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Il Capitano straperde la battaglia per la città dello Stretto dove ha fatto il possibile per distruggere i suoi alleati, favoriti nei sondaggi contro l’uscente Falcomatà. Il tentativo leghista di conquistare una città metropolitana del Sud si conclude con una sconfitta clamorosa. Un’altra

di Gianfrancesco Turano

A Reggio Calabria la destra non passa. Il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà, 37 anni, conquista la conferma al termine di una campagna elettorale conclusa con una vittoria clamorosa nei numeri del ballottaggio. Oltre sedici punti di distacco incassati dallo sfidante, Antonino Minicuci, sono un dato minore, sebbene inatteso nelle proporzioni schiaccianti (dodicimila elettori di scarto).

La battaglia di Reggio è stata persa soprattutto, e clamorosamente, da Matteo Salvini. Il leader dell’opposizione, in preda al cupio dissolvi da quando ha distrutto il suo governo con i grillini un anno fa, è entrato come un panzer nelle scelte di una candidatura in una città dove la sua Lega era ed è rimasta minoritaria nei numeri.
Forza Italia e e Fdi hanno tentato invano di mettersi di traverso rispetto al Conducator milanese che ha imposto Minicuci, un oscuro burocrate di provincia con posto di lavoro in quel di Genova, salvo poi tentare di smarcarlo dal nume di Pontida. Troppo tardi.

La visita di Salvini a Reggio, il 24 agosto, aveva già detto la verità. In riva allo Stretto poche decine di persone in cerca di selfie avevano sfidato il caldo estivo mentre la presidente della giunta regionale, la forzista Jole Santelli, passava in disparte con una faccia tempestosa, dopo un colloquio privato molto teso con lo stesso Salvini.
La battaglia dell’immondizia, con la regione che ha chiuso le discariche e ha penalizzato in modo particolare Reggio, costretta a mandare una piccola quota dei rifiuti a Bari, non ha incantato gli elettori già preoccupati dal progetto salviniano di autonomia fiscale differenziata.

Al primo turno i due sfidanti erano divisi da poco più di tre punti a favore del sindaco democrat. Il ballottaggio, etichettato come referendum su Falcomatà, è in effetti diventato un referendum su Salvini.
A peggiorare la situazione sono arrivati i confronti via web fra i candidati che in un primo tempo Minicuci aveva annunciato di non volere fare. Ha cambiato idea all’ultimo – gliel’hanno fatta cambiare – e ha fatto male. Nei due confronti in diretta l’ex segretario generale della Provincia di Reggio, capace di autoliquidarsi 50 mila euro per pochi giorni di lavoro durante le elezioni per il consiglio della città metropolitana, ha perso il controllo più volte di fronte al giovane rivale, passando dal lei al tu e dalla cortesia istituzionale al linguaggio del bullo al quale abbiano tamponato il Suv.

Non è stata rose e fiori l’amministrazione Falcomatà in questi sei anni, allungati rispetto alla scadenza naturale della giunta dall’emergenza Covid-19. Il sindaco stesso ha dovuto ammettere errori nella gestione della raccolta differenziata in una città che ha livelli di evasione da record nei quartieri, in larga parte abusivi, costruiti dalle imprese della ‘ndrangheta negli anni in cui i clan pilotavano sindaci e assessori.

Sono stati anni di panem et circenses chiusi nel 2012 da un commissariamento per infiltrazioni del crimine organizzato imposto all’esponente del centrodestra Demetrio Arena, il successore di Giuseppe Scopelliti che dopo quasi due mandati da sindaco era salito alla guida della regione prima di essere fermato da una condanna penale definitiva per i bilanci falsi del Comune.

Sono stati anni in cui la giunta ha dovuto governare con le mani legate. Il predissesto ha imposto un piano di rientro lacrime e sangue fino al decreto dello scorso agosto, quando Falcomatà è riuscito a ottenere un finanziamento che è ossigeno per una città con tassi record di disoccupazione e che consentirà un’amministrazione più normale.

Da domani, anzi da adesso, nel centrodestra calabrese inizia la resa dei conti per quello che a Reggio chiamano il rigore sbagliato a porta vuota. E lo ha tirato l’uomo con la fascia del capitano.

Sorgente: Matteo Salvini ci mette la faccia ma a Reggio Calabria prende solo schiaffi – l’Espresso

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