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Battezzato A76, si trova nel mare di Weddell. È vasto 4.320 chilometri quadrati ed è stato osservato dai satelliti. Il suo predecessore si è appena fuso dopo due anni di vagabondaggio nei mari del sud

di Elena Dusi

È più grande dell’isola di Maiorca, ma poco adatto a una vacanza. Lungo 170 chilometri e largo 25, un nuovo gigantesco iceberg si è staccato nel mare di Weddell, nella parte occidentale dell’Antartide. Con i suoi 4320 chilometri quadri di superficie, si avvicina al famoso predecessore A68, una piattaforma candida che si estendeva per 6mila chilometri quadri quando, nel 2017, prese il largo dalla piattaforma Larsen, sempre in Artantide occidentale. Dopo aver vagato per due anni nel mare di Weddell, il suo miliardo di tonnellate è finito nelle correnti calde (relativamente) che si dirigono verso l’isola South Georgia, poco più a nord, una sorta di cimitero degli iceberg. Per un po’ si è temuto per le colonie di pinguini locali, ma A68 all’inizio di quest’anno si è sbriciolato in mille frammenti, incapaci ormai di minacciare alcunché.

 

 

La storia si ripete. Un altro iceberg da record l’ha subito sostituito. È il più grande fra quelli esistenti, spiega l’Agenzia spaziale europea, che lo ha avvistato tramite i suoi satelliti Sentinel, all’interno della missione Copernicus. “Ma il suo non è un primato assoluto. Nel 1956 se ne formò uno da 31mila chilometri quadri e nel 2000 dal mare di Ross un altro da 11mila chilometri quadri” spiega Massimo Frezzotti, professore di geografia fisica all’università di Roma Tre, un decano con 15 missioni in Antartide. La prima lettera del nome che compone un iceberg (A, B, C o D) indica il quadrante da cui proviene. La cifra indica invece la successione degli iceberg di un determinato anno.

 

Massimo Frezzotti in Antartide 

 

Che degli iceberg, anche molto grandi, si stacchino dalla piattaforma di ghiaccio, non è una novità, né un problema necessariamente legato al cambiamento climatico. Trattandosi di ghiaccio che già galleggia inmare, la fusione di queste enormi montagne candide non contribuisce all’innalzamento dei mari. “Il problema – spiega lo scienziato – è quando questi distacchi superano un normale punto di equilibrio. Allora le piattaforme ghiacciate non riescono più a svolgere la loro funzione di tappo e il ghiaccio che si trova sulla terraferma inizia a scivolare verso il mare a velocità superiori alla norma. È a quel punto che temiamo ripercussioni sul livello dei mari”.

Al momento la crescita degli oceani si attesta su una manciata di millimetri all’anno. “Se tutto il ghiaccio antartico si fondesse, arriveremmo a 70 metri” spiega Frezzotti. “Ovviamente non ci aspettiamo che questo avvenga, ma anche solo uno scioglimento del 10% si tradurrebbe in 7 metri in più”. Fare previsioni, nella parte più inesplorata e misteriosa del pianeta, resta comunque difficile. Solo i satelliti riescono a monitorare con costanza un continente grande una volta e mezza l’Europa. Ma anche i loro occhi si fermano alla superficie. Il vero problema dell’Antartide invece è quel che avviene sotto, dove l’acqua del mare entra in contatto con il ghiaccio delle piattaforme galleggianti. Lì, a osservare quel che succede, non può esserci proprio nessuno.

“Il riscaldamento dell’aria in Antartide – spiega lo scienziato – influisce poco. Fa talmente freddo che non è qualche grado in più a fare la differenza. Per quanto riguarda il mare, invece, la situazione è delicata. Normalmente siamo a 1,5-3 gradi sottozero. Ma con l’aumento delle temperature e il cambiamento di alcune correnti, l’acqua oggi può ritrovarsi a 3 gradi sopra lo zero. Questa differenza può sembrare piccola, ma produce danni enormi”. L’acqua del mare infatti in questo modo riesce a sciogliere il ghiaccio, erodendo le piattaforme galleggianti dal basso.

“Ci sono aree sia nell’Antartide occidentale che in quello orientale – spiega Frezzotti – in cui la piattaforma ghiacciata si sta ritraendo. Non sappiamo se siamo già arrivati al punto di non ritorno. Ai miei studenti mostro sempre l’immagine di Wile Coyote che resta sospeso in aria per qualche secondo, prima di accorgersi di non avere la terra sotto ai piedi e poi di precipitare sul serio. Può darsi che abbiamo già superato l’orlo del burrone o siamo ancora in tempo a fermarci. Non possiamo saperlo. Quel che è certo è che più rinviamo i provvedimenti a difesa dell’ambiente, più arduo sarà tornare indietro. Ai nostri figli lasceremo un debito ecologico enorme, che col tempo rischia di accumularsi sempre più”. A76 impiegherà solo pochi mesi a sciogliersi. La nostra impronta sulla natura è invece destinata a restare molto a lungo.

Sorgente: Iceberg da record si stacca dall’Antartide, è più grande dell’isola di Maiorca – la Repubblica

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