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Complice il bel tempo, una folla si è riversata nel weekend in parchi, piazze e lungomare. Forse per dimenticare la nostra condizione di Paese malato

DI FRANCESCO MERLO

Guardandoli passeggiare in via del Corso, si fa presto a dire che sono matti e irresponsabili, un chilometro e mezzo di negazionisti. E invece forse sono soprattutto stanchi gli italiani, estenuati dal déjà vu della parola lockdown e della frase minacciosa “niente sarà più come prima”, dei rimproveri spietati per la mascherina, le feste, la movida, la stretta di una mano non lavata, il carrello del supermercato non sanificato, la bottoniera dell’ascensore: «Ma almeno hai scaricato la App Immuni?».

E si somigliano pure, come mai si erano somigliati, i veneziani, che sabato e domenica hanno invaso Campo Santa Margherita, e i palermitani, che sgomitavano in fila (si fa per dire) per comprare le frittelle al mercato di Ballarò . È l’unità d’Italia dell’Estate di San Martino. È la natura benigna che tenta e seduce il Paese ammalato. Sono i cieli del bellissimo novembre che ci rendono patria dolente a caccia di un antidoto, di un contravveleno, di un surrogato di vaccino: siamo o no il Paese del sole e del mare? Ed è vero o no, come disse Walter Ricciardi, il quale di professione non fa il bagnino, che «al sole, con una temperatura di 24°C e umidità dell’80 per cento, il virus muore in due minuti»?

Rinasce insomma il Bel Paese con le luci di novembre che non abbagliano come quelle d’estate, ma illuminano dolcemente cupole e battisteri, le foglie morte, i boschi che diventano arancione come i cachi e le zucche di stagione. E si riscaldano i cuori sfortunati e scornacchiati dal mood del coprifuoco e dallo spleen della pandemia. E dunque: tutti in gita, “fuori porta” si diceva una volta, negli affollatissimi paesini sulle colline toscane, a Castagneto Carducci per esempio, o nelle piazze di Pisa e di Siena invase come le curve degli stadi, o a Porta Portese che domenica mattina sembrava ancora più sudata, tropicale come in Apocalipse Now: “Vado avanti a gomitate / Tra la gente che si affolla / Le patacche che ti ammolla quello là”.

Davvero nasce dalla stanchezza la voglia di provarci affidandosi più che alla mascherina all’amuleto rosso e al gesto delle corna ogni volta che appare in televisione il viso di questo o quel virologo, eletto a menagramo di riferimento: ciascuno il suo.

È sempre disperata la scelta di rischiare, proprio come al tavolo da gioco. Ricordate, qualche anno fa, lo spot di Stato per il totocalcio? “Lasciatemi sognare / con la schedina in mano, / lasciatemi sognare / io sono un italiano”. L’assembramento , come il poker online, genera dipendenza compulsiva. La massa è attraente e perdersi nella massa è dolce come il naufragare del poeta.

E sono déjà vu anche le indignazioni del moderato Zaia e le urla di De Luca, l’ “Asso di Spade” nella gag del Bel Ciccillo (Totò): “Io di nome mi chiamo don Ciccio /e mi firmo don Ciccio Salciccio; io ovunque m’impaccio e m’impiccio,/ dove vado vi faccio un pasticcio.” Zaia e De Luca sono la coppia rivale e solidale dei governatori sceriffi, quello buono e quello cattivo. Ma nella seconda ondata, con le file d’auto che davanti agli ospedali diventano corsie, ciascuna con la sua bombola d’ossigeno, questo festival del déjà vu merita davvero quell’oscuro biasimo che tutti coviamo dentro in attesa che diventi intelligenza critica.

Anche noi commentatori siamo imprigionati nel déjà ecrit, nel pensiero drogato dall’uso, con i vecchi che celebrano le loro stanchezze come vittorie, i medici e gli infermieri che si difendono dalla parola “eroi”…: la seconda ondata è una cappa soffocante di consigli, raccomandazioni e regole usate, abusate e usurate.

Per una volta ha ragione il sindaco Luigi De Magistris, che sembra persino rinsavito e senza bisogno di respiratore: «Se io chiudo il lungomare non è che la gente si butta a mare, la gente andrà su via dei Mille, se chiudi via dei Mille andrà su via Toledo, se chiudi via Toledo va su piazza Plebiscito, se chiudi piazza Vanvitelli va su via Luca Giordano».

Il passo successivo dell’italiano stanco sarà non credere più all’idea che l’ammalato di Covid, qualunque ammalato, in un certo modo si è cercato il suo male, perché chissà dove e con chi si era esposto all’imprudenza. E va bene che al nostro governo piace che la vittima si senta un pochino in colpa perché, come diceva quel giudice ora pensionato, in Italia «non esistono innocenti ma solo colpevoli che non sono stati ancora scoperti». E però noi siamo più superstiziosi che giustizialisti e dunque la fortuna (Machiavelli) supera la virtù (Guicciardini). Il fato ci lusinga più del merito: «Sinora ho avuto culo».

Nelle Marche, per esempio, è stato grigio da lunedì a venerdì. Sabato invece è arrivata la fortuna del sole che, da mezzogiorno alle tre del pomeriggio, ha fatto palpitare la Riviera Adriatica dove infatti si facevano le file e i doppi turni per mangiare, a Civitanova Marche come a Senigallia. E anche in collina all’Abbadia di Fiastra, tutti a passeggiare lungo il fiume e poi seduti sul prato a fare picnic come a Pasquetta, con i bambini, i cani e il pallone.

E anche i vigili urbani, i poliziotti e i carabinieri, che si giravano dall’altra parte per non vedere e non sentire, avevano lo stesso luccichio di tolleranza sul litorale di Jesolo, davanti alla “sabbia dolomitica della Miami d’Italia”, e sulla via Caracciolo dove il mare “sente d’alga e di sale come nessun altro mare“. Insomma, persino alle forze dell’ordine è arrivato addosso come un prurito da grattare via il déjà vecu,e il déjà entendu, il già vissuto e il già ascoltato di questa seconda ondata.

C’è sempre una complicità ambientale tra la legge e il fuorilegge. E dunque carabinieri e poliziotti sentono e sanno che non sono più proponibili le gogne dei reprobi, non è più aria di caccia in elicottero al bagnante solitario e trasgressivo di Mondello. L’occhiuta severità da guardie rosse maoiste, quelle che attaccavano al petto del colpevole in ginocchio il cartello con la scritta “sono un reazionario”, ha ceduto il passo alla comprensione che giustifica o minimizza o assolve o se condanna lo fa con levità.
E così il boiaccia è tornato pizzardone.

Sorgente: L’italiano ribelle per stanchezza che sfida il virus a colpi di sole | Rep

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