Dalla fine di maggio i monsoni stanno colpendo alcune aree del Paese senza tregua e più violenti del solito. Esonda il fiume Brahmaputra che scorre
BANGKOK – Tra fine giugno e oggi più di 4 milioni di persone, soprattutto contadini, sono state sfollate con oltre 200 vittime nelle regioni dell’Asia meridionale colpite da uno dei più alti tassi di precipitazione degli ultimi decenni.
I monsoni sono una benedizione per i campi dell’India, del Bangladesh e del Nepal che attendono tra giugno e settembre le piogge stagionali per la crescita dei raccolti nelle vaste pianure come quelle del sistema di fiumi tra Gange, Brahmaputra e Meghna. Ma sempre più spesso, in particolare quest’anno già caratterizzato dalla crisi del coronavirus, si stanno trasformando in una immane tragedia che mette a dura prova la macchina dei soccorsi in tutti i Paesi colpiti.
Ogni anno il ciclo si rinnova con sempre meno regolarità a causa dei cambi climatici e l’accelerazione progressiva dello scioglimento dei ghiacciai, ma nelle ultime settimane gli effetti sono stati particolarmente devastanti per un insieme di fattori non solo naturali, viste le alterazioni provocate da dighe e sbarramenti come ferrovie, strade e costruzioni sul flusso naturale dei 15 fiumi condivisi tra India e Bangladesh, attraversato a sua volta da altri 230 grandi corsi d’acqua che sboccano sull’immenso delta della Baia del Bengala, dove si assiste da anni anche al progressivo innalzamento del mare.
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