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Oltre 240 mila persone uccise, più esposti donne e bambini: in cifre i costi civili, militari e sociali del conflitto più lungo e controverso

a cura di Marta Serafini

Da Alessandro Magno in poi, l’Afghanistan ha fama di essere il «cimitero degli imperi» e a lungo si è scritto di come il ritiro delle forze Usa e Nato rappresenti solo una tessera di questo puzzle fatto di montagne, valli incantante e lande inospitali. Tuttavia, come sempre succede, a pagare il prezzo più alto delle guerre sono stati i civili, donne e bambini e in particolare. E saranno loro, ancora una volta, probabilmente a pagare il conto della pace, se i talebani, una volta al potere, non sapranno affrontare le sfide del progresso. Così, mentre i contingenti militari iniziano il loro ritiro, ben prima di quell’11 settembre 2021 annunciato come data simbolica dal presidente Joe Biden per la fine della guerra, sul terreno restano tutti i segni di una delle guerra più lunghe della nostra epoca.

Si inizia dal numero dei morti totali. Secondo i dati più recenti di Costs of War della Brown University, fonte di questo speciale, si stima che circa 241 mila persone siano state uccise come conseguenza diretta della guerra. Altre centinaia di migliaia, per lo più civili, sono morte a causa della fame, delle malattie e delle ferite causate dalla devastante guerra. Vittime indirette, dunque. Delle persone uccise, 71.344 sono i civili morti lungo il lungo e poroso confine dell’Afghanistan con il Pakistan. Tra l’esercito e la polizia afghani, che hanno combattuto a fianco degli Stati Uniti, tra i 66.000 e i 69.000 sono i soldati morti. Gli Stati Uniti e i suoi alleati della Nato hanno portato a casa 3.586 bare un numero sei volte superiore veterani feriti, secondo un conteggio tenuto da iCasualties.org. Il numero di ribelli uccisi, compresi i combattenti talebani, si aggira attorno a 84.200.

 

L’Afghanistan continua ad essere uno dei posti più letali al mondo in cui essere bambini. Solo nell’ultimo decennio, la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama), ha registrato almeno 7.792 bambini uccisi e 18.662 feriti, di cui buona parte ha perso gli arti a causa di ordigni esplosivi e attacchi aerei. Anche le donne hanno pagato un prezzo pesantissimo, con oltre 3.000 morti e 7.000 feriti dal 2010, con il record del 2020 e i 390 decessi registrati. Chi sopravvive, inevitabilmente, è costretto a fuggire. Almeno 2,7 milioni dei 38 milioni degli afghani sono stati costretti a fuggire a causa della guerra, rifugiandosi nel vicino Pakistan o in Iran o altrove. Secondo le Nazioni Unite, altri quattro milioni sono gli sfollati interni.

In questi anni, nonostante le promesse dell’intervento internazionale, il Paese ha registrato modesti progressi nell’istruzione, nella salute e nei diritti delle donne. Oggi l’aspettativa di vita è migliorata, i tassi di mortalità materna si sono dimezzati e il 27 per cento dei seggi nella camera bassa del parlamento è riservato alle donne. Nonostante questi passi in avanti, l’Afghanistan resta ancora al penultimo posto nel mondo, appena davanti allo Yemen, nell’Indice di pace e sicurezza delle donne, misura del benessere femminile attraverso una moltitudine di indicatori. E non va meglio sul fronte dell’istruzione: un rapporto Unicef del 2019 ha rilevato che 3,7 milioni di bambini non andavano a scuola, di cui il 60 per cento femmine. Inoltre, la maggior parte degli afghani continua a vivere in povertà. E nonostante gli Stati Uniti abbiano speso più di 9 miliardi di dollari in operazioni antidroga, l’Afghanistan sta producendo una quantità doppia di oppio rispetto al 2001.

La violenza caratterizza la vita quotidiana dell’Afghanistan ormai in modo endemico. Dal 2017, l’Armed Conflict Location and Event Data Project ha registrato 1.705 incidenti violenti contro i civili. Secondo queste statistiche, per cinque anni consecutivi, gli afghani sono stati attaccati per più giorni durante l’anno. E nel 2020, in tutto il Paese sono stati registrati 424 attacchi nell’arco di 235 giorni. Sebbene nel febbraio 2020, gli Stati Uniti e i talebani abbiano raggiunto un accordo bilaterale e a settembre siano iniziati formalmente i negoziati di pace in Afghanistan, gli attacchi ai civili sono in aumento. Durante i primi quattro mesi di quest’anno, sono stati registrati 245 episodi in 95 giorni — più di due assalti quasi ogni giorno.

In questi vent’anni, 50 membri Nato hanno contribuito con le loro forze alle missioni in Afghanistan. Il picco di soldati stranieri è stato raggiunto nel 2011, con quasi 140 mila soldati. Di questi, oggi ne sono restati 10 mila, di 36 paesi di stanza in Afghanistan. A questi vanno aggiunti 22.562 contractor, secondo l’ultimo rapporto del Comando centrale degli Stati Uniti, impiegato in aree quali trasporti, costruzioni, traduzioni e IT. Circa l’8 per cento (1.813) di questi contractor è personale di sicurezza privato armato.

Un capitolo a parte meritano, ovviamente, i militari italiani. La prima avanguardia di soldati italiani atterrò alla base di Bagram il 30 dicembre 2001. Poi il 3 ottobre 2002 si votò per mandare 1.000 Alpini a Kabul fino a quando l’anno successivo l’Italia, oltre a partecipare alla messa in sicurezza della zona della capitale, si vide affidata l’intera parte occidentale nella regione di Herat, dove operarono 900 italiani, da cui oggi si ritira. La prima vittima italiana fu il caporal maggiore Giovanni Bruno, a seguito di un incidente stradale il 3 ottobre 2004. Il primo attacco mortale avvenne invece il 5 maggio 2006, quando una bomba esplose al passaggio di un convoglio di blindati, uccidendo il capitano Manuel Fiorito e il maresciallo Luca Polsinelli. Da allora gli italiani militari uccisi sono diventati 53.

Si stima che la guerra in Afghanistan sia costata fino ad oggi 2,26 migliaia di miliardi di dollari, secondo il progetto Cost of War. La maggior parte della spesa, 933 miliardi di dollari, è stata assegnata al budget di guerra del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, in seguito integrato da altri 443 miliardi di dollari. Il resto del denaro include 296 miliardi di dollari per l’assistenza medica dei veterani e 59 miliardi di dollari per il budget di guerra del Dipartimento di Stato. Gli Stati Uniti hanno anche pagato circa 530 miliardi di dollari di interessi per i loro pesanti prestiti durante la guerra. Ma non solo. Washington ha speso 144 miliardi di dollari per iniziative di ricostruzione dell’Afghanistan. Queste cifre non includono l’assistenza a vita per i veterani né i futuri pagamenti di interessi, il che significa come anche dopo il ritiro delle truppe i contribuenti statunitensi continueranno a pagare per la guerra.

«Senza dubbio risorti». Gli ultimi dati mostrano che il governo afghano controlla circa un terzo del Paese con i restanti due terzi contestati o sotto il controllo dei talebani. Come dire insomma che a dominare sono loro, dopo la sconfitta del 2001. I distretti intorno alla capitale Kabul, che è sotto il controllo del governo afghano, negli ultimi anni sono stati persi o contesi dai talebani.

Sorgente: Dopo 20 anni di guerra l’Afghanistan che resta

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