la attendono in Senato.

«Non ho l’obiettivo di entrare in politica. Io e Chiara Ferragni siamo cittadini ed entriamo nel dibattito pubblico parlando di cose che riguardano noi e voi», ha detto Fedez. E, sul finale, si è rivolto ancora una volta all’ex presidente del Consiglio: «Voglio lasciare un messaggio a Renzi, o all’ego di Renzi, visto che si vuole fregiare di essere il paladino dei diritti. Dopo aver elogiato l’Arabia Saudita, che non è proprio un esempio sui diritti, potrebbe riscattarsi facendo votare al suo partito il ddl Zan».

I numeri: quanti follower si guadagnano schierandosi?

Questi sono i fatti. Ma come possiamo valutarne gli effetti? Per misurare il diametro del cratere lasciato dalla bomba social firmata dai Ferragnez, il Corriere della Sera ha chiesto lumi a DeRev, società di strategia digitale e comunicazione sui social media.

Un primo livello di analisi riguarda il numero dei follower. Quelli di Ferragni su Instagram sono aumentati di 16.400 in 24 ore: un dato in linea con il trend di crescita dei giorni precedenti (dati aggiornati alle 16 del 7 luglio).

Anche Fedez ha guadagnato follower, su tutte le sue piattaforme: Twitter (+7.200), Instagram (+ 3.668, un’inversione rispetto al trend negativo che nei 10 giorni precedenti gliene aveva fatti perdere 7 mila), persino Facebook (+ 1.500; dati aggiornati alle 16 del 7 luglio).

Lo scontro con i Ferragnez sembra aver fatto guadagnare seguaci anche a Renzi: su Instagram, ad esempio, dove perde mediamente 27 follower al giorno (-249 negli ultimi 10 giorni), tra il 6 e il 7 luglio ne ha guadagnati 324 (dati aggiornati alle 16 del 7 luglio).

L’analisi: chi vince, chi perde e perché

Questi i freddi numeri, ma come interpretarli? «Mentre Ferragni ha un trend di crescita costante, a prescindere dai temi del giorno, l’andamento dei follower di Renzi e Fedez è molto influenzato dalle tendenze mediatiche», spiega Roberto Esposito, amministratore delegato di DeRev. «I loro numeri», prosegue, «crescono quando riescono a portarsi al centro del dibattito. Fa pensare soprattutto il fatto che Fedez ieri abbia guadagnato follower persino su Facebook, dove non aveva postato nulla: i 1.500 like in più che ha acquisito lì non sono di utenti che hanno visto un contenuto e l’hanno trovato interessante, ma di persone che sono andate a cercarlo deliberatamente e hanno cliccato su “mi piace”».

Un’adesione di pancia, insomma. Dunque ha ragione chi dice che queste incursioni di Fedez nei temi caldi del dibattito pubblico sono solo strategie per guadagnare follower?
«Questa è una interpretazione possibile. Né lui né Ferragni sono ingenui: tutto quello che fanno rientra in una strategia. Ma non penso che l’obiettivo sia la visibilità: non ne hanno bisogno. Il loro scopo è cambiare il modo in cui vengono percepiti. Ed è comprensibile: sono diventati famosi a 20 anni, ora ne hanno 30 e di conseguenza sono cambiati. Nelle loro prese di posizione c’è una parte strategica, ma c’è anche la spontaneità di due persone con degli interessi, dei valori e delle preferenze che evolvono nel tempo.

Ferragni si sta ri-posizionando come imprenditrice e madre, superando l’immagine di influencer legata esclusivamente ai social con cui è diventata famosa. Fedez, a sua volta, non è più solo un rapper, ma anche una celebrità che ha a cuore determinati temi. Entrambi per riposizionarsi scelgono delle cause per cui spendersi, ma nel farlo scelgono anche i loro nemici.

E questo è efficace: uno studio di Cambridge e New York University dimostra che attaccare un nemico sui social, identificandolo con nome e cognome, aumenta del 67% le chance di condivisione del post. Detto questo, entrare a gamba tesa nel dibattito per acquisire visibilità è senza dubbio un approccio usato da Renzi. A ogni occasione coglie la palla al balzo per intercettare il tema del giorno e guadagnare una visibilità che altrimenti non avrebbe. Cerca di posizionarsi come trend setter: una voce che guida il dibattito e costringe tutti a parlare di lui».

Che effetto ha avuto questo scontro sul ddl Zan, guardando ai dati?
«Ha alzato l’attenzione sul tema. Guardando i trend su Google, si nota che sono aumentate molto le ricerche sul ddl: sempre più persone si stanno informando sul contenuto della legge, sui motivi del contendere e sull’iter legislativo. Non dobbiamo dimenticare che sui social c’è una grande fetta di persone che non ha ancora deciso da che parte stare. Ed è su di loro, più che sulle persone già polarizzate, che le prese di posizione degli influencer hanno l’impatto maggiore: li invogliano ad approfondire l’argomento. Senza dubbio dunque Fedez e Ferragni hanno dato un contributo importante in termini di divulgazione e informazione, facendo emergere un tema che prima veniva sottovalutato».

