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La Commissione aveva aperto una procedura d’infrazione contro Roma, deferendola alla Corte che oggi «ha constatato una violazione della direttiva» sulla lotta contro i ritardi di pagamento»

«L’Italia avrebbe dovuto assicurare il rispetto da parte delle pubbliche amministrazioni, nelle transazioni commerciali con le imprese private, di termini di pagamento non superiori a 30 o 60 giorni»: lo ha stabilito la
Corte di Giustizia Ue nella sentenza che vede la Commissione Ue
contro l’Italia per i ritardi dei pagamenti nella P.a. La Commissione aveva aperto una procedura d’infrazione contro Roma, deferendola alla Corte che oggi «ha constatato una violazione della direttiva» sulla lotta contro i ritardi di pagamento».

La sentenza
Nella sentenza Commissione/Italia (Direttiva lotta contro i ritardi di pagamento) pronunciata il 28 gennaio 2020, la Corte, riunita in Grande Sezione, ha constatato una violazione da parte dell’Italia della direttiva 2011/7/UE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali , in quanto non ha assicurato che le sue pubbliche amministrazioni, quando sono debitrici nel contesto di simili transazioni, rispettino effettivamente termini di pagamento non superiori a 30 o 60 giorni di calendario, stabiliti dalla direttiva.

Le mosse della Commissione Ue
La Commissione, alla quale operatori economici e associazioni di operatori economici italiani avevano rivolto varie denunce per i tempi eccessivamente lunghi in cui sistematicamente le pubbliche amministrazioni italiane saldano le proprie fatture relative a transazioni commerciali con operatori privati, ha proposto contro l’Italia un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte.

La difesa dell’Italia
L’Italia ha sostenuto, a propria difesa, che la direttiva 2011/7 impone unicamente agli Stati membri di garantire, nella loro normativa di recepimento di tale direttiva e nei contratti relativi a transazioni commerciali in cui il debitore è una delle loro pubbliche amministrazioni, termini massimi di pagamento conformi alla direttiva nonché di prevedere il diritto dei creditori, in caso di mancato rispetto di tali termini, a interessi di mora e al risarcimento dei costi di recupero. Secondo l’Italia, la normativa non impone, invece, agli Stati membri di garantire l’effettiva osservanza, in qualsiasi circostanza, dei termini da parte delle loro pubbliche amministrazioni.

La linea dura della Corte Ue
La Corte ha respinto questa argomentazione dell’Italia dichiarando che la direttiva impone agli Stati membri di assicurare il rispetto effettivo, da parte delle loro pubbliche amministrazioni, dei termini di pagamento da esso previsti. La Corte ha poi respinto l’argomento dell’Italia secondo cui le pubbliche amministrazioni non possono far sorgere la responsabilità dello Stato membro cui appartengono quando agiscono nell’ambito di una transazione commerciale, al di fuori delle loro prerogative dei pubblici poteri. Una simile interpretazione, infatti, finirebbe con il privare di effetto utile la direttiva.

Sorgente: La Corte Ue contro l’Italia: tempi troppo lunghi per i pagamenti della pubblica amministrazione – Il Sole 24 ORE

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