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«Mi considero il ministro delle famiglie, al plurale. Adesso un family act: nidi gratis e assegni per i bebè. Penso anche a congedi più lunghi per i papà. Via il decreto Pillon: è un testo ideologico, serve rispetto per le fragilità»

Gabriele De Stefani

TORINO. «Un bambino, figlio di stranieri, che concluda un ciclo di studi nel nostro paese deve avere la cittadinanza italiana con lo Ius Culturae: se lo Stato investe nella formazione di una persona, poi è giusto che la valorizzi. Diversamente, è come far allenare un giocatore tutta la settimana e poi tenerlo in panchina». Elena Bonetti, docente di Matematica alla Statale di Milano, renziana pre e post-scissione, è una ministra della Famiglia e delle Pari opportunità solo superficialmente last minute. Lo è perché l’incarico le è stato offerto all’ultimo, mentre era a Parigi come visiting professor. In 24 ore, è passata da Paris Est a studiare modelli per l’ingegneria al Quirinale a giurare da ministra. Ma dei temi che saranno al centro della sua azione politica si occupa da lungo tempo: la palestra dell’Agesci, di cui è stata dirigente nazionale avvicinandosi a Renzi; il periodo in segreteria nazionale Pd; e poi il background familiare, perché il marito, che lavora nella galassia Caritas tra Osservatorio povertà e mensa per i senzatetto, «mi ha fatto conoscere da vicino il mondo delle fragilità». Il cuore dell’agenda della ministra è nel Family Act: asili nido gratis, assegno unico per ogni bambino ed estensione del congedo di paternità.

Perché un Family Act? Vedremo qualcosa già nella prossima manovra?
«Questo governo vuole porre il tema della famiglia, con un progetto di sistema che combatta la denatalità e rimetta l’educazione al centro. L’asilo gratis e l’assegno unico hanno un doppio significato: da una parte incentivare il ritorno al lavoro dopo la gravidanza, dall’altra riconoscere il valore dell’educazione e lottare contro le sacche di diseguaglianza che si creano già nella prima infanzia. Vedremo cosa inserire nella manovra, in base alle risorse. Ma bisogna fare in fretta».

Come sarà strutturato l’assegno unico? Su quali cifre state ragionando?
«L’idea è garantire un assegno mensile, che comprenda bonus e detrazioni e proporzionato al reddito, dagli ultimi mesi di gravidanza all’età adulta di ciascun figlio. Così contiamo anche di dare una risposta alle difficoltà di tante giovani mamme che, con contratti a tempo determinato o lavoratrici autonome, oggi non godono di alcuna forma di sostegno. Le cifre? Ci sono proposte di legge che partono da 2-300 euro al mese. Puntiamo anche a calmierare l’Iva su una serie di prodotti necessari per cura ed educazione del bambino».

I padri hanno diritto a un congedo di pochi giorni e l’Ue ci chiede di estenderlo.

«Lo faremo per i padri, così come vogliamo prolungare anche il congedo delle mamme e favorire politiche di conciliazione: fare un figlio non può più essere un ostacolo alla vita lavorativa. Quanto ai papà, lasciare loro più tempo con i figli ha molti significati. Intanto avrebbero più spazio per la relazione con il bimbo. E poi un loro maggior coinvolgimento contrasterebbe quei modelli di presunta superiorità dell’uomo che purtroppo ancora attraversano la nostra società. Aggiungo che, se esiste un patto educativo tra famiglie e Stato, i genitori non devono prendersi permessi dal lavoro per incontrare i professori a scuola. Insomma, serve più flessibilità da parte di tutti, in un’alleanza che comprenda famiglia, scuola, Stato e terzo settore. Apprezzo il modello francese, ma possiamo crearne uno italiano inedito».

Pensa di allargare i diritti delle famiglie arcobaleno?
«Sono stata a favore della legge sulle unioni civili del governo Renzi perché coniuga il diritto ad amare e il dovere di responsabilità reciproca. Da quando ho assunto l’incarico di ministro, parlo di famiglie al plurale: ci sono molteplici situazioni nella nostra società e non c’è un modello unico di famiglia. La priorità oggi è fare qualcosa di utile per le famiglie più che dividerci sulla sua definizione».

Perché il decreto Pillon resterà nel cassetto, come ha annunciato nei giorni scorsi?
«Non c’è molto da dire: il decreto esprimeva un punto di vista improprio. Davanti alle situazioni di fragilità servono prudenza, serietà e cura degli interessi del bambino. L’ideologia non è opportuna».

Perché lo Ius Culturae?
«Una premessa: non è nel programma di governo né spetta a me occuparmene. Dico però che fu un errore non approvarlo nella scorsa legislatura e per questo con i Comitati di azione civile promossi da Renzi lo abbiamo rilanciato con una proposta di legge. I bambini nati e cresciuti qui e che chiudano un ciclo scolastico come le elementari o le medie, devono avere la cittadinanza. La loro identità è italiana. Lo Stato investe su di loro con un percorso educativo e poi li ostacola: che senso ha? Si creano solo situazioni di disagio. Poi dovremo affrontare il tema del linguaggio dell’odio, che però non riguarda solo il razzismo».

Una scissione di un partito di maggioranza a pochi giorni dall’insediamento di un governo è quasi un inedito. Non pare un segnale di stabilità.
«Io ho scelto una formazione che esce dagli schemi costituiti e pensa a riforme di lungo periodo. Tutto questo era impossibile nel Pd, dove bisognava sempre fare i conti con polemiche interne e punti di vista statici. Ora ciascuno potrà porre i propri temi in modo nitido, senza equilibrismi. Il governo ne esce rafforzato».

Sorgente: Bonetti: “Cittadinanza a studenti minorenni e un incentivo per favorire le nascite” – La Stampa

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