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Mafia, fermato Antonello Nicosia dei Radicali: «Vicino a Messina Denaro, faceva da tramite tra carcere e clan»

Cinque fermati, con l’accusa di associazione mafiosa: Nicosia, membro del Comitato nazionale dei Radicali italiani, avrebbe fatto da tramite tra i capimafia in carcere e i clan. Definiva Messina Denaro «il nostro premier» e insultava Falcone

La Procura di Palermo ha fermato 5 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa e favoreggiamento. In carcere, tra gli altri, sono finiti il capomafia di Sciacca Accursio Dimino e Antonello Nicosia, 48 anni, membro del Comitato nazionale dei Radicali italiani, per anni impegnato in battaglie per i diritti dei detenuti. Insieme alla parlamentare Pina Occhionero (ex di Liberi e Uguali, oggi in Italia Viva, che non risulta indagata) di cui si sarebbe detto collaboratore, ha incontrato diversi boss detenuti. Secondo la Procura avrebbe fatto da tramite tra capimafia, alcuni dei quali al 41 bis, e i clan, portando all’esterno messaggi e ordini.

«Messina Denaro, il nostro premier»

Nicosia, che conduceva un programma tv («Mezz’ora d’aria»), dirige l’Osservatorio internazionale dei diritti umani Onlus ed è componente del Comitato nazionale dei Radicali italiani, secondo le intercettazioni rese pubbliche insultava Giovanni Falcone (il suo assassino «è stato un incidente sul lavoro») e definiva il boss Matteo Messina Denaro, ritenuto il capo di Cosa nostra, «il nostro Primo ministro», invitando un interlocutore, al telefono, a parlarne con cautela: «Non devi parlare a matula (a vanvera, ndr)».

«Quando entri con un deputato chiudono la porta»

Nicosia spiegava poi perché fosse fondamentale, per svolgere la sua funzione di «messaggero», poter entrare in carcere con un deputato. «Quando entri con un deputato», spiegava al telefono Nicosia, intercettato, «non è come quando entri con i Radicali. Chiudono la porta…».

Questo articolo è in aggiornamento

Sorgente: corriere.it

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