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Le api di tutto il mondo stanno morendo. I dati riportati da alcuni media indicano che negli ultimi inverni nella sola Europa abbiamo avuto perdite fino al 53% (fonte Greenpeace), mentre nell’ultimo anno gli Stati Uniti hanno dichiarato di aver subito la maggior perdita di api della loro storia, con apicoltori che hanno segnalato perdite dal 50 al 90% (fonte Dan Rather Report).

Le cause di questo disastro sono tante. Le stiamo uccidendo con l’inquinamento globale, col massiccio utilizzo in agricoltura dei pesticidi e insetticidi, di funghicidi e antiparassitari chimici dannosi per la loro vita. Qualcuno dice che i campi elettromagnetici prodotti dalle reti mobili di comunicazione causerebbero la perdita di orientamento delle api e disfunzioni nel loro sistema immunitario, rendendole più deboli rispetto agli agenti patogeni. Senza contare i cambiamenti climatici che stanno avendo un forte impatto negativo su tutto l’ecosistema.

Questa moria non ha solo un effetto sulla produzione di quel nettare prezioso che è il miele, o prodotti derivati quali la pappa reale, la cera o il propoli, ma anche e soprattutto per la vita sulla terra. C’è una frase attribuita ad Albert Einstein (“se le api scomparissero dalla terra, all’uomo non resterebbero che 4 anni di vita”), famosissima anche se non è vero che lo scienziato l’abbia mai affermata. Tuttavia, viene citata spesso dai media per segnalare con enfasi il problema del declino delle api nel mondo. Ha una notevole forza evocativa, perché le api forniscono un servizio essenziale nell’impollinazione di moltissime colture. Con l’impollinazione, le api assicurano la riproduzione delle piante di cui si cibano uomini e animali.

Alle api interessa il miele e come far sopravvivere l’alveare. Ma è grazie al loro instancabile ronzare tra i petali che avviene l’impollinazione. Si capisce quanto la moria delle api possa essere devastante. Poche api significa la catastrofe.

Certo, negli ultimi tempi ci sono stati vari tentativi di sensibilizzare l’opinione pubblica e la politica verso questo disastro: individui, movimenti ci sono e si stanno mobilitando. Ma non basta. Occorre fare di più, molto di più.

Io ho avuto la fortuna di avere un padre che per molti anni ha tenuto gli alveari nel suo campo. Si è occupato delle api direi quasi religiosamente. Mi ha insegnato ad osservarle ed amarle.

Ricordo come spesso ci fermavamo insieme, incantati, a osservarle mentre silenziose, indaffaratissime, volavano di fiore in fiore per poi rientrare velocissime nell’alveare per depositare quello che sarebbe stata la loro riserva di cibo per l’inverno! Un alveare, mi spiegava mio padre, è organizzato in maniera incredibilmente precisa, ordinata, una sorta di meravigliosa famiglia perfetta.

Questo amore per le api mi è rimasto impresso nel cuore ed ha avuto un grande peso nella mia vita
e attività professionale di artista. Ho spesso cercato di render omaggio a questi insetti straordinari in numerose mie sculture che utilizzano e riproducono appunto le “casette”, le arnie delle api.

Un modo con il quale ho voluto dare il mio contributo a sensibilizzare le persone su questo problema. Ritengo che sarebbe necessario soprattutto alle nuove generazioni, ai bambini, tra un telefonino e un Facebook, fare conoscere la grandiosità di queste nostre amiche preziosissime, che sono vicine a noi in qualsiasi campagna o montagna. Esseri silenziosi, laboriosi, che non chiedono nulla e donano a piene mani, e che per ringraziamento che cosa hanno ottenuto? Il pericolo di morire sempre più numerose. Una strage lenta, silenziosa che strazia veramente il cuore.

Sorgente: Le api stanno morendo, una tragedia per l’umanità – La Stampa

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