Lo scontro ha innescato anche una mole significativa di conversazioni social, coagulatesi intorno ai trending topic #Ferragni, #Fedez, #Renzi e #ddlzan. Qual era il tenore di questi scambi?
«Dalla nostra analisi — in gran parte manuale — il sentiment (la “temperatura” del dibattito, che DeRev misura sia con software ad hoc, sia manualmente, ndr) sembra orientato soprattutto a favore di Fedez e Ferragni. Questo si deve in parte alla reazione di Renzi, che li ha delegittimati: quando il politico di turno tenta di far passare il messaggio “sono solo influencer”, poi ne fa le spese».

Cos’altro ha sbagliato Renzi?
«Non avrebbe dovuto rispondere a Ferragni come se fosse una leader politica, proponendole un confronto. Non a caso Fedez glielo ha poi rinfacciato. In più, Renzi si è contraddetto: da un lato si è detto disposto a un dialogo con lei, dall’altro l’ha delegittimata. Ha scritto “la politica non si fa con i like”: uno slogan bello, ma non poi così corretto, perché il consenso si costruisce ovunque, social inclusi. Lui stesso ne è la dimostrazione, visto che è sui social!»

Come avrebbe potuto rispondere?
«Ne sarebbe uscito meglio se avesse ignorato Ferragni o se avesse risposto non sui social ma attraverso un’intervista con la stampa».

Torniamo alla strategia di ri-posizionamento di Fedez e Ferragni. Cos’hanno da perdere, e cosa da guadagnare, dall’abbracciare la causa del ddl Zan?
«Quando ti esponi su un tema simile devi sapere che c’è chi è a favore e chi è contro, dunque che inevitabilmente una fetta di pubblico ti criticherà. Per Fedez e Ferragni, però, il bilancio è positivo. Non solo per la visibilità che ottengono — che senz’altro porta follower e ha ricadute positive sulle loro attività commerciali — e non solo perché grazie a questa causa possono riposizionarsi, ma soprattutto per una questione di target».

Ovvero?
«Non penso che per loro sia poi così problematico perdere il sostegno di chi è contrario al ddl Zan, perché è in larga parte un tipo di pubblico che non sposerebbe ciò che loro fanno altrove, dunque con ogni probabilità non è un pubblico che a loro interessa. Parliamo soprattutto di persone con una fascia di età alta, politicamente schierate».

Dunque schierarsi a favore del ddl Zan è una scommessa relativamente sicura, per loro?
«Sì, perché hanno poco da perdere. Ma questo non significa che la loro sia un’adesione di comodo, anzi. È in linea con la loro storia: non è una finta, ma una scelta naturale».

Fedez si è schierato anche a favore del referendum per l’eutanasia promosso dall’Associazione Luca Coscioni con il sostegno dei Radicali italiani e di diversi parlamentari (del Pd, di Italia viva, di Sinistra italiana e del M5s). Anche questa è una scommessa sicura?
«No. Perché essere pro o contro l’eutanasia non è solo un fatto generazionale. Questo tema è più delicato rispetto ai diritti lgbt+ e divide molto di più».

Nella diretta di Fedez di ieri c’era anche Cappato. Il 7 luglio ha twittato una foto che lo ritrae insieme a Fedez, con la t-shirt ufficiale del referendum. Il rapper l’ha ritwittata. Perché non postarla direttamente? Sta tastando il terreno per capire quanto può esporsi su questo tema così delicato?
«Si può dire che su questo tema stia tastando il terreno, sì. Sicuramente la presenza di Cappato nella diretta di Fedez di ieri non è casuale. E quella foto è una forma di endorsement indiretto, con cui Fedez si espone un po’ meno. Però allo stesso tempo si presta a fare da amplificatore: lascia voce e spazio a Cappato, ma è chiaro che anche lui sposa la causa. Se continua su questa strada, magari esponendosi in modo ancora più chiaro, allora vuol dire che vuole prendere una direzione precisa, più politica. Quel che è certo è che dobbiamo abituarci al fatto che il dibattito pubblico, anche sui temi più caldi, è fatto anche di influencer e celebrità — di qualunque tipo — che usano i social per esprimere la loro opinione su questo o quell’argomento. I politici, a maggior ragione quelli più giovani e dunque potenzialmente più preparati all’uso dei social, devono rendersi conto che non possono delegittimare queste voci e il dibattito che contribuiscono a creare».

I social, insomma, sono qui per restare?
«Sì, e l’impatto dei cosiddetti influencer è destinato ad aumentare. I politici devono imparare a dialogare con loro, senza sminuirli. Non sono “personaggi digitali”: sono reali e reale è anche il loro impatto sulle persone e sulle loro preferenze».

Sorgente: Ferragni, Fedez, Renzi e il ddl Zan: quanto ha pesato, davvero, la presa di posizione social dei Ferragnez?- Corriere.it


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