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Dodici persone sono morte su un barcone alla deriva, nonostante fosse stato individuato da giorni. Neanche le proteste di un gruppo di parlamentari ha scosso la maggioranza, ormai completamente grillizzata

di Francesco Cundari

In questi giorni il governo ha preso una decisione molto importante, forse la più importante di tutte, senza che se ne sia discusso da nessuna parte. Di fatto, in nome dell’emergenza coronavirus, ha abbandonato anche quel minimo di ipocrisia che ancora consentiva di accreditare una qualche differenza, almeno di principio, tra le parole d’ordine di Matteo Salvini e la linea della nuova maggioranza in tema di immigrazione, sicurezza e diritti umani.

Lo testimoniano i tragici fatti degli ultimi giorni, culminati nella denuncia dell’Ong Alarm Phone, secondo cui dodici persone sono morte di sete, o per annegamento, su un barcone, nonostante fossero state individuate da diversi giorni. Abbandonate al loro destino – secondo il rapporto pubblicato da Alarm Phone in collaborazione con Sea Watch e Mediterranea – dall’agenzia europea Frontex e dai governi di Malta, Italia, Germania e Portogallo (mentre cinquantasei superstiti sarebbero stati riportati dai maltesi in Libia).

La successione dei fatti parla da sola. Le Ong affermano di avere informato le autorità, compreso il governo italiano, sin dalla notte del 10 aprile. Il 12 aprile, diversi parlamentari di maggioranza, da Matteo Orfini a Nicola Fratoianni, da Riccardo Magi a Gregorio De Falco, si sono rivolti direttamente a Giuseppe Conte con una lettera aperta. «Al governo italiano chiediamo di intervenire prima che sia troppo tardi», scrivono.

Il 13 aprile Mediterranea pubblica la registrazione della chiamata arrivata ad Alarm Phone, la richiesta di aiuto di una donna di ventun anni, incinta, su un barcone alla deriva, con il figlio di sette anni. Sono passate oltre 48 ore dal primo allarme. 24 dalla lettera dei parlamentari. Che resta senza risposta, come del resto era accaduto anche il 7 aprile, quando molti di quegli stessi parlamentari avevano protestato contro la scelta del governo di chiudere i porti.

Quando cioè i ministri Luigi Di Maio, Paola De Micheli, Roberto Speranza e Luciana Lamorgese si erano affrettati a dichiarare che a causa del Covid l’Italia non era più un porto sicuro, con apposito decreto, di fronte alla richiesta di aiuto della nave Alan Kurdi (alla quale ieri, dopo una decina di giorni di attesa, bontà nostra, abbiamo consentito di trasferire 149 naufraghi sul traghetto Rubattino della Tirrenia, gestito dalla Croce rossa, dove passeranno la quarantena).

Tutto ciò è accaduto nell’indifferenza generale. Ed è facile intuire il motivo. In questo momento, si lascia intendere, non possiamo permetterci di occuparci anche dei migranti. Dunque accada quel che accada: affoghino, siano riportati nei luoghi di tortura da cui erano appena scappati, muoiano di sete o di fame. Affari loro.

E così, prima ancora di rendercene conto, abbiamo tracciato una linea nella nostra coscienza, ma in qualche modo anche nel dibattito pubblico: tra il necessario e il superfluo, tra ciò che consideriamo indispensabile e ciò che riteniamo invece, all’occorrenza, sacrificabile.

I diritti umani, il rispetto della Costituzione, la sacralità della vita e della dignità di ogni persona, senza distinzioni di sesso, religione o provenienza: quando abbiamo deciso che tutto questo era un lusso, un capriccio, un bene voluttuario e inessenziale, corrispondente al codice Ateco di quelle aziende che saranno le ultimissime a ripartire, molto dopo discoteche e centri massaggi? Quand’è, esattamente, che il governo e la maggioranza ne hanno discusso? Quand’è che il Partito democratico, Leu e Italia Viva hanno avallato una simile decisione?

Dei cinquestelle, evidentemente, non ha senso neanche chiederselo, essendo stati entusiasti sostenitori di questa linea sin dai tempi del governo precedente. Gli emendamenti più feroci ai decreti sicurezza, come quello sulle mega multe a chi salva vite in mare, sono stati partoriti da loro. A quanto pare, hanno vinto anche questa volta.

 

Sorgente: Non solo non ha abolito i decreti sicurezza, sull’immigrazione il governo ha sposato la linea Salvini – Linkiesta.it

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