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Centinaia di lenzuoli sui palazzi per dire no all’adunata. Da “Il mio lo vedi anche dal volo di Stato” a “Rimpatria i 49 milioni”

MILANO – Il pompiere di Brembate, spedito di corsa a rimuovere il lenzuolo appeso a un balcone per dire educatamente a Matteo Salvini “Non sei il benvenuto”, non immaginava che togliendo quel tappo si sarebbe svuotata la diga. Invece, da lunedì, l’impossibile succede. Fai levare un lenzuolo e vengono stesi centinaia di lenzuoli. Minacci di sequestrare un manifesto e compaiono centinaia di manifesti. Conferma della regola numero uno per un politico padano tentato dalla scorciatoia dell’autoritarismo preterintenzionale: non dare mai a Milano la possibilità di essere creativa e di fare il tagliando al suo Dna antifascista, mutuato dal 25 Aprile.

Salvini entra così oggi nella città in cui è nato e dove è politicamente esploso per imporle il raduno dei partiti sovranisti europei: invece di un’accoglienza leghista trionfale trova una gara di massa a chi gli è più ostile, a chi ci riesce nel modo più divertente. Bandito il vocabolario della violenza: solo all’università Statale uno striscione con minacce, subito sparito. In tutti i quartieri, sui palazzi borghesi e fuori dai poggioli popolari, i lenzuoli anti-Salvini esposti dalla gente comune. Nemmeno provarci, a chiamarla rivolta antagonista. Questi balconi sono molto di più. “È Milano – dice Daniela Pistillo, 46 anni, biologa, presidente del comitato Insieme senza muri – che si assume la responsabilità di dire no alle idee che consentono a uno come Salvini di diventare ministro degli Interni e vicepremier”.

A mobilitarsi non sono gli eroi anonimi del web. Sono migliaia di milanesi qualunque che vanno in cartoleria ad acquistare pennarelli, carta da pacco e vernice: o che tirano fuori dall’armadio il lenzuolo che preme di meno, lo tagliano a misura e lo appendono al balcone del tinello, o alla finestra della cucina, per lasciare agli atti che questa volta c’erano e non hanno avuto paura di farlo sapere, con nome e cognome incisi sul campanello di casa.

È un’esplosione di fantasia che qualcuno sta perfino pensando di conservare, spinto dai network Usa scatenati nei tour che dalla Milano della moda raccontano agli americani l’opposizione europea al potenziale leader dell’onda anti-Ue. Per capirlo, questi lenzuoli vanni letti. Al Pont de Ferr, zona Navigli, uno dice “Salvini va a lavurà”. In zona Piola si legge “Ridateci gli alpini tenetevi Salvini”. Fuori da San Siro, nel dialetto caro al Capitano, viene tradotta la Costituzione: “Tucc i òmen nassen liber e tucc istess”. A Porta Romana si avverte “Preferisco Roger Waters”, inguaiando pure il leader dei Pink Floyd. Ancora anni Settanta, era del Mago Wiz, il cartello che stabilisce “Il re è un babbeo”.

Una distesa di casalinghi certificati di libertà d’espressione, estesa tra Magenta e Baggio, da Rogoredo a Lambrate e catalogata sui social #salvinitoglianchequesto: sui lenzuoli anche “Sta a tua cà”, “Prima le persone”, “Milano accoglie”, “Senza confini mai con Salvini”, “Dissenso e libertà e io rimango qua”, “Apriamo i porti”, “Salvini non mi piace si può dire ancora”, “Bella ciao”, “Salvini odia, Milano ama”, “Milano respinge Salvini e i sovranisti”, “Sospendiamo Salvini”, “Rimpatria i 49 milioni e poi …”, “I nostri balconi sono più alti dei tuoi muri”, “Il mio lo vedi anche dal volo di Stato”.

Nessuno si aspettava che tanta gente, in tutto il Paese, avrebbe imbracciato lenzuolo e pennarello per testimoniare il proprio senso di umiliazione, di indignazione e perfino di paura, fino a sfruttare la facciata di casa come scudo di opposizione personale. “Le balconiadi sono cominciate – dice Luca Paladini, 49 anni, impiegato, portavoce dell’associazione I Sentinelli – con un post su Facebook. Mi è parso sconvolgente accettare senza reagire la soppressione del diritto al dissenso.

Abbiamo cominciato a riflettere anche sul dovere di smentire la narrazione secondo cui tutti stanno con Salvini. Prima uno, poi dieci, infine centinaia, sono comparsi i lenzuoli che fanno tremare il capo della sicurezza nazionale”. Tra le beffe, la “Grande caccia al tesoro dei balconi”: 49 numeri, quanti i milioni pubblici indebitamente incassati dalla Lega, affissi sugli edifici. Chi ne fotografa di più vince il pupazzetto di Zorro-Salvini. “Il leader leghista – dice Cinzia Ardito, che ha scritto “Salvini” con le lettere a testa in giù – è un incidente di percorso. Ma il brodo esplosivo con cui il salvinismo toglie la speranza al Paese, va contrastato mettendoci la faccia”. Impegno contagioso.

Lenzuoli e manifesti si moltiplicano anche all’estero. Nelle capitali Ue spuntano scritte come “Da Brembate a Berlino rimani solo un burino”, o “Vieni fino in Spagna per toglierlo?”, o “Me li mandi anche a Parigi i pompieri?”. Salvini, catapultato oggi solo in una piazza Duomo blindata dal popolo anti-Europa, non vedrà che Milano, anche fuori zona Ztl, gli sbatte in faccia i suoi lenzuoli della libertà. Però adesso sa che sono lì e che un anno fa non ci sarebbero stati.

Questo mutamento sostanziale nemmeno un pompiere può arrotolarlo e infilarselo sotto il braccio.

 

Sorgente: Striscioni e balconi: così la città si prepara a fermare l’onda nera | Rep


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