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Marta Marcelli, 32 anni,gestisce due strutture da 310 posti letto. Specializzata in traduzione, dopo l’Erasmus e un tirocinio ha capito che la Spagna era la sua destinazione. In Italia aveva un lavoro, ma un giorno, a un matrimonio, ha scoperto che in un ostello a Valencia c’erano possibilità. “La città è economica e vivace. Dai bimbi agli anziani si sta per strada fino a tardi”

di Ruggero Tantulli | 30 Luglio 2019

Voleva a tutti i costi trasferirsi a Valencia e alla fine ce l’ha fatta quando meno se l’aspettava: “Ci ho provato per sei anni, finché un giorno, invitata a un matrimonio, ho trovato un lavoro dove volevo”. È soddisfatta Marta Marcelli, che dal 2015 ha lasciato l’Italia per la terza città della Spagna, dove gestisce due ostelli da 310 posti letto. Veneziana del Lido, 32 anni, Marta ha in tasca una laurea in Mediazione linguistica, conseguita a Padova, e una specializzazione in Traduzione e interpretariato. “Studiavo lo spagnolo e cercavo il modo per praticarlo davvero”.

L’occasione si chiamava Erasmus, durante la triennale. Così è scoppiata la scintilla: Valencia. “L’ho scelta quasi per caso – racconta -. Volevo una città che non fosse Madrid o Barcellona, più a misura d’uomo”. Una scorsa alle foto delle mete disponibili e la decisione: “Mi è piaciuta subito, sembrava futuristica. La scelta migliore”. Dopo i dieci mesi di Erasmus, la seconda esperienza in terra iberica è stata per un tirocinio di sei mesi a Granada. “Allora si chiamava Leonardo – spiega Marta – ora Erasmus+: gestivo le pratiche degli studenti che volevano fare esperienze all’estero”.

Un lavoro in Italia in realtà l’aveva trovato, al termine degli studi, ma l’obiettivo era sempre lo stesso: tornare a Valencia. “Per sei anni ho lavorato a Venezia per un sito di prenotazioni online – spiega -. Ci occupavamo del mercato di lingua spagnola, quindi delle strutture ricettive di Spagna e America Latina”. E per lavoro ogni tanto tornava in Spagna, Valencia compresa: “Ogni volta che potevo chiedevo se si era liberato un posto ma in quegli anni la crisi era fortissima, ancora di più che in Italia: molti miei amici si sono trovati disoccupati”.

Poi, il colpo di fortuna, quando a Cap i Casal – come i valenciani chiamano comunemente la loro città – ci è tornata non per lavoro, ma per un matrimonio: “Quando mi hanno detto che si era liberato un posto in ostello sono tornata subito a Venezia per salutare famiglia e amici e ho fatto la valigia”. Pronti, via: l’inizio è stato alla reception. Ma, precisa, “in ostello si fa un po’di tutto”.

Nella città di Santiago Calatrava si è trovata alla perfezione. “Mi piace perché è vivace, sicura ed economica – spiega -. Pagare un affitto o uscire la sera non è proibitivo, anzi: dai bimbi agli anziani si sta per strada fino a tardi”. E la crisi sembra alle spalle: anche il New York Times ha promosso il capoluogo della Comunità valenciana ad “alternativa a Barcellona”.

“Il turismo qui è cresciuto molto, tanto è vero che i nostri ostelli non chiudono più d’inverno”, conferma Marta. Ora è capo ricevimento di due strutture ed è molto soddisfatta della sua scelta. “Faccio anche colloqui per la formazione del personale, in un ambiente giovane dove mi diverto”. E la sua vita è sempre più valenciana: “Ho imparato a cucinare la paella alla valenciana, quella con pollo e coniglio, mentre quella di pesce è più tipica a Barcellona”. Ogni tanto torna in Italia, ma quello che vede è “molta malinconia – conclude amara -. Mi spiace non vedere spesso i miei genitori e gli amici, ma in fondo sono solo a due ore di volo”.

Sorgente: “A Valencia gestisco due ostelli, mi diverto e la vita non è cara. In Italia c’è molta malinconia” – Il Fatto Quotidiano

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