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La Banca d’Italia preconizza un secondo trimestre in territorio negativo e una crescita dello 0,6% nel 2019, di molto inferiore alle previsioni del governo. Per invertire la rotta? Investimenti ed export. Ma noi siamo fermi ai sussidi, ai prepensionamenti e alle frontiere da chiudere

Giù investimenti, consumi e fiducia nonostante il consenso stellare per il governo. Su le esportazioni, a salvare un po’ la crescita, nonostante l’aperto sostegno alle politiche protezioniste di Donald Trump, ma meno del previsto, a causa del rallentamento di quella Germania di cui combattevamo il surplus commerciale. Giù, ancora di più, l’occupazione e il prodotto interno lordo – sia per il 2018, sia per gli anni che verranno – nonostante le politiche “espansive” messe in campo dall’esecutivo nella sua legge di bilancio. E su il debito pubblico, che nel 2019 tornerà a crescere, dopo due anni stabili.

Sembra il mondo all’incontrario, il bollettino di gennaio dell’ufficio studi della Banca d’Italia, nel descrivere un presente e un futuro diametralmente opposti a quelli della retorica gialloverde, proiettati a un triennio di crescita sull’onda di una manovra a debito. E invece, sorpresa, le previsioni atterrano allo 0,6% per il 2019, 0,4 punti in meno rispetto a quelle del governo, un punto in meno rispetto a quanto diceva la versione originale della manovra del cambiamento. Sopratutto siamo al secondo trimestre in territorio negativo: nel gergo degli economisti, questa fattispecie risponde al nome di recessione tecnica.

È curioso che a non aver fiducia siano quegli stessi consumatori e imprenditori che hanno premiato nelle urne la Lega, i Cinque Stelle e le loro politiche. Gialloverdi nelle urne e oppositori in fabbrica o al supermercato? Mistero

Frenano gli investimenti, dice Banca d’Italia, e frena la spesa delle famiglie. Frena la fiducia delle imprese e quella dei consumatori. Frenano gli acquisti – poco al di sotto del valore che indica un espansione, ai minimi degli ultimi cinque anni, dice Bankitalia – e frena la produzione industriale. Ed è curioso che a non aver fiducia siano quegli stessi consumatori e imprenditori che hanno premiato nelle urne la Lega, i Cinque Stelle e le loro politiche. Gialloverdi nelle urne e oppositori in fabbrica o al supermercato? Mistero.

Così come rimane un mistero del resto l’amore di Salvini per i dazi: «Se gli italiani mi sceglieranno come presidente farò come Trump: pur di difendere i lavoratori e gli imprenditori italiani, sono pronto a mettere dei dazi a protezione del Made in Italy», aveva detto più o meno un anno fa intervistato da Giovanni Minoli su La7. Ecco, premier non lo è diventato, Salvini, ma forse qualcuno dovrebbe spiegargli che è grazie all’export – e quindi al mercato aperto e libero da dazi – che l’Italia cresce ancora un po’. Che questo – è sempre Bankitalia a dirlo – accade soprattutto all’interno dell’Europa brutta e cattiva, grazie a quel trattato di Schengen che sempre Salvini e i suoi amici di Visegrad vorrebbero abolire per non far passare i migranti. E che le nostre esportazioni potrebbero crescere ancora di più se la lo locomotiva tedesca non si fosse fermata. Motivo di esultanza per i sovranisti di casa nostra, sebbene fosse proprio il surplus tedesco extra-Ue il principale veicolo di crescita del nostro export.

Ma la cosa più buffa, di questo mondo all’incontrario, è che chi più spende meno cresce.Noi, ancora una volta, fanalino di coda europeo anche nel 2019, stando alle previsioni. Incapaci di comprendere che ciò che spinge la crescita non sono né il debito pubblico, né la spesa corrente, ma gli investimenti (al palo), la produttività (pure), la capacità di creare, far crescere e attrarre aziende competitive (quelle spinte via da Di Maio col decreto digniità) una pressione fiscale non vessatoria (aumentata), un diritto che non disincentivi l’attività economica (fine della prescrizione), una burocrazia che non blocchi ogni cosa (fattura elettronica). Questo non lo dice Bankitalia, nel suo bollettino, ma lo sanno tutti gli italiani. Peccato che nel Paese all’incontrario votino chiunque prometta altro.

Sorgente: Sveglia, Italia! Siamo in recessione e se non invertiamo la rotta andrà sempre peggio – Linkiesta.it

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