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ncora incerto l’epilogo del refendum su Brexit e dei due lunghi anni di negoziato falliti dell’ex premier Theresa May. Se sul piano politico, l’ultima svolta è la richiesta di un nuova consultazione popolare del leader dell’opposizione Jeremy Corbyn, il peso di questo divorzio si fa sempre più sentire sul piano finanziario. La separazione dall’Ue infatti ha determinato un crollo del flusso degli investimenti esteri nel Regno Unito nel primo trimeste del 2019. Un dato che si somma al costo pagato dalle principali società di servizi finanziari del Paese per fronteggiare l’impatto dell’uscita dell’isola inglese dall’abbraccio comunitario.

L’ex premier Theresa May. AGF

A lanciare l’allarme è stata la Banca d’Inghilterra, che ha segnalato la fuga dei capitali esteri nel report sulla stabilità finanziaria: il volume degli investimenti stranieri in Gran Bretagna è crollato al 38 per cento della media 2018 per il settore del real estate; mentre è sceso al 17 per cento della media 2018 per i leveraged loan. La probabilità percepita che si giunga a una Brexit senza accordo è cresciuta dall’inizio dell’anno, scrivono gli autori del report: tuttavia, il sistema finanziario inglese è preparato per fronteggiare tutti i rischi connessi a Brexit, oltre a quelli relativi alla guerra commerciale internazionale e alle vulnerabilità legate al debito globale.

 

Nonostante queste rassicurazioni, la Banca d’Inghilterra mette in guardia dal rischio che gli investitori stranieri perdano appetito nei confronti delle attività finanziarie inglesi a causa di una Brexit non negoziata. Una preoccupazione giustificata dalla significativa dipendenza del Regno Unito dai capitali esteri: come si legge nel report, il deficit nel conto corrente è aumentato da 1,1 punti percentuali al 5,6 per cento nel primo trimestre del 2019. Deficit che è stato finanziato negli ultimi anni con l’afflusso di capitale proveniente da altre parti del mondo.

 

Volume delle transazioni degli investitori domestici (blu) e stranieri (viola) nel comparto del real estate – Banca d’Inghilterra

 

Intanto il processo di divorzio dall’Ue è già costato quasi 4 miliardi di sterline alle principali società di servizi finanziari, compresi imprese di assicurazioni e intermediari. A fare il calcolo è il rapporto del “Financial Services Brexit Tracker” di Ey. La somma include i costi per ricollocare il personale e finanziare varie attività operative (1,3 miliardi di sterline) e per la creazione di nuove sedi societarie fuori dal paese (2,6 miliardi di pound). Una cifra che potrebbe anche essere più alta, scrivono gli analisti. “Finora, solo una piccola parte della società monitorate hanno esplicitato i costi potenziali di questo processo. E quindi questi valori potrebbero essere solo una goccia nell’Oceano”, sottolinea Omar Ali, capo analista di Ey.

Un sostenitore della Brexit manifesta fuori il parlamento, Regno Unito – Jack Taylor/Getty Images

Dopo l’annuncio dell’estensione a ottobre dei termini per il completamento del processo di separazione dall’Ue, i preparativi delle aziende del comparto finanziario sono rallentati: il numero di potenziali lavoratori da ricollocare in altre sedi (pari a 7 mila unità) e quello degli attività finanziarie da trasferire fuori dai confini nazionali (per un valore di mille miliardi di sterline) sono rimasti costanti negli ultimi mesi. Molte società probabilmente stanno aspettando di vedere l’epilogo di Brexit prima di prendere la decisione finale. Ad ogni modo, le banche di investimento hanno già spostato mille posti di lavoro sul vecchio continente. Dublino rimane la città più interessante per queste operazioni, ma anche il Lussemburgo attrae le società finanziarie per un futuro post Brexit

Sorgente: La Brexit fa scappare i capitali esteri. E il divorzio dall’Ue è già costato 4 miliardi alle società finanziarie – Business Insider Italia

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