Ankara, che proprio da Trump quattro giorni fa aveva ricevuto il via libera, dovrebbe sapere perfettamente dove si trovano i militari a stelle e strisce. Intanto di ora in ora si fa sempre più forte la condanna internazionale per l’offensiva nel nord-est della Siria. L’ultimo monito è giunto dal Pentagono, mentre da Usa e Ue cresce la spinta per l’imposizione di sanzioni al governo di Recep Tayyip Erdogan, se non cesserà le ostilità. E intanto, Olanda e Paesi scandinavi hanno già deciso di sospendere la vendita di armi al suo esercito. Newsweek riferisce anche che il funzionario Usa ha spiegato “che i bombardamenti erano così pesanti che il personale degli Stati Uniti ha preso in considerazione la possibilità di sparare in difesa“.
I timori crescono anche sul destino dei jihadisti detenuti nelle prigioni curde. Cinque di loro sarebbero riusciti a fuggire dopo un raid aereo turco sulla prigione di Qamishli. Da Bruxelles si parla di “seria preoccupazione”. Timori espressi anche da Vladimir Putin, nonostante i rapporti stretti con Erdogan. C’è il rischio che i miliziani detenuti nelle carceri curde “possano fuggire. Non sono sicuro che Ankara possa prendere il controllo della situazione”, ha detto il presidente russo, secondo cui la regione curda sarebbe più sicura nelle mani del suo protetto Bashar al Assad.
Sul terreno la situazione si fa sempre più allarmante. Gli sfollati interni provocati dall’offensiva sono ormai decine di migliaia, 100mila secondo un calcolo dell’Onu. Medici Senza Frontiere ha fatto sapere di aver dovuto interrompere le sue attività nell’ospedale di Tal Abyad, cuore dell’offensiva turca, che serve circa 200mila persone, e ridurre altri soccorsi nella regione.