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di Stefano Agnoli

Erdogan, entro l'anno  trivelle nel mare libico

Lo scorso novembre, a corredo dell’accordo per l’aiuto militare alla Libia tripolina, Erdogan e Al Sarraj avevano concordato una definizione delle rispettive «zone economiche esclusive» marittime che tagliava sostanzialmente lungo una linea nord-sud il Mediterraneo orientale. Una mossa che non è piaciuta a Grecia, Cipro, Israele e Unione europea, che ne hanno contestato la legittimità.

Ora il presidente turco ha annunciato un nuovo passo, che a suo modo costituisce una forma di escalation: entro l’anno, ha detto, la nave Oruc Reis inizierà le esplorazioni in queste aree, alla ricerca di nuovi giacimenti di gas naturale. La questione non è nuova, ma l’intreccio con la crisi libica in atto la rende ancor più carica di tensioni. Da una decina di anni ad oggi nell’area del Levante mediterraneo sono stati fatti importanti ritrovamenti di gas, nei bacini di Cipro, Israele e del Delta del Nilo, e la Turchia ha sempre reclamato voce in capitolo. Forte della presenza a Cipro Nord, occupata dall’invasione del 1974, sostiene che le concessioni rilasciate dal governo di Nicosia alle compagnie petrolifere occidentali non siano valide, proprio perché non riconoscono gli interessi turco-ciprioti. A febbraio del 2018 le navi da guerra di Ankara sono passate a vie di fatto, bloccando la Saipem 12000 noleggiata dall’Eni. Lo scorso ottobre la Yavuz si è mossa per effettuare esplorazioni in un’area in concessione a Eni e Total.

Ora, dopo l’accordo Ankara-Tripoli, il gasdotto Eastmed progettato da Israele, Cipro e Grecia (e appoggiato dall’Italia) dovrebbe sottostare al nullaosta turco per poter approdare sulle coste greche, e poi italiane. E la partita diventa ancora più complicata, visto che il sempre più aggressivo Erdogan ha messo nello stesso piatto Libia, petrolio e gas del Levante.

Sorgente: corriere.it
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