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(Tommaso Merlo) – Anche quella di Tridico alla fine era una gran bufala. La solita cagnara scatenata ad arte per gettare palta contro il nemico pubblico numero uno. L’ennesima dimostrazione del degrado morale di cui è vittima il nostro paese. Con politicanti e presunti giornalisti e pseudo intellettuali che svendono la propria dignità personale e professionale per meschini fini politici. Uno spettacolo davvero deprimente. Con l’unico risultato d’inquinare il dibattito pubblico di falsità ed alimentare sterile rabbia sociale. Un degrado che alla lunga potrebbe ritorcersi contro chi lo alimenta al punto che il 4 marzo potrebbe rivelarsi solo l’antipasto di un sacrosanto cambiamento radicale. Il bufalismo consiste nello sporcare la reputazione del nemico nella speranza di trarne un tornaconto politico. Tipo l’agognata fine del Movimento, tipo la caduta di questo governo e il ritorno di un esecutivo più “a disposizione”. L’accecante faziosità della politica italiana non è certo una novità, il bufalismo si è però ultimamente estremizzato perdendo ogni freno inibitore. Le bufale sono sempre più grosse ed acide anche se di vita breve. Tutta colpa della frustrazione politica dei bufalisti. Politicanti, presunti giornalisti e pseudo intellettuali erano convinti di sbarazzarsi degli intrusi del 4 marzo ben più rapidamente. Erano certi di un loro fallimento prematuro ed invece siamo al bis governativo e con un’invidiabile lista di cose fatte. Anche l’ultima spallata regionale è andata a vuoto, lo sciacallaggio pandemico non ha reso nulla e Conte si appresta ad affettare la mega torta europea. Ma quella dei bufalisti è anche frustrazione personale. Hanno perso centralità nell’arena pubblica. Ormai solo le tifoserie gli danno retta. Basta vedere l’ultimo referendum. Sono come sfasati. Il risentimento ha compromesso la loro lucidità mentre la viscerale faziosità li spinge a scrivere e parlare di una realtà immaginaria che vorrebbero si realizzasse e non di quella che hanno sotto il naso. Son scivolati in un mondo parallelo in cui sfogano i loro istinti peggiori. Buonsenso suggerirebbe ai bufalisti di darsi una regolata. Di riscoprire l’onestà intellettuale che è l’unica via per recuperare la credibilità perduta e quindi il loro ruolo in democrazia. Ed invece picchiano sempre più duro puntando allo sfascio. Vogliono la restaurazione del vecchio regime partitocratico a tutti i costi. Anche a quello di ottenerlo con l’inganno sotterrando i loro nemici sotto quintali di bufale. Il loro motto è “chi di bufala ferisce di bufala perisce”. Ma questa è la madre di tutte le bufale. Il 4 marzo non è affatto figlio del bufalismo. Che la corruzione e le collusioni malavitose fossero dilaganti erano una verità conclamata. Come quella delle poltrone e dei privilegi e di caste sempre più arroganti e al servizio delle lobby invece che dei cittadini. Ed era una verità conclamata un’immigrazione fuori controllo, così come la deriva tecnocratica europea e una giustizia nostrana cucita su misura per lorsignori e così via per tutte le istanze che hanno scatenato il 4 marzo. Sacrosante verità, non bufale. Realtà politica, non propaganda spicciola. C’era poi un solido progetto alternativo, non palta. Per questo il tentativo restauratore a suon di bufale è miope e dimostra solo il degrado morale della vita pubblica italiana. Un degrado che alla lunga potrebbe ritorcersi contro chi lo alimenta al punto che il 4 marzo potrebbe rivelarsi solo l’antipasto di un sacrosanto cambiamento radicale.

Sorgente: Il bufalismo – infosannio

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