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Nelle carte dell’inchiesta che ha portato in carcere 20 persone e fatto mettere i sigilli a beni per 20 milioni di euro compare anche la casa rosso pompeiano di due piani della Romanina, emblema della forza della famiglia. Tra le pagine dell’ordinanza si scopre che il proprietario – Guerrino ‘Pelè’ Casamonica – aveva usufruito di due provvedimenti dei governi di centrodestra per regolarizzare la sua abitazione, che ora verrà restituita ai cittadini perché sequestrata a causa di un “raggiro” smascherato dagli inquirenti

Quasi tutti a Roma conoscono il villone rosso pompeiano di Guerrino “Pelè” Casamonica alla Romanina. Una delle più note dimostrazioni di come il clan sinti ostenti il proprio potere in alcune zone della Capitale. In pochi sanno che quella palazzina a due piani con piscina, costruita nel 1993 su un terreno pubblico a cavallo del confine con il Comune di Frascati, esiste così com’è grazie a due condoni edilizi voluti da due differenti governi Berlusconi: la legge 724 del 1994 e il decreto 269 del 2003. E che perfino lui – come emerge dalle carte dell’inchiesta che martedì l’ha portato in carcere per mafia, insieme ad altri componenti del clan – ha dovuto scontrarsi con la proverbiale burocrazia capitolina. Ora che la villa di via Roccabernarda 8 è stata sequestrata, il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, chiede che torni il prima possibile nella disponibilità pubblica per “restituirlo ai cittadini perbene, come abbiamo già fatto con le altre due ville confiscate nella stessa strada, che nel frattempo sono diventate un parco pubblico e un’associazione di genitori di ragazzi autistici”.

D’altronde Pelè, fra i pochi Casamonica spesso disponibile con i cronisti, non ha mai perso occasione di vantarsi di essere “in regola”. Come confermato recentemente dall’Agenzia regionale dei Beni Confiscati alle Mafie e dal Municipio VII di Roma. Lo ha fatto, l’ultima volta, a novembre 2018, mentre Zingaretti e Matteo Salvini facevano a gara a salire sulla ruspa che avrebbe abbattuto un’altra villa di via Roccabernarda. “Io sto a posto, non me possono fa’ niente”, ripeteva con ghigno beffardo, sbandierando il certificato rilasciato dal Comune di Frascati. Il primo condono, quello del 1994, era infatti servito a sanare la costruzione residenziale, realizzata l’anno precedente, attraverso il pagamento di quasi 15 milioni di lire; quello del 2003, invece, aveva regolarizzato il secondo livello dell’edificio, aggiunto successivamente. Negli ultimi anni, l’aumento del volume di affari e le inchieste nei confronti della famiglia sinti, hanno spinto Guerrino a trovare una “soluzione” per scongiurare futuri sequestri: l’intestazione “fittizia” – come scrive il gip Zsuzsa Mendola nell’ordinanza – alla sorella Dora Casamonica del terreno e dell’amata villa.

Ma a forza di irregolarità, anche il potente Pelè Casamonica si è dovuto scontrare con la burocrazia capitolina. Nel 2015, infatti, il Comune di Frascati ha fornito senza troppe opposizioni il suo nulla osta al cambio di proprietà, concedendo addirittura un atto di conciliazione. Ma per concludere la compravendita tra fratelli serviva anche il nulla osta del Comune di Roma. Cosa che ha portato Pelè a scontrarsi con le resistenze dell’ufficio condono capitolino. “Mo te parlo mejo… papale papale papale (…) A me me devi da la concessione de casa mia!! perché l’ho pagata e strapagata!!”, dice Guerrino al telefono, intercettato il 24 gennaio 2018, mentre parla con Luciano Paiella, ex dipendente dell’Aeronautica in pensione, che gli sta seguendo la pratica. “M’hai fatto paga’ tutto quanto.., mo ricomincio a fa che tutto quello che ho pagato io me lo ripaghi tutto te Maie’! perché io vojo casa! Io vojo casa!”, gli urla Guerrino, ottenendo di accompagnare Maiella all’ufficio condono.

“Purtroppo c’hai un nome un po’ pericoloso… un nome chiacchierato”, prova a spiegargli Alessandro Panitteri, geometra dello studio cui si appoggia Paiella, ottenendo come risposta: “E perché Frascati non ha detto… quando gli ho portato i sordi… (…) c’hai un cognome pericoloso? Come mai?”. Fatto sta che, alla fine, qualcosa all’ufficio condono sembra muoversi. “Il successivo 31 gennaio 2018 – si legge nell’ordinanza – Alessandro Panitteri chiama Guerrino per avere notizie in merito alla pratica del condono edilizio. Guerrino afferma di aver parlato con il responsabile dell’ufficio competente, il quale gli ha consigliato di produrre un atto notarile, cosa che Panitteri aveva suggerito in passato a Paiella”. Eloquente l’affermazione con cui Guerrino congeda Panitteri al termine della conversazione: “Speriamo che a mesi ce l’abbiamo e famo sto raggiro…”. Un raggiro che però è costato gli arresti a tutti presunti “complici” di Pelè, ovvero Dora Casamonica, Luciano Paiella e Alessandro Panitteri.

Sorgente: Casamonica, la villa rossa simbolo del clan sanata con i condoni dei governi Berlusconi. Ora il sequestro dopo un’intestazione fittizia – Il Fatto Quotidiano

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