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Un disoccupato 48enne, usando l’identità virtuale su Whatsapp, ha irretito, manipolato e soggiogato tre ragazzine che all’inizio avevano 11 anni. Una mamma è riuscita a salvare sua figlia, che sarebbe stata la quarta

di Gianni Santucci

La «cattivissima Giulia» dava ordini quotidiani, nei primi tempi era solo un’amichetta, col passare delle settimane è diventata una compagna macabra e malvagia, e imponeva alle tre bambine di andare a casa di quell’uomo, di fotografarsi e di riprendersi, davanti a lui e insieme a lui, di sottoporsi a riti di purificazione con latte o creme, di tornare quasi ogni giorno in quella casa, dove le aspettava sempre quel disoccupato, 48 anni, con qualche problema psichico, ma non tanto da destare sospetti di strane deviazioni sessuali. Il pedofilo arrestato qualche giorno fa dai carabinieri s’era sdoppiato: aveva creato un falso profilo WhatsApp, con un cellulare dedicato solo a quello, e con l’identità virtuale della «cattivissima Giulia» ha irretito, manipolato e soggiogato, tra 2015 e fine 2018, tre bambine che all’inizio avevano 11 anni. Nella realtà, durante gli incontri nella stanza chiusa del suo appartamento (dove viveva ed era mantenuto dagli anziani genitori), alle piccole diceva che anche lui ubbidiva a Giulia e che, pur se adulto, non faceva altro che eseguire gli ordini di quella bambina sadica.

Con pazienza prolungata e feroce ha potuto intrecciare una rete di plagio così invadente perché aveva creato quel mondo a parte e lo governava recitando costantemente le parti di due personaggi: su WhatsApp (come Giulia) distribuiva istruzioni, imponeva comportamenti, diceva che la «maga ha fatto la magia nera e non bisogna farla arrabbiare»; dal vivo, poi, rafforzava il potere di quel personaggio, simulando egli stesso sottomissione. Per tutto quel tempo nessuna delle tre bambine è riuscita a confidare o raccontare qualcosa: «Perché i bambini di quell’età, sotto la minaccia che i genitori o i fratelli vengano uccisi, possono mantenere segreti come nessun adulto sarebbe in grado di fare», spiega il magistrato Alessia Menegazzo, che ha seguito i cinque mesi di inchiesta dei carabinieri del comando provinciale di Lodi.

Questa storia nasce con una conoscenza occasionale, semplice vicinato, quell’uomo che non creava preoccupazioni e che è riuscito ad avere il cellulare della prima bambina. Quando ha ottenuto quel numero, ha creato «Giulia» e ha cercato il contatto con modi banali. Da lei è arrivato ai cellulari di due amiche. «Tutto è cominciato in un periodo di vacanze tra le elementari e la prima media — spiega il procuratore aggiunto Letizia Mannella, che a Milano coordina il gruppo di magistrati dedicato alle “fasce deboli” — dunque un momento in cui si allentano un po’ i controlli dei genitori. E invece bisogna avere sempre massima attenzione, perché nella scuola WhatsApp è uno strumento di uso comune per i compiti, per le gite, per le comunicazioni, ma proprio per questo è necessario verificare che tra i contatti dei bambini non ci siano profili sconosciuti, poco chiari, non riconducibili a compagni reali».

Il pedofilo è accusato di violenza sessuale, sostituzione di persona, corruzione di minorenni, detenzione e produzione di materiale pedo-pornografico. I carabinieri hanno sequestrato una mole enorme di fotografie e filmati: tutto ciò che le bambine inviavano a «Giulia», più le immagini che lui riprendeva con piccole telecamere nascoste nella sua stanza. Il prossimo passo dell’inchiesta sarà la ricerca di eventuali altre vittime. Una di quelle immagini, all’inizio di quest’anno, è arrivata sul profilo di un’altra bambina, che ne ha parlato con una professoressa. È stata lei a far partire la prima denuncia.

Nei tre anni delle violenze il padre di una delle bambine aveva intravisto qualche segnale strano, ma non ha capito, non ha realizzato. «Giulia» aveva raggiunto una quarta bambina, aveva già stretto amicizia e anche lei stava per andare nella casa: quel giorno però lo ha detto alla madre, e la donna s’è preoccupata e l’ha subito bloccata, l’ha salvata.

Una delle tre bambine, dopo molto tempo, ha iniziato ad avere e manifestare dubbi sull’identità di «Giulia». A quel punto la «ragazzina malvagia» si è suicidata: il suo posto l’ha preso la «sorella». Che era ancora più cattiva. Ha inviato immagini di sangue della sorella morta. Ha infierito sul senso di colpa delle tre piccole.

 

Sorgente: «Sono la cattivissima Giulia»: pedofilo si fingeva bambina, così ha adescato tre vittime a Milano

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