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Il ministro dell’Interno: in questa fase più che l’ambiente è importante difendere il lavoro. Il responsabile del Mise lamenta l’ennesima invasione di campo: non si fa coi tweet

PAOLO BARONI
ROMA

Anche l’ex Ilva, su cui da settembre pende un nuovo rischio chiusura, adesso fa litigare Di Maio e Salvini. Il ministro dell’Interno parla di prima mattina ai microfoni di Radioanch’io, quello dello Sviluppo ribatte diverse ore dopo dal salotto tv di Bruno Vespa. E tra i due vicepremier va in onda l’ennesimo cortocircuito. «Capisco e condivido le preoccupazioni ed ho chiesto al ministro Di Maio, che sta seguendo la faccenda, di avere ampia garanzia sul fatto che non si stia scherzando o mettendo a rischio 15 mila posti di lavoro tra Taranto, Genova e Novi Ligure. Perché la tutela dell’ambiente è fondamentale, ma in un momento come questo, dove il lavoro è una priorità bisogna fare il possibile per tutelarlo» ha spiegato Matteo Salvini. Che subito dopo ha twittato gli stessi concetti scatenando l’ira del collega di governo.

Una polemica lunga un giorno
Di Maio, di fronte all’ennesima invasione di campo, ovviamente non può restare zitto: «Il tema delle crisi aziendali è molto serio e si affronta con trattative molto serrate, in cui si mette in gioco sviluppo e tutela delle persone. Non si risolve con un tweet» . Poi il ministro dello Sviluppo fa partire il suo affondo: «Mi spiace che ieri sera ci sia stata una certa interferenza su una trattativa in corso. Se si dice che ha ragione ArcelorMittal si danneggia una trattativa». Passa qualche ora e Salvini, tentando di rimediare all’ennesimo strappo, frena un poco: «Sull’ex Ilva c’è un tavolo aperto tra ministero del Lavoro e azienda, non interferisco nel lavoro degli altri».

Dal Mise la prima risposta a questo nuovo polverone che allarma sindacati e imprese è stata la convocazione per lunedì 9 (e non il 4 come reso noto in precedenza) di un tavolo con sindacati, ArcelorMittal Italia ed i tre commissari straotdinari che hanno in carico altri 2-3000 dipendenti. Con Di Maio chein tv mette in chiaro di «non essere disponibile ad accettare ricatti» sostenendo che da questa vicenda «se ne uscirà col buon senso». Com’è noto, l’altro ieri parlando a Bruxelles, il numero uno di ArcelorMittal Europe, Geert Van Poelvoorde, aveva messo in chiaro che la cancellazione dell’immunità penale sui reati ambientali disposta col Decreto crescita in assenza di correttivi avrebbe indotto il gigante siderurgico franco-indiano a fermare Taranto (e Genova e Novi Ligure) dal 6 settembre.

Appelli alla responsabilità
Il giorno dopo questo annuncio choc, da parte di tutti i sindacati arriva un appello al «senso di responsabilità», rivolto sia all’azienda che al governo. Francesca Re David (Fiom) ha definito «a dir poco incauta» la gestione di questa vicenda da parte del governo e definito «inaccettabile» l’atteggiamento di ArcelorMittal», due fattori che uniti «stanno addensando una tempesta perfetta che rischia di travolgere non solo Taranto, Genova e Novi Ligure, ma anche di minare le prospettive dell’intero settore siderurgico». «Alla luce della convocazione del ministro Di Maio, adesso ci aspettiamo che ci sia lo stop alla procedura della cassa integrazione» ha dichiarato invece il segretario generale aggiunto della Fim Cisl Taranto Brindisi, Biagio Prisciano. Che al governo, nel caso in cui Arcelor Mittal dovesse decidere davvero di lasciare, chiede «come si tutelano tutti i lavoratori, compreso quelli dell’appalto, e che fine farebbe l’ambientalizzazione della fabbrica: mi viene da dire no ad una seconda Bagnoli». Da Taranto intanto rimbalzano con forze le preoccupazioni dei lavoratori: «Per favore evitate altri disastri sulla nostra pelle».

 

Sorgente: “A Taranto priorità ai 15 mila posti a rischio”. “La trattativa è in corso, non interferire” Salvini e Di Maio litigano anche sull’Ilva – La Stampa

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