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M5S, Pd, Italia Viva e Leu stilano un documento con i “contrappesi” chiesti dal centrosinistra Tre interventi da approvare entro ottobre. E da dicembre si parlerà di legge elettorale, il nodo più difficile

by Giuseppe Alberto Falci

Un patto a quattro sulle riforme per dare il via libera al taglio dei parlamentari. Con nove firme in calce, a certificare un impegno comune da ora fino alla fine della legislatura. Pochi minuti fa, presso la Sala Aldo Moro di Montecitorio, nove capigruppo che compongono la maggioranza di governo (PD, M5S, LEU, Italia Viva, Autonomie) hanno firmato un documento che ruota a quattro punti sulle riforme istituzionali da offrire anche al dialogo delle opposizioni. Si tratta di una serie di “clausole di salvaguardia” che il centrosinistra ha preteso dai 5 stelle, per ridurre l’effetto distorsivo del taglio dei parlamentari. Ma soprattutto per consentire ai democrat, che fino ad oggi non hanno votato il taglio dei parlamentare, di digerire una riforma non gradita e di avere garanzie, “grazie a un pezzo di carta”, sul percorso di modifiche costituzionali. “Esprimo la mia soddisfazione per l’intesa raggiunta dai capigruppo di maggioranza”, afferma il ministro per le Riforme, il grillino Federico D’Incà. Il quale si aspetta “domani una larga maggioranza e che le opposizioni votino a favore per il taglio dei parlamentari, come accaduto già nelle letture precedenti”. Dello stesso tenore le parole del capogruppo a Montecitorio del Pd, Graziano Delrio: “E’ un ottimo accordo, segno di una maggioranza che insieme vuole costruire sintesi. Avevamo molte perplessità su questa riforma e avremmo preferito una messa in discussione del sistema bicamerale ma, dopo aver chiesto garanzie per proseguire, ora ci sono tutte”. Ed è soddisfatta anche la delegazione renziana che lo fa con Maria Elena Boschi: “Crediamo nella buona volontà, ci basiamo sulla volontà di fare un lavorio congiunto, seriamente e nei tempi che ci siamo dati con la firma di questo documento”.

Passando in rassegna il documento, si legge, che si comincerà nel mese di ottobre, con l’omogeneizzazione degli elettorati attivi e passivi di Camera e Senato, ovvero all’età di diciotto anni sarà possibile votare per entrambi i rami del Parlamento. A Montecitorio lo scorso luglio è stato dato il via libera al voto ai diciottenni. E quest’ultimo è un testo che oggi risiede in Commissione Affari costituzionale al Senato e potrebbe essere approvato in via definitiva entro il mese. Alla luce del taglio dei parlamentari il secondo disegno di legge prevede la diminuzione di un terzo del numero dei delegati regionali per eleggere il Capo dello Stato. Il tutto per evitare un peso eccessivo dei governatori nell’emiciclo che elegge l’inquilino del Quirinale.

Mentre il contenuto del terzo testo consiste nella modifica della base territoriale di elezione del Senato, che oggi è su base regionale e potrebbe diventare su base circoscrizionale, estendendo la base territoriale da regionale a pluriregionale, garantendo in questo la minoranze.

A questo punto, se a dicembre nessuno chiederà il referendum sul taglio dei parlamentari, si comincerà a discutere di legge elettorale. Ovvero, il nodo dei nodi, quello che divide maggiormente le forze politiche che compongono la maggioranza, e al suo interno ogni singolo partito. Basti pensare al Partito democratico, spaccato sulla possibilità di puntare le fiches sul maggioritario o sul proporzionale con una soglia di accesso alta. Ecco, la modifica del sistema di voto sarà presentata “entro la promulgazione della riforma”. Tuttavia, il testo della nuova legge, che deve essere ancora definito, garantirà “più efficacemente il pluralismo politico e territoriale, la parità di genere e il rigoroso rispetto dei principi della Corte costituzionale in materia elettorale e di tutela delle minoranze linguistiche”.

Rimangono sul tavolo altri temi, che sono finiti nel capitolo “rapporto fiduciario tra governo e Parlamento”. Ma su questo il dibattito è aperto al contribuito dei costituzionalisti e della società civile. Con Pd e LeU che spingono per l’introduzione della sfiducia costruttiva, un istituto presente in Germania e Spagnache garantisce stabilità ai premier e ai governi. Su questo nodo i cinquestelle devono ancora decidere. E per non essere da meno i pentastellati rilanciano il referendum propositivo, già approvato in prima lettura e fermo al Senato.

Altra questione da risolvere ma che appartiene a questo capitolo riguarda la modalità di partecipazione dei governatori regionali all’iter legislativo dell’autonomia differenziata. Sempre entro la promulgazione dovranno essere pronti i nuovi Regolamenti di Camera e Senato. Nel testo si auspica “un lavoro rapido delle Giunte per il Regolamento di Camera e Senato per riformare i regolamenti vigenti”. Da qui infatti passerà la riduzione dei quorum per la formazione dei gruppi parlamentari, e sarà necessario la riduzione i componenti delle 14 commissioni permanenti, delle Giunte e delle commissioni bicamerali. E poi ancora si cercherà “di valorizzare il ruolo del Parlamento con interventi tesi ad armonizzare il funzionamento delle due Camere e a limitare la decretazione d’urgenza e la questione di fiducia”.

Eppure adesso che è stato firmato il patto per le riforme, resta di capire cosa succederà domani in aula sul taglio dei parlamentari. Dove la maggioranza dovrà vedersela con franchi tiratori e con i malumori che serpeggiano in tutti i gruppi. E allora basterà firmato un documento? Anche perché si tratta pur sempre di annuncio…

Sorgente: Un patto a quattro sulle riforme per il sì al taglio dei parlamentari | L’HuffPost

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