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Renzi chi? Qualcosa non torna quando Matteo Renzi minaccia, paralizza, sconfessa il governo di cui lui stesso fa parte. Quando fa filtrare che è pronto a sfiduciare il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Quando avverte da lontano il premier Giuseppe Conte di far saltare tutto, ma poi cerca di dare a lui la colpa sui “toni alti”, sulle “forzature”. Infiamma il clima, fa intendere che lui è indispensabile, senza di lui non si va avanti. Fa partecipare ai tavoli sull’agenda 2023 i suoi delegati, ma poi tiene appeso il programma del governo che voleva di legislatura a una sua intervista non in Parlamento, non a Palazzo Chigi, ma da Bruno Vespa. Qualcosa non torna quando detta le condizioni – mentre l’ultimo sondaggio per il suo partito scavalca a fatica il 3 per cento e la sua fiducia personale lo mette tra i meno credibili dopo SperanzaCrimiDi MaioBerlusconi – tiene in ostaggio il Senato per un giorno intero con i più elementari trucchi di ostruzionismo, trasformandolo nel pantano di una trincea, nella riproposizione della moviola. Non torna che Matteo Renzi è diventato la nemesi di se stesso: si è trasformato in ciò che ha sempre odiato di più. Lui, il premier più giovane della storia italiana che voleva rinnovare la politica, avversario delle perdite di tempo, dei caminetti da Prima Repubblica, il rottamatore che voleva apparire moderno a tutti i costi e a tutti i costi diceva di voler cambiare il Paese a colpi di “basta ricatti”, “no ai veti”, “ascolto tutti, ma poi decido”. A costo di rimuovere, fisicamente, di peso, parlamentari dissidenti dal loro posto. Ora è lui, l’ex rottamatore innamorato del decisionismo, a brandire il suo mini-partito per poter recitare il ruolo del leader della dittatura della minoranza. “Se vogliono i nostri voti – ha sottolineato ieri – si prendano anche le nostre idee”.

Sorgente: Renzi, la nemesi: è diventato il capo della “dittatura della minoranza”. Da “basta ricatti” alla paralisi del governo col mini-partito – Il Fatto Quotidiano

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