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La svolta dopo il crollo in Sardegna. Cambia anche la struttura: “Ma decideranno gli attivisti”

FEDERICO CAPURSO
ROMA

La rezione era una necessità. La débâcle in Sardegna, dopo quella in Abruzzo, ha solo accelerato i tempi. Così, nel giorno dell’analisi della sconfitta, Luigi Di Maio in conferenza stampa alla Camera lancia la sua nuova idea di partito. E con essa, le rivoluzioni che faranno cadere tre storici tabù del Movimento: il vincolo del doppio mandato, le alleanze, la struttura fluida e orizzontale.

È da solo, dietro a un palchetto con il microfono, il leader pentastellato. Da lì difende il Movimento da «chi ne profetizza il canto del cigno» ad ogni batosta elettorale, e da lì difende se stesso, da chi invece vorrebbe un suo passo indietro da capo politico, «una nomina che hanno deciso gli iscritti e di cui si riparlerà tra quattro anni, quando scadrà il mio mandato». Piuttosto, per Di Maio, si deve trovare una soluzione alle difficoltà di radicarsi nei territori. «Non avverrà tutto in un giorno», avverte, e il processo di evoluzione «non sarà calato dall’alto». Partirà invece da una discussione con gli iscritti su «Rousseau», il sito web del Movimento, e da varie votazioni online. La direzione che sceglieranno gli attivisti, scommettono già i parlamentari M5S, «sarà identica a quella indicata da Luigi». E la stessa riforma del partito verrà scandita da alcuni passaggi che elenca Di Maio: «Prima viene la riorganizzazione interna», poi si procederà a una «sperimentazione» delle alleanze con le liste civiche in occasione delle elezioni amministrative. Da ultimo, arriverà la decisione di non conteggiare il secondo mandato dei consiglieri comunali, «in modo che possano candidarsi anche al Consiglio regionale o in Parlamento». Il possibile grimaldello per aprire le porte a un terzo mandato a livello nazionale. E Di Maio, infatti, resta ambiguo: «Non sto pensando a un terzo mandato», dice. Senza smentire l’esistenza di questa ipotesi.

La struttura che desidera il leader avrà un livello nazionale, con una sorta di segreteria politica, e un livello regionale, con dei coordinatori che avranno il compito di organizzare il partito nei territori e di incontrare quelle fette della società civile, come quella dell’imprenditoria, con cui finora è mancato un vero dialogo. Gerarchia necessaria anche per fare da raccordo «con le istanze dei cittadini e permetterci di dargli una mano». Un addio, dunque, alla struttura liquida che aveva ideato Gianroberto Casaleggio, quella dell’orizzontalità e dell’«uno vale uno». L’apertura alle alleanze con le liste civiche, invece, sarà graduale e, per ora, limitata alle amministrative comunali e regionali.

Il cambiamento che vorrebbe il capo politico, però, non è condiviso appieno nel partito. C’è chi, nella corrente ortodossa, mette in guardia dallo «snaturamento» di quello che era il Movimento, indirizzato verso un rischioso «verticismo». Di Maio non fa nomi e cognomi, ma schernisce i suoi detrattori, dicendo che si tratta «dei soliti 2 o 3» che «ora parlano ogni giorno, ma restavano in silenzio quando si dovevano ricandidare». Tra di loro, le senatrici Paola Nugnes e Elena Fattori, che hanno annunciato il loro voto a favore del processo a Salvini e che per questo vanno incontro a una possibile sanzione. A frenare la cacciata, finora, sarebbero stati solo i numeri risicati della maggioranza in Senato. Anche perché, per i Cinque Stelle, il rischio è quello di doversi appoggiare al gruppo di Fratelli d’Italia, spostando così l’asse di governo ancora più a destra. Non il miglior modo per ripartire.

Sorgente: Sì ad alleanze e terzo mandato: Di Maio cancella i tabù del M5S – La Stampa

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