0 6 minuti 4 anni

Una frana di Paese. Viadotti a rischio, decisione senza precedenti di Austostrade, in seguito ai falsi report sulla sicurezza, per consentire verifiche. Viabilità ligure verso la paralisi

Giulia Mietta

La notizia è arrivata dopo le 21 con una “nota informativa”, come quelle che si inviano per annunciare la chiusura di area di servizio o dei cantieri di asfaltatura. Inattesa ma a ben pensarci neppure troppo. «La direzione di tronco di Genova di Autostrade per l’Italia comunica che a partire dalle ore 21.30 di lunedì 25 novembre, sarà chiusa al traffico in entrambe le direzioni la tratta dell’autostrada A26 compresa tra l’allacciamento con l’autostrada A10 e lo svincolo di Masone».

La misura è stata presa «per consentire l’esecuzione di verifiche tecniche sui viadotti Fado Nord e Pecetti Sud». La chiusura è fino a data da destinarsi. Vista la contemporanea chiusura della autostrada A6 per il crollo del viadotto “Madonna del Monte” e visto che l’assenza pesante di ponte Morandi, sono a questo punto davvero complicati, decimati, i collegamenti tra la Liguria e il resto del nord ovest. La viabilità sulla A7, la Genova-Serravalle-Milano, rischia di collassare rivelandosi unica varco per il traffico pesante con Piemonte e Lombardia, questo tenendo conto dei flussi solo commerciali, con i porti di Genova e Savona che già hanno dovuto lottare contro la crisi succeduta al 14 agosto 2018, e senza pensare ai disagi di migliaia di cittadini, pendolari e non.DECISIONE INATTESA ma neppure troppo perché da tempo i viadotti sulla Pra’-Gravellona Toce, specialmente in territorio ligure ma non solo, sono al centro dell’attenzione. Sono i viadotti citati nei report falsati allo studio della procura di Genova nell’inchiesta legata al disastro del Morandi. Sono i viadotti – il Pecetti in particolare – che dopo quel disastro vennero ripetutamente interdetti ai trasporti eccezionali. È facile ipotizzare che la direzione di tronco di Genova abbia voluto evitare che quella tratta, nei prossimi giorni, potesse essere sovrastressata dai flussi dirottati dalla A6, autostrada – peraltro – non gestita da Aspi, ma da Autofiori (controllata di Sias e presto Astm, della galassia Gavio, che ieri in borsa ha chiuso in rosso). Questa notizia pone un macigno pesantissimo alla fine di una tre giorni difficilissima. Strade interrotte, frane, allagamenti, binari sott’acqua, passeggiate distrutte del mare, 800 persone isolate, decine di sfollati. Un viadotto crollato.

LA PERTURBAZIONE che ha colpito la Liguria per oltre 50 ore consecutive si è allontanata lasciato un conto salato. 300 milioni di danni solo per gli interventi strutturali, sono quelli stimati da Regione Liguria, che ha chiesto al governo il riconoscimento di un nuovo stato di emergenza dopo quello accordato dal consiglio dei ministri quattro giorni fa per una precedente ondata di maltempo. Di questi 300 milioni, 30 dovranno essere spesi subito, per interventi di somma urgenza, per pagare ad esempio gli operai e le ruspe che stanno lavorando incessantemente per riaprire la strada provinciale del colle di Cadibona, interrotta da una gigantesca frana. La speranza è di riuscire a sbloccare questa arteria al più presto perché – dopo il crollo del viadotto sulla autostrada A6 – si tratterà della sola alternativa ragionevole per i mezzi, soprattutto quelli pesanti, diretti da Savona al Piemonte.

L’altro obbiettivo di amministratori pubblici nonché del concessionario della A6 è quello di accertare la stabilità del viadotto rimasto in piedi. Sono stati installati alcuni sensori, a questo proposito, per escludere ogni rischio di cedimento. Con il via libera della tecnologia e con la realizzazione di alcune strutture protettive si potrà riaprire il tratto tra Altare e Savona recuperando almeno una corsia per senso di marcia. Autofiori sostiene di poter ricostruire in quattro mesi una nuova campata d’acciaio. Ma se è vero che lentamente qualche problema potrà essere risolto, l’impressione è che l’equilibrio della rete infrastrutturale della Liguria non sia mai stato più precario. E se per il crollo del Morandi la lente d’ingrandimento era stata puntata da subito sulle condizioni di degrado del ponte, questa volta è chiaro che sempre di più bisognerà fare i conti con la delicatezza del territorio.

LA PROCURA DI SAVONA, che indaga sul crollo del viadotto sulla A6 ha avviato accertamenti anche sullo stato dei piloni ma intanto dal centro di competenza attivato dal dipartimento nazionale di Protezione civile, è stato confermato che la probabile causa del crollo del “Madonna del Monte” è stato l’impatto della massa di fango, 30 mila metri cubi, scesa velocissimamente sui piloni del viadotto stesso. Il terreno franato era un’area agricola, disboscata in passato per essere coltivata, ma abbandonata da tempo. «Il governo promuoverà un piano straordinario per questo territorio con tante fragilità vecchie e nuove» ha assicurato ieri in sopralluogo a Savona il ministro dei Trasporti Paola De Micheli.

Sorgente: ilmanifesto.it

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